Walter Zenga: "Lo scudetto lo merita il Napoli"

In un periodo particolarmente triste le riflessioni di un protagonista degli ultimi 40 anni di calcio: l'addio a Mihajlovic e Sconcerti, la preoccupazione per Vialli e Tacconi, ma anche quel che resta di Qatar 2022 e quanto peserà il Mondiale sulla ripartenza del campionato. Una certezza lui ce l'ha
Walter Zenga: "Lo scudetto lo merita il Napoli"© Getty Images
Ivan Zazzaroni
7 min

Walter è un misto di ironia, strafottenza, narcisismo, sensibilità, leggerezza e vulnerabilità. È un uomo autentico, veloce di pensiero e, all’occorrenza, profondo e anche autocritico. Con lui si riesce a parlare non solo di calcio tenendo sempre alto il punto. Nei drammatici ultimi giorni di Sinisa Mihajlovic chiamava in continuazione e ieri, da Dubai («passerò il Natale con i ragazzi»), mi ha chiesto di Mario (Sconcerti, nda) e di come se ne sia andato «improvvisamente, ingiustamente». Da domenica la preoccupazione, l’ansia si è spostata su Luca Vialli, un altro pezzo di vita. Sua, nostra. «Piangere da solo è la cosa che mi riesce meglio ultimamente» mi dice subito. «Ho versato tante lacrime per Sinisa e continuo a pensare a Luca, a Stefano (Tacconi, nda) che non è ancora uscito dall’ospedale. Più passano gli anni e più aumentano le occasioni di sofferenza. Sarà anche naturale, è vita, ma quando ti ci ritrovi dentro è sempre oltre. Certi dolori ti portano a riflettere sull’atteggiamento da tenere nei confronti delle cose, a dividere le situazioni e le incazzature in evitabili e inevitabili. Poi succede che la quotidianità ti travolge e torni a ripetere gli errori e a prendertela anche per le stupidaggini... Io la prima brutta botta l’ho ricevuta nel 2005, quando morì mio padre. Riuscii a vederlo soltanto all’ultimo perché in quei giorni allenavo la Steaua Bucarest e ero impegnato a Bilbao il mercoledì e in campionato il sabato. Partii la domenica mattina e ebbi la possibilità di trascorrere soltanto poche ore con lui... (prende una lunga pausa). Certo, quando però penso a Luca…».

Quando pensi a Luca...
«Vengo travolto dai ricordi. (Un sorriso accompagna il racconto). Prima trasferta negli Stati Uniti con Sacchi. Allenamento finito, gli spogliatoi americani hanno, o avevano, le docce a ombrello. Siamo sotto io, Luca e Arrigo. A un certo punto Luca si gira verso di lui e fa: “Arrigo, mi passi lo shampoo?”. Io sono stato fatto fuori subito, Luca qualche tempo dopo». (Adesso ride di gusto e prosegue). «Quando eravamo insieme nell’Under 21 di Vicini Luca stava con Giovanna, la prima fidanzata. Le firmava le giustificazioni per farla uscire dalla scuola… Quanto tempo…».

Quanto tempo cosa?
«… sprecato, quante energie bruciate inutilmente. Nel momento del dolore uno si ripromette di cambiare, di guardare alla vita in modo diverso e poi… E poi capita che gli girino vedendo Salt Bae con in mano la coppa. Ti dico una roba: non mi hanno permesso di assistere alla finale del Mondiale spiegando che lo stadio era esaurito e così m’è toccato di trovare quel tale in campo…».

