Buffon: "La Juve? Mancano dieci giornate: meglio aspettare. Sapevo che con Conte il Napoli sarebbe stato da Scudetto"

Il capo delegazione della Nazionale italiana alla Luiss Business School : "Il problema è per chi deve vedersela con Antonio in questo finale di campionato, noi godiamocelo. Una corsa a tre squadre non capitava da tempo"
Valerio Minutiello

Gigi Buffon professore per un giorno. Il capo delegazione della Nazionale italiana ha incontrato gli studenti di Sport Management della Luiss Business School, a Roma per il master Sport Management - Master in Management delle Imprese Creative e Culturali: è stata anche un'occasione per parlare della sua Juve, dei temi del campionato e della Nazionale. 

 

La Juve è in un momento delicato, come se ne esce? 

"In questo momento mancano dieci giornate, probabilmente le cose non stanno andando come vorrebbero, ma mancano ancora dieci giornate e tanto vale attendere il finale e vedere se in questo rush può accadere qualcosa di sorprendente, e sorprendentemente positivo. Io me lo auguro".

 

Dalle difficoltà di Thiago Motta ad Antonio Conte, che ha portato il Napoli a lottare per lo scudetto. Come sta vivendo secondo te questo finale di campionato?

"Io lo avevo detto prima dell'inizio del campionato, con Conte il Napoli sarebbe arrivato primo o secondo a prescindere dalla squadra. Adesso sarà dura per chi deve confrontarsi con Antonio in questo finale. Comunque vada un campionato con una corsa a tre squadre non si vedeva da tanto tempo, perciò godiamocela".

 

Com'è lavorare con Spalletti?

 

"Lavorare con mister Spalletti è una grande fortuna, è un professionista eccezionale, un perfezionista unico e una delle persone più generose che abbia mai conosciuto nel mondo del calcio. Il coraggio e la generosità sono i due principali ingredienti che cerco nell'uomo".

Buffon professore e Koulibaly studente: che show alla Luiss Business School

Durante l'incontro c'è stato un simpatico siparietto con Koulibaly: l'ex difensore del Napoli, che ha acquistato una squadra di calcio in Francia, è uno studente del corso di Sport Management alla Luiss Business School ed era collegato via Skype. "Ti mando un abbraccio forte, a parte che mi sembri Lilian Thuram - gli ha detto scherzando Buffon - stessi occhialini… volevo dirti che ti ricordo sempre con piacere perché sei stato un avversario sempre molto corretto e molto degno al di là della rivalità che c’era in quel momento tra Juve e Napoli e infatti spesso ci trovavamo fuori dallo spogliatoio". Koulibaly è molto preso dalla lezione e fa una domanda a Buffon, da studente modello: "Gigi sei una leggenda, sappiamo tutti la persona che sei, a parte la rivalità che c’era tra Juve e Napoli, però sei un esempio anche per me. Grazie alla Luiss perché anche io sto facendo i miei corsi online. Ho una partita stasera quindi non posso seguire il corso, sono collegato. Volevo sapere come vedi questa cosa del management nello sport perché io ho comprato una società in Francia che è in quinta o sesta divisione, ma vogliamo crescere. Sto seguendo i corsi per me è come tornare a scuola, ho dei docenti che mi fanno capire bene le cose, e sono fortunato. Grazie per i consigli che mi hai dato tu e anche Chiellini, auguri per la vostra carriera futura, state facendo cose bellissime e speriamo di vederci presto”. “Hai fatto una cosa bellissima - risponde Buffon - prendere una squadra e gestirla come se fosse un’azienda. Con le competenze che ha avuto gente come te, in più con l’umiltà di aggiungerci dei corsi, gente come te potrebbe veramente diventare il nuovo imprenditore in ambito calcistico, perché è l’ambito che conosciamo meglio. Penso che hai fatto qualcosa che ti potrà divertire e ti divertirà, in più potrebbe diventare anche un business incredibile”.

