Capello: "Ibrahimovic a Sanremo? Io gli avrei detto no"

Dalle squadre italiane in Europa fino alla nuova Juve di Pirlo, scopri l'intervista con l'ex allenatore e commentatore tv
Capello: "Ibrahimovic a Sanremo? Io gli avrei detto no"
Andrea Santoni
5 min

Fabio Capello, sono tornate le coppe europee, la grande ribalta del calcio continentale. Qual è il suo primo bilancio riferito alle italiane in campo?

“Bilanci ancora non se ne possono fare. Ma la prima sensazione, per quanto si è visto, a livello generale, non è stata positiva”.

In questo suo giudizio pesano più i risultati complessivamente deludenti o il modo in cui questi sono arrivati?

“Si sono giocati, in un certo senso, solo i primi tempi di questo turno di qualificazione. I risultati sono ancora da definire. Dunque il discorso riguarda soprattutto il modo in cui si sono svolte queste prime partite internazionali. E, lo ripeto, ci sono cose che mi fanno pensare”.

È esattamente l’espressione da lei usata dopo Lazio-Bayern 1-4, la più netta tra le sconfitte delle nostre squadre.

“Ma lasciamo stare la singola partita. Proviamo a fare un ragionamento generale. E allora dico che il nostro calcio non riesce a superare il proprio limite, che è quello della supremazia della tattica, peggio, del tatticismo su ogni altro aspetto che contribuisce a vincere a livello internazionale”.

Ecco il punto centrale. Quali sono, secondo lei, questi aspetti?

“L’attenzione, la forza, l’energia, l’intensità e la qualità dei giocatori. Sottolineo: la qualità dei giocatori. Senza queste componenti non ci sono schemi che tengano”.

È un fatto certificato però che i top player da noi non arrivano più.

“E il riflesso negativo è duplice. Non solo hai una rosa meno competitiva. Ma anche i giocatori a disposizione, soprattutto giovani, di sicuro non migliorano. Se vuoi crescere devi misurarti con i più forti. Vale nel tennis, vale nel calcio. Se vuoi alzare il livello devi riuscire ad arricchire la squadra. Quando questo è accaduto, fino a una decina di anni fa, era molto più facile essere protagonisti. Almeno con i club. Perché il calcio delle nazionali è un calcio diverso. Attenzione: non dico che non si debba studiare, approfondire. Però l’asse su cui muoversi per primeggiare a livello europeo è dato da quegli elementi che ho ricordato”.

Messa così è qualcosa di più severo del suo celebre giudizio sul nostro campionato ‘non allenante’ rispetto ai più importanti tornei d’Europa.

“Diciamo che non è performante, va bene? Guardi, voglio prenderla larga. Atalanta-Real Madrid, falli commessi 20. Atalanta-Napoli, falli commessi 30. Per non dire di Cagliari-Torino: 39! Questo per significare che diventa difficile dare continuità, fluidità all’azione se si è sempre fermi. Come impari a soffrire la pressione, ad avere ritmo? Eppoi ci sono altre degenerazioni tattiche, frutto di un certo Guardiolismo...”.

[...]

A proposito di lavoro, a che punto secondo lei è quello di Pirlo nella Juventus? L’Europa ci ha riconsegnato un gruppo sconfitto, non certo da un avversario di primo livello. E stiamo parlando della squadra di punta del calcio italiano degli ultimi 10 anni

“Davvero il giudizio in questo senso lo darà la partita di ritorno con il Porto. Sarà una sorta di gara verità per capire quello che sta succedendo a Torino. Pirlo era partito con qualche difficoltà comprensibile e prevedibile. Poi ha dimostrato di essere in ripresa. Per questo dico che andare avanti o meno in Europa darà la misura di quanto stia producendo la sua gestione”.

Intanto il Milan, brillante protagonista nel 2020 e a lungo capolista, è in difficoltà, non solo in Europa. Eppure Ibrahimovic sarà ospite di Sanremo. Lei come si sarebbe comportato?

“Gli avrei detto semplicemente: no. Ma qui ci sono contratti firmati in tempi diversi...”.

Tutti gli approfondimenti sull’edizione del Corriere dello Sport – Stadio


© RIPRODUZIONE RISERVATA