Walter, cosa ci resta del Mondiale?
«La consapevolezza che c’entri poco col calcio quotidiano. Questione di strategie adottate in un torneo breve nel quale si va avanti attraverso le partite secche. Le statistiche le avete pubblicate: il possesso palla è risultato perdente e s’è parlato di funerale del tikitaka. Quasi tutte hanno premiato chi lasciava il pallone all’avversario puntando sulla solidità difensiva e sui supplementari e i rigori. Lo stesso Marocco che contro la Spagna aveva subìto un 77 a 23, ed era passato, contro la Francia è uscito giocando di più. Delle ultime undici partite mondiali la Spagna ne ha vinte solo tre, qualcosa dovrà pur significare. Mi sorprendo quando qualcuno pretende novità tattiche da un Mondiale o un Europeo. Anche l’Italia del Mancio ha fatto l’impresa con i supplementari e i rigori… Del Qatar mi restano le cose belle, le polemiche le lascio agli altri».

E quali sarebbero quelle belle?
«Tutti gli stadi erano vicinissimi e le nazionali non sono state obbligate a trasferte di peso diverso. I semplici appassionati hanno avuto la possibilità di vedere anche due, tre partite nella stessa giornata».

Ti accontenti di poco.
«Aggiungo il clima. Ideale».

Non mi hai convinto. L’elenco delle cose intollerabili era infinito.
«Vuoi sapere perché ha vinto l’Argentina?».

Cambi discorso?
«Non mi sottraggo, ma a Mondiale concluso le polemiche perdono di valore. Vuoi sapere perché ha vinto?».

Perché aveva Messi.
«E un tecnico che gli ha cucito addosso la squadra dopo la prima uscita. Via Gomez, Paredes e Di Maria, dentro Mac Allister, Enzo Fernandez e Julian Alvarez. Messi ha 35 anni e non si può pretendere che corra per novanta minuti come Enzo e De Paul. Santos questo non l’ha capito, il primo che ha sacrificato è stato Ronaldo con tutto il carico di motivazioni che si portava appresso. La Francia ha investito su Mbappé, lo stesso Griezmann s’è messo al servizio del compagno. L’infortunio di Neymar e tanta sfortuna hanno penalizzato il Brasile... Ronaldo 37 anni, Messi e Modric 35, gente che i giovani dovrebbero studiare: il loro è stato un percorso straordinario. L’altro giorno ho pubblicato un reel nel quale Messi era criticatissimo dagli argentini. Per questo ti dico che ha avuto una grande forza, dalla Coppa America l’ho visto cresciuto tantissimo nella leadership non solo di soluzioni, un vero leader globale».

Oggi è ancora più vicino a Diego.
«Diego vinse da solo nell’86, perse la finale del ’90 e non gli permisero di andare avanti quattro anni dopo. In America sarebbe certamente arrivato fino in fondo».

Restiamo in qualche modo a Napoli. Chi avvertirà maggiormente gli effetti della lunga sosta?
«Ascolta: Luciano a inizio novembre disse che la sosta era una mano santa perché la squadra era mentalmente stanca. E chi stava andando male benedisse lo stop poiché interrompeva la serie nera. Sono curioso di verificare chi tra i due avesse ragione. Il Napoli comunque merita questo scudetto per quello che ha mostrato nei primi tre mesi. Si riparte da Inter-Napoli, ma Lukaku non gioca da agosto, al Mondiale solo scampoli, e Lautaro è ancora sul pullman. Come Dybala, Paredes, Di Maria. Sento ripetere che il Napoli può essere ripreso perché è atteso a due sfide-chiave. Vero, ma se le vince? Cosa succede se batte Inter e Juve?».

Da chi ripartiamo?
«Dal georgiano su tutti. Ma anche da Vicario, Carnesecchi e Scalvini. Davanti, invece, un pianto. Mi affascina la sfida degli opposti romani, Mourinho e Sarri. Hanno entrambi la cultura del lavoro, quella maniacalità che è valore, Mou è strepitoso anche nei rapporti. Con Maurizio ho fumato le più belle sigarette degli ultimi anni. Crotone-Napoli, a fine partita ci mettemmo in un angolino a fumare e parlare. Lui è davvero un unicum, la sua modernità risiede nell’attaccamento ai princìpi fondanti del calcio».


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