Inter, i rilevanti di Conte

Inter, i rilevanti di Conte© Inter via Getty Images
Ivan Zazzaroni
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Da irrilevanti a rilevanti. «I’m the best, io te l’ho detto, cazzo!»: questo l’urlo - rilevantissimo - con cui Big Rom Lukaku ha incorniciato il gol e chiuso il derby più contiano di sempre, una partita che è sembrata la fotocopia migliorata del 3 a 1 alla Lazio. Come due domeniche fa, anche ieri l’Inter è andata presto in vantaggio e in un paio di occasioni ha fallito il raddoppio; poi si è fatta giocare addosso, portando da sei a otto uomini, a seconda del momento e della necessità, a protezione dell’area, e ha quindi investito sui più efficaci ribaltamenti d’Italia, orchestrati da Barella, Hakimi, Lukaku e Lautaro.

Compattezza, densità nei propri sedici metri, decisione nei contrasti e rapidità nelle risposte: ritrovata l’espressione più alta del calcio di Conte, quello che gli permise di cambiare la storia della Juve. Il salto di qualità l’Inter l’ha compiuto a metà gennaio, perfezionando con l’addestramento la fase difensiva: non a caso nelle ultime sei uscite di campionato, dove in campo vanno le prime scelte, ha subìto un solo gol. Premiata, nel cuore del gioco, la decisione di puntare su Eriksen, mezzala atipica, e non su Vidal: ha aumentato la precisione nel palleggio e offerto in costruzione un’alternativa a Brozovic.

Il Milan ha dato piacevoli segnali di sé soltanto negli ultimi dieci minuti del primo tempo e fino al 2 a 0, mostrando tuttavia notevoli vuoti difensivi, accentuati dalle distrazioni individuali di Kjaer e Romagnoli: 4 sconfitte nelle ultime 8 partite, cinque dall’inizio dell’anno, sono numeri preoccupanti. Ibra, attesissimo, è finito nella rete di de Vrij e Skriniar, e quando è riuscito a sovrastarli ha esaltato Handanovic.

Figc, problemi di elezione

Oggi è l’Election - o Ri-election - Day del calcio italiano. I fatti e i numeri dicono Gravina, un singolare patto siglato due anni e mezzo fa direbbe Sibilia. Negli ultimi giorni è successo di tutto, tra disaccordi, trasformismi e scorrettezze sospette (telefonate da “Sputtanopoli”): le più classiche e intollerabili distorsioni da campagna elettorale tanto care alla malapolitica.

L’esito della votazione è importantissimo, vista la crisi che sta devastando il calcio italiano. Gravina ha lavorato bene, ma - anche per una questione di tempo - non è riuscito a completare l’opera; Sibilia non ha fatto ostruzionismo e nei momenti più difficili è stato più che collaborativo. Il presidente in carica ha vinto la battaglia della ripartenza di giugno, raggiunto un’intesa immediata e naturale con il numero 1 della Lega Dal Pino e sostenuto due figure di alto profilo, Giuseppe Chiné (procuratore federale) e Gerardo Mastrandrea (giudice sportivo dall’estate 2016): nei prossimi mesi sarà però necessario dotare magistrati e collaboratori di tutti gli strumenti utili.

Un calcio che avrebbe bisogno di un rinnovamento sostanziale non può ridursi a un vincitore e un vinto: l’ideale sarebbe che Gravina portasse a termine il suo ciclo con il sostegno di un dirigente esperto e sensibile quale è Sibilia, che da mesi, tuttavia, si sente preso in giro: ma ora, più che gli interessi e le ambizioni personali, contano le urgenze del sistema. La riformulazione dei campionati e il potenziamento degli organi di giustizia sportiva sono gli obiettivi non ancora realizzati. Con un’attenzione particolare a quel pianeta parallelo che è già cambiato: il mondo arbitrale. Forse sottovalutato, negli ultimi anni, per una sua presunta capacità di autogovernarsi. L’avanzata impietosa della tecnologia deve essere compensata da pari dignità del settore. Degli uomini. Nelle difficoltà il primo valore sul quale investire è la concordia. O solidarietà. Come vi pare. Il vaccino contro i cialtroni è sempre in agguato.

Sempre oggi il Governo Draghi dovrebbe assegnare la delega allo sport. Troppe le candidature strumentali e le (auto)candidature di impresentabili: non ho intenzione di partecipare al gioco delle preferenze, mi riterrei soddisfatto se l’incarico finisse nelle mani di Simone Valente o di Andrea Martella.


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