Il calcio e il linguaggio al femminile

.
Il calcio e il linguaggio al femminile© Getty Images
Roberto Beccantini
5 min
Il presidente, la presidente o la presidentessa. La Premier del calcio inglese e la Premier di Palazzo Chigi. La nomina di Giorgia Meloni a primo ministro (o prima ministra?) riporta d’attualità il caso, annoso e spinoso, del linguaggio “al” femminile. Risale all’Ottocento un’espressione che, attraverso i secoli, abbiamo innalzato a slogan popolare e populista contro il potere vigente: «Piove, governo ladro!». Con il rispetto dovuto alla storia delle istituzioni, e a quell’istituzione che è la storia, oggi potremo finalmente passare a «Piove, governo ladra»! Una conquista, non una caricatura. 

Roma femminile, che esordio in Champions: 1-0 allo Slavia, decide Giacinti

Sul Var - alla lettera: Video assistant referee - ci siamo scannati. Maschile o femminile? L’Accademia della Crusca ha scelto il maschile. Quote rosa, quote azzurre: ognuno si regola come crede. Il mio Piave, nel rispetto e non per dispetto, resta «il» portiere: «la» portiera ha il suono metallico delle macchine, l’aria, carbonara, della pubblicità occulta. Magari sono deliri o eccessi puritani. Terzina e mediana sgorgano dirette e frizzanti, portiera no. Non è machismo né dispotismo: più terra terra, anche l’orecchio vuole la sua parte (oltre che tutelare la sua porta). Il genere sarà pure «mobile», e maestro/maestra è la prova provata che noi «anti a gettone» abbiamo torto marcio, ma c’è un limite persino allo slang sovrano, alle piroette che spingono il forbito verso il gergale, con il pericolo di scontentare, in materia di tradizione, sia i fedeli sia gli adulteri.  
Dai Mondiali 2019 in Francia, dove le nostre furono sconfitte nei quarti dalle olandesi, agli Europei 2022 in Inghilterra, dove, viceversa, vennero eliminate già nella fase a gironi, si è ondeggiato di continuo tra capitano e capitana, tanto per rendere il senso della confusione. Difensore ha una sua dignità ambigua, mentre difensora/difenditrice giustificano l’oblio ribelle. La soluzione del problema - che non esiste, vista la volatilità delle parole - è lasciarlo irrisolto, in balia dei gusti, delle mode (ops), dei radi paletti che dovrebbero fissarne o armonizzarne la pratica. E allora? Vi giro appunti antichi ma, spero, non antiquati: «Le convenzioni si affiancano alle convinzioni e spesso le frustano, le indirizzano. Tocca al gentil sesso - senza secondi fini - indicare il glossario che preferisce. Si torni per un attimo alla ct, Milena Bertolini: mister o miss? In attesa di arrampicarsi in cima all’Everest del nuovo ordine, con il rischio - se non si è chiari ed evidenti - di fare una figura meschina, non si può eludere la madre di tutte le domande: fallo da ultimo uomo o da ultima donna? La risposta sarà anche una liberazione». Se proprio ci si vuole schierare, meglio dribblare il concetto di “discriminazione”. Uffa. Fra donna arbitro o arbitro donna, tra arbitro, arbitra o arbitressa, l’ideale sarebbe non prendersi troppo sul serio. Il calcio totale di Johan Cruijff sdoganò un termine che ha fatto carriera: eclettico. Il giocatore metà e metà. Esauriti i sinonimi, compreso lo scolastico versatile, rimarrebbe «trans». Lo usai una volta, non se ne accorse nessuno. O nessuna mi lesse. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA