Me si di polemiche e incomprensioni hanno prodotto una lacerazione nel sistema. I sindacati dei calciatori e le leghe dei campionati europei ieri hanno presentato il famoso reclamo alla Commissione Ue annunciato a inizio luglio e rinviato, fin qui, solamente dal rimescolamento delle poltrone andato in scena a Bruxelles. L’obiettivo dei “ribelli” è contestare il calendario internazionale della Fifa, in particolare l’intasamento generato dal nuovo Mondiale per Club che comincerà a metà giugno (al termine dell’annata calcistica più logorante di sempre) e finirà a luglio inoltrato, cioè nella stagione 2025-26, con una denuncia di un «conflitto di interessi» da parte della Fifa in quanto organizzatrice degli eventi e, al termpo stesso, organo di governo. L’accusa, dettagliata anche tramite una conferenza stampa, somiglia a quella già mossa dai promotori della Superlega circa l’abuso di posizione dominante dell’Uefa, fattispecie riconosciuta dalla Corte di Giustizia dell’Unione e citata anche ieri.
Leghe contro la Fifa: è anche una questione di soldi
Oltre al nuovo format del Mondiale pensato per le società, del quale non si conoscono ancora i premi né le conseguenze dell’accavallamento giugno-luglio a partire dalle scadenze contrattuali dei calciatori, nel mirino di chi reclama c’è anche la Coppa del Mondo del 2026 a 48 partecipanti. «Così si mette a rischio il benessere dei calciatori e viene minacciata la sostenibilità economica», fanno presente le leghe e la Fifpro. Le ricadute di certe scelte alleggeriscono, dopotutto, anche i portafogli: sempre meno emittenti sono disposte a spendere miliardi per trasmettere in tv i campionati locali, dato che i grandi tornei attraggono più pubblico e più investimenti. La patata bollente finirà sul tavolo della Direzione Generale della Concorrenza della Commissione.
Calendario intasato: leghe e calciatori accusano la Fifa
Anche se la Fifa fa presente che i calendari sono stati approvati in condivisione e soprattutto sono bloccati fino al 2030, chi ha firmato il reclamo evidenzia l’assenza di un giusto iter decisionale: «La Fifa deve esercitare le sue funzioni di ente regolatore in modo trasparente, obiettivo, non discriminatorio e proporzionato». «Siamo a un punto di svolta: c’è troppo calcio», l’allarme lanciato da Richard Masters, Ceo della Premier. «La Fifa agisce solo nel suo interesse e sta procurando danni all’intero ecosistema», ha rincarato la dose Tebas, numero uno della Liga spagnola, la componente più attiva nella protesta. Non era a Bruxelles ma ha fatto comunque sentire la propria voce l’ad della Serie A, De Siervo: «Noi negli ultimi 20 anni non abbiamo aumentato il numero di gare - ha spiegato -. Al contrario, Fifa e Uefa, ciclo dopo ciclo, hanno incrementato costantemente le dimensioni delle loro competizioni e ora siamo a un punto di saturazione. Il problema del sovraccarico è causato dalla Fifa, con il suo nuovo formato e la durata dei tornei, e dalla Uefa con la Nations e le nuove coppe». Perché, dunque, nel mirino è finita solo l’istituzione mondiale e non anche quella continentale? «La differenza è che l’Uefa ha avuto una significativa consultazione con tutte le parti interessate, mentre la Fifa ha imposto il suo nuovo format senza alcuna discussione e consultazione» ha precisato De Siervo. L’Uefa, però, organizza molte più partite. «È una giornata storica perché finalmente la salute del calciatore non è più una questione sindacale. Il calcio sta divorando sé stesso», ha aggiunto Calcagno, presidente dell’Assocalciatori.