Weah e il calcio: il Milan, Ibrahimovic, Lukaku e la lotta al razzismo

Intervista a Calciomercato.com dell'ex attaccante rossonero, ora Presidente della Liberia: ecco cosa ha detto
Weah e il calcio: il Milan, Ibrahimovic, Lukaku e la lotta al razzismo© EPA
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ROMA - "Sì, il calcio mi piace. È stata la mia vita e grazie a Bein Sports che trasmette anche in Liberia posso vedere dal satellite tutte le partite importanti. Questa settimana ho visto la Champions League e sono rimasto impressionato da Real Madrid-Chelsea, uno spettacolo molto emozionante. Peccato per il Chelsea, meritava di più…". Inizia così l'intervista di calciomercato.com a George Weah, ex attaccante del Milan e ora Presidente della sua Liberia. Nell'avventura rossonera è stato anche Re, King George, con la conquista del pallone d'oro nel 1995, e il Milan gli è rimasto nel cuore: "So che sta facendo un'ottima stagione e che può vincere lo scudetto, me lo auguro. Però non sono in grado di dare giudizi. So che è una squadra giovane, ho sentito qualche volta Maldini, ci scambiamo spesso dei messaggi. E' contento, ottimista, mi ha parlato di alcuni giocatori come Leao e Theo Hernandez, ma non li conosco così bene per esprimere giudizi personali. Paolo è un milanista dentro, uno che può fare solo il bene del club. E capisce molto di calcio".

Weah su Ibra: "E' una leggenda"

"Ibra è una leggenda, ha passione, se l’allenatore gli dà fiducia fa bene a continuare. Del resto io ho giocato con Pietro Vierchowod, che è stato in campo oltre i 40 anni e anche Paolo è arrivato a quell’età. E' possibile, se ci sono l’entusiasmo e la salute. E vogliamo parlare di Buffon, lui gioca ancora, no? Quanti anni ha? Lui potrebbe arrivare a 50!". La pensa così Weah sull'uomo simbolo dell'attuale Milan, nonostante i frequenti infortuni: "Quello deve saperlo lui, anch’io avrei voluto continuare, ma a 36 anni non ce la facevo più, troppi malanni, arriva a un certo punto che non puoi più allenarti, quando invece dovresti allenarti di più dei giovani. E così mi sono fermato".

Weah, Lukaku e la piaga del razzismo

Altro attaccante interessante, e anche paragonato a Weah, è Lukaku. Il Presdiente liberiano la pensa così: "Lukaku è un giocatore molto forte, mi piace molto. Al Chelsea non è andato bene perché ha trovato un altro tipo di calcio, non adatto alle sue caratteristiche. Hanno sbagliato ad acquistarlo, se non pensavano di farlo giocare sfruttando la sua velocità e la sua forza, che sono impressionanti". Resta ancora da combattere nel calcio la piaga del razzismo, altro tema centrale per Weah: "Purtroppo il razzismo è ancora negli stadi, perché è ancora nella vostra società. L’africano, il nero, il diverso è visto in Europa ancora con diffidenza da troppa gente e i politici spesso coltivano questa diffidenza". La mente torna allo spiacevole episodio di Porto-Milan del novembre 1996: "Un avversario cattivo e ignorante che per tutta la partita mi ha insultato facendomi il verso della scimmia. Lo vedevano i miei e i suoi compagni, penso anche l’arbitro, che però non fece nulla. Alla fine, nel tunnel degli spogliatoi, gli diedi una testata. Sbagliai, lo so. Ma in quel momento volevo che dal giorno dopo, ogni volta che si guardava allo specchio si ricordasse di me".

Weah e il figlio Timothy: "Sarei contento se giocasse nel Milan"

In chiusura un pensiero per suo figlio Timothy, 22enne attaccante del Lille che potrebbe giocare la prossima Coppa del Mondo con gli Stati Uniti: "Prego perché ciò accada, sarebbe fantastico. Timothy è forte, non posso dire quanto, perché in questi anni è stato un po’ condizionato dagli infortuni, non si è ancora espresso al massimo del suo potenziale. Io e la mamma e i suoi fratelli siamo felici per la sua carriera e orgogliosi che possa giocare un Mondiale. Io ci sono solo andato vicino, nel 2002, ma abbiamo perso all’ultima partita di qualificazione. Futuro nel Milan? Non lo so, non voglio dire nulla di ciò. Certo che sarei molto contento se accadesse". Ora per Weah il tempo di tornare alla politica e alle prossime elezioni, alla fine del suo mandato, nel 2023: "La mia gente mi vuole bene, continua ad amarmi e a credere in me, perché vede che i risultati della mia presidenza stanno arrivando. In questi tre anni, nonostante la pandemia da coronavirus la nostra economia è cresciuta, la disoccupazione è calata, abbiamo costruito infrastrutture e consolidato la pace, che è la base su cui costruire il progresso di un popolo. Vinceremo di nuovo le prossime elezioni".


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