Addio Tavecchio, l’uomo delle riforme

Innovatore, aprì al Var diede forte impulso a dilettanti e donne. Dopo il flop mondiale di Italia-Svezia si dimise
Addio Tavecchio, l’uomo delle riforme© ANSA
Giorgio Marota
5 min

ROMA - Dal calcio dell’oratorio a quello del Var, dagli scivoloni dialettici alle intuizioni politiche. Carlo Tavecchio, il più controverso e al tempo stesso nazionalpopolare presidente della Figc, è scomparso ieri mattina all’ospedale di Erba all’età di 79 anni, a causa di improvvise complicazioni polmonari, lasciando in eredità una storia dirigenziale fatta di idee e vittorie, ma anche di fango e polvere; impregnata sempre in quel "dilettantismo" che ha protetto fino alla fine come il più sano dei valori sportivi. La base è stata la sua altezza.

Parabola

È sembrata una parabola la sua, per alcuni con coda discendente. Perché dopo essere stato presidente federale è ripartito dal CR Lombardia della Lega Dilettanti, dove la scalata era cominciata nel 1996. Eppure, tra i giovani e le «categorie della passione», come le chiamava lui, si è sempre sentito a proprio agio. E a chi gli chiedeva se sarebbe mai tornato in auge dopo il flop Mondiale del 2017 (di cui si assunse la responsabilità politica), rispondeva: «Stiamo alla finestra». Tavecchio osservava e poi agiva. A volte di impulso, e facendo affidamento al "politicamente scorretto" tipico della saggezza popolare, ma senza mai perdere la visione dell’innovatore.

Scalata

Diplomato in ragioneria, dopo aver lavorato in banca divenne sindaco di Ponte Lambro (dal 1976 al 1995). Democristiano della prima ora, rivendicava di aver compiuto in Brianza il primo "compromesso storico" col Partito Comunista. Il piccolo-grande capolavoro di Tavecchio si chiama però ASD Pontelambrese. È stato lui a fondarla, nel 1974, rendendola un modello gestionale al punto da diventare prima consigliere e poi presidente (nel 1996) della LND Lombardia. Nel 1999 fu eletto alla guida della Lega Nazionale Dilettanti. Rimase in sella fino al 2014, scendendo al momento giusto. Dopo le dimissioni di Abete post Mondiale brasiliano, e a 40 anni dalla fondazione della Pontelambrese, Tavecchio si sentì pronto per il grande salto e fu scelto come n.1 della Federcalcio, battendo nella competizione elettorale Demetrio Albertini. «Con le parole non sono mai stato a mio agio, ma farò le riforme» le sue prime parole da presidente. Aveva da poco pronunciato la gaffe su «Opti Pobà che mangiava le banane», mentre successivamente gli furono imputate delle dichiarazioni piuttosto scomode su ebrei e omosessuali, ma anche sul calcio femminile (che lanciò verso il professionismo, oggi realtà grazie alle scelte del successore Gabriele Gravina, coinvolgendo i club maschili), etichettate come false dal diretto interessato. A marzo 2017 la conferma in via Allegri, stavolta contro Abodi, oggi Ministro per lo Sport. Durante la sua presidenza ha potuto contare su un alleato di ferro come Claudio Lotito. «Tante le battaglie insieme» ha ricordato ieri il patron laziale.

Visione

A Tavecchio dobbiamo le sanzioni verso i tesserati che compiono atti di violenza sugli arbitri, i progetti per i diversamente abili (Quarta Categoria) e i minori stranieri non accompagnati (Rete!), le rose di 25 calciatori (di cui 4 cresciuti nel vivaio del club e 4 nei vivai nazionali), l’inasprimento delle sanzioni per l’illecito sportivo, ma anche il potenziamento dei centri federali e del Club Italia e l’introduzione di norme per la sostenibilità economico-finanziaria. Voleva la Serie A a 18 squadre. «Sarebbe perfetta» disse, per poi fare marcia indietro una volta appurata la resistenza dei club. Finì per ritenerla «un’utopia». In ambito internazionale fu decisivo sia per l’elezione di Ceferin (Uefa) sia di Infantino (Fifa), mentre in Nazionale è stato l’artefice del clamoroso e inaspettato "sì" di Antonio Conte. Con i calciatori azzurri legava particolarmente per il suo essere "alla mano": celebri, ancora oggi, le partite con Florenzi, Insigne e Giaccherini a "boccette", una specialità del biliardo all’italiana, durante Euro 2016. Nelle doppie vesti di presidente Figc e commissario della Serie A spinse, tra l’altro, per l'introduzione del Var, così come due stagioni prima si era dimostrato un convinto sostenitore della goal line technology. Anticipava i tempi, intuendo le potenzialità della tecnologia. Ma rassegnò le dimissioni dopo Italia-Svezia del 2017, che definì «un’apocalisse». La Figc ha disposto un minuto di silenzio prima di tutte le gare, mentre i funerali si svolgeranno domani alle 15 presso la Chiesa parrocchiale di Ponte Lambro. «Caro presidente, hai corso per tutta la tua vita a massima velocità: ora riposa in pace» il pensiero dei collaboratori della LND Lombardia, che Tavecchio era tornato a guidare il 9 gennaio 2021.


© RIPRODUZIONE RISERVATA