MILANO - No n è calcio. O, meglio, non dovrebbe. Le agenzie ieri mattina, poco prima delle otto, battono la notizia del blitz di Polizia di Stato e Guardia di Finanza che ha azzerato i vertici delle curve di Inter e Milan. Corrono le ore con aggiornamenti continui. In ordine sparso stralci di intercettazioni diffuse in cui i nomi di Simone Inzaghi, Calabria, Skriniar entrano nelle conversazioni degli ultrà. Rispetto al tutto, sembrerebbe un fatto collaterale. La storia è pesante, un romanzo criminale in salsa meneghina dove si va dalla ’ndrangheta (organizzazione centrale nella storia) alle connessioni inquietanti curve-criminalità. La regia della maxioperazione è della Procura distrettuale Antimafia con l’ombrello della Procura Nazionale. Pietra miliare da cui partire è che il procuratore Viola chiarisce come non sono indagati i club, né alcun loro dirigente o tesserato. E qui ci concediamo una nota di colore dentro questa pagina buia: il dottor Viola è un tifoso dell’Inter dichiarato. Ci sono sue virgolette datate sul tema che ieri rimbalzavano ovunque insieme alle immagini del cellulare del procuratore in conferenza con il logo del club nerazzurro. Nessun indagato tra club e tesserati, ma agli atti dell’inchiesta ci sono conversazioni su cui far luce. Nel mirino anche la storia dell’ingente quota di biglietti della finale Champions dell’Inter chiesti dagli ultrà: una vicenda rispetto alla quale anche l’Uefa guarderà con attenzione, al momento assolutamente nel ruolo di astante.
Derive ed effetti
Dell’inchiesta nel dettaglio leggerete nel pezzo a piede in questa pagina: estorsione e vendita di biglietti, pizzo sui parcheggi intorno al Meazza, cartelli comuni delle due frange ultrà sulle vendita di bibite e gadget, sullo sfondo risse e personaggi riconducibili a omicidi del passato. Tra tutto questo, Inter e Milan sono descritte come vittime di un sistema, potenzialmente minacciate da quanto gli accadeva intorno, compresa la vicenda biglietti di Champions. Inzaghi, nella conferenza pre coppa di ieri, spiega «che c’è una inchiesta e la società ci ha detto di non parlare». L’Inter chiude le bocche di tutti e informalmente fa sapere che collaborerà. Il Milan lo scrive in una nota ufficiale: «Pronti a fornire agli inquirenti qualsiasi documentazione e informazione richiesta». Il fatto è che la Procura, parallelamente all’inchiesta, ha attivato un “procedimento di prevenzione” che mira a capire quanto i due club abbiano fatto per spezzare certe catene scomode del tifo ultrà, quanto si siano affrancate davvero. Su questo ascolteranno i loro protagonisti. Qualcuno ieri ha ipotizzato anche l’ipotesi di amministrazione controllata, che sinceramente appare molto spinta, molto oltre. Inevitabilmente, però, è scattato l’interesse della Procura Figc, nella persona del suo uomo di vertice, Giuseppe Chiné, che ha immediatamente chiesto di poter acquisire gli atti di questa inchiesta scabrosa.
La cornice normativa
Non è la fase per dire cosa rischiano club e tesserati. Il nodo sarà capire se rischiano. Il procuratore della Federcalcio guarderà tutto quanto di questa vicenda possa rientrare e riferirsi agli articoli 4, 25 e 27 del codice di giustizia sportiva. Parliamo, per intenderci, dei principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva; del divieto di contribuire con interventi finanziari o altre utilità al mantenimento dei gruppi di tifosi; dell’osservanza delle norme e delle disposizioni emanate dalle pubbliche autorità in materia di distribuzione al pubblico di biglietti di ingresso, con riferimento anche a un codice di regolamentazione della cessione dei titoli di accesso che bandisca forme di violenza, discriminazione o comportamenti in contrasto con i principi di correttezza. Tutto ciò, una volta chiarito, dove potrebbe portare? Da niente a inibizioni per i dirigenti, squalifiche per i tesserati, ammende pecuniarie o sull’utilizzo dell’impianto per le due società (solo le curve o tutto il Meazza chiuso). Fino alla penalizzazione. Questo è il ventaglio, risposte oggi non ce ne possono essere. Poi c’è l’aspetto extra sportivo, regolamentato dall’art 8 della legge 401 dell’89, quella dei Daspo, che in uno degli aggiornamenti sancisce: “è parimenti vietato alle società sportive corrispondere contributi, sovvenzioni, facilitazioni di qualsiasi genere ad associazioni di tifosi comunque denominate”. E questa è legge dello Stato. Certo, la storia, come detto, è scabrosa e ha tinte criminali forti. La tempistica della Procura Figc è nota: 60 giorni dalla acquisizione degli atti, massimo due proroghe: diciamo che entro tre mesi arriveranno le determinazioni. La Procura Generale presso il Coni è pronta a supportare se serve o ad intervenire successivamente.
Le reazioni
Il ministro dello Sport Andrea Abodi è stato netto. «Segnale forte e chiaro, no alle zone franche negli stadi, le società tolgano il gradimento a delinquenti». Di qui l’auspicio di una iniziativa comune di «Governo, Figc, Lega e club, che faccia capire che si fa sul serio». Il presidente Figc Gravina ha commentato «che far rispettare le norme farà bene non solo al calcio ma a tutta la società civile». L’ad della Lega Serie A De Siervo ha parlato alla Politica nel Pallone su Gr Parlamento: «Guardiamo con attenzione a quanto sta succedendo. Massima fiducia nel lavoro degli inquirenti ma attenzione ai giudizi sommari sulle squadre» .