La dottoressa Bonifazi: “Mihajlovic lottava per tutti i malati”

La dottoressa Bonifazi del Sant’Orsola racconta la lunga battaglia di Mihajlovic
La dottoressa Bonifazi: “Mihajlovic lottava per tutti i malati”© LAPRESSE
Giorgio Burreddu
5 min

BOLOGNA - Non è vero che era un uomo senza paura. «Sinisa era un uomo che ha avuto coraggio. È diverso. Avere paura è normale». Nessuno può abituarsi al dolore. Nemmeno chi, giorno dopo giorno, lavora (o lotta, chissà) per affrontare e sconfiggere le malattie. Come la dottoressa Francesca Bonifazi, direttrice del Programma trapianto e del Programma dipartimentale terapie cellulari avanzate all’interno dell’Ematologia diretta dal professor Michele Cavo all’ospedale Sant’Orsola. La dottoressa Bonifazi ha seguito l’ex allenatore del Bologna dal secondo ciclo di chemioterapia e dal trapianto di midollo osseo. Oggi sarà a Roma per un ultimo saluto. «Sua moglie gli è stata vicina dal primo all’ultimo momento, sempre. Arianna è stata la donna che gli ha dato coraggio e che ha gestito la famiglia in una fase molto difficile. Una famiglia straordinaria, i Mihajlovic sono straordinari».  

Sinisa aveva una forza non comune.

«Aveva tutto: il fisico, il carattere. Qualcuno diceva che siamo fatti di sostanza, anima e corpo. È certamente uno che ha affrontato le cose con il coraggio». 
 
Il calcio lo ha aiutato o lo stress a un certo punto era troppo?

«Il calcio era la sua vita. Come sempre, e se ami una cosa a quel punto è normale che ti prenda molto. L’altro suo ossigeno era la famiglia».  

A lei cosa resterà?

«Noi di calcio non parlavamo mai. Quello che ricordo di lui, quello che mi resterà sono le discussioni: parlavamo di tutto, della famiglia, della vita, della guerra, dei figli. Io nemmeno lo sapevo che era l’allenatore del Bologna. E poi era molto attento alla comunicazione. Mi diceva: “Guardami negli occhi. Io osservo: il linguaggio del corpo e il contenuto di quello che dici”. Il ricordo che ha lasciato in tutti noi è molto bello. Una persona straordinaria». 

E alla fine l’ha convinta a comprare la televisione?

«Quando ci siamo conosciuti erano già otto anni che non avevo la tv. Sinisa diceva che era impossibile, che non potevo stare senza. Alla fine l’ho comprata, sì. Non proprio quella che diceva lui».  
 
Il peggioramento se lo aspettava?

«Il trapianto di midollo osseo è la terapia più efficace per eradicare la leucemia mieloide acuta. E, al momento, garantisce una minor possibilità di recidiva. In questo caso, purtroppo, la malattia è tornata, è stata molto aggressiva e refrattaria alle cure».  
 
Però Mihajlovic si era ripreso anche per la seconda volta.

«Si era rialzato. Non più di una settimana fa faceva chilometri a piedi. Ma non bisogna generalizzare, il trapianto resta ancora la migliore delle terapie. Noi medici crediamo che l’unica maniera per alleviare il dolore che proviamo nel veder morire i nostri pazienti è di scommettere nella ricerca». 

Servono più investimenti, più fondi per la ricerca.
«Anche voi giornalisti avete un ruolo. Il sistema Italia non ci deve mollare, nel nostro Paese abbiamo tante eccellenze. Noi oggi dobbiamo dare speranza. Sinisa è stato un esempio per tanti malati, in tantissimi lo hanno voluto conoscere. Lottava un po’ per tutti». 


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