 

L’aneddoto sul figlio Louis e la Juve

"Le analogie sono che abbiamo esordito tutti e due a 17 anni, io a 17 anni e 10 mesi, lui a 17 e 3 mesi, però gli ho detto: la differenza è che io ho fatto Parma-Milan da titolare in Serie A, tu hai fatto 13 minuti di Spezia-Pisa, che è una partita importante di Serie B. Però a parte gli scherzi sono veramente orgoglioso perché lui ha iniziato a giocare veramente tre anni fa, ha fatto un anno in una squadra di Torino, poi è andato a Pisa l’anno scorso e ha già esordito e significa che ci ha messo tanto del suo e questo mi emoziona, lui è un ragazzo ma è come se fosse un 4oenne. Un ragazzo grande e maturo. Racconto questo aneddoto: lui inizia a giocare che aveva 8 anni e me lo chiede la Juve, loro lo chiedono a me, perché io ho questa cosa che non chiedo mai niente a nessuno perché voglio essere libero e sereno di poter guardare in faccia tutti ed essere libero. Quindi la Juve me lo chiede e lui mi fa dopo un anno e mezzo: ‘Papà non mi diverto più’ e questa cosa mi sembra un po’ strana anche se a 8-9 anni facevano 5 allenamenti a settimana più la partita il weekend. Io dicevo, madonna ragazzi se uno ha un po’ di passione gliela fate passare. Io alla sua età facevo uno-due allenamenti massimo a settimana. A 8 anni c’è bisogno di libertà, di vita sociale, per cui io lo capisco e lo accompagno in questa scelta. Dopo sei mesi la Juve mi chiede di mandarlo, e io glielo chiedo e lui mi dice sì, allora andiamo. Poi dopo sei mesi mi dice che di nuovo si è stancato. Allora io gli dico, ‘Amore mio, tu torni a casa però con la Juve ci mettiamo una pietra sopra, non chiedermi mai più loro cosa pensano, perché è anche una questione di correttezza. Per cui lui per quattro anni, anche per ribellione, non fa niente, gioca a Fortnite, mi chiede di accompagnarlo a tornei di Fortnite all’estero. Per cui lui arriva a 14 anni così, io a 14 anni ero già in giro per l’Italia e l’Europa con la nazionale".

 


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L'importanza della forza mentale

“Al Parma negli ultimi due anni avevo 44 anni, il presidente quando stavamo facendo il contratto mi fa, ‘ti do il premio promozione ’, e io ‘ma hai capito con chi stai parlando? Mettici il premio scudetto quando torniamo in Serie A’. Era una cosa inimmaginabile, ma il mio modo di ragionare era quello: nella mia testa c’era, si torna in Serie A, si prova a vincere lo scudetto o andare in Champions. Magari mi avrebbero preso per matto, ma era quello che mi dava la forza. Il mio modo di approcciare le cose era quello che mi dava l’energia. Perché alla fine l’energia fisica viene meno con l’avanzare dell’età, ma quello a me dava la forza”.

Le cadute

“Sono caduto parecchie volte, e mi sono rialzato credo sempre. Adesso sono passati tanti anni da quei momenti, non rinnego nulla ma con il senno di poi certe cose non le rifarei. Ma a quell’età in quel momento che stavo vivendo, probabilmente avevo bisogno di fare quegli errori. Tutte le mie cadute, 5 o 6, tutte hanno avuta un eco e una curiosità incredibile per quello che rappresentavo. Se io dovessi leggere la mia vita e le polemiche che ci sono state su di me, veramente penserei ‘questo è un delinquente’, ma io sono lontanissimo da quel tipo lì. Non avendo poi io reti di protezioni intorno, qualsiasi caduta l’ho dovuta affrontare con la mia faccia, e affrontare la cattiveria, i giudizi, non è facile, ti crea veramente uno stato d’ansia, un condizionamento veramente forte. Se riesci a superare quello diventi invulnerabile. Io ho fatto tanti errori, alcuni diseducativi, ma li rifarei perché mi hanno permesso di capire che sono forte e posso contare su di me”.

Le bandiere nel calcio

"Io penso che non sia cambiato tanto il calciatore, ma siano cambiate le esigenze della società, per cui il calciatore bandiera non è più contemplato e anzi potrebbe diventare anche un problema. Quando ho giocato io e ho avuto l’opportunità di stare a contatto con tanti giocatori bandiera e facevo delle riflessioni sul perché sono stato 13 anni al Parma e 20 alla Juve e facevo una riflessione molto semplice, che in tutti questi anni io non ho mai baciato la maglia. Non è che mi abbiate mai visto baciare la maglia della Juve o del Parma, ma non perché non fossi affezionato o non volessi dare quel tipo di messaggio ai tifosi. Il motivo è che io sono stato in questi posti così tanto, perché avevo creato con la gente di questi ambienti un rapporto umano che mi gratificava e mi dava quello che cercavo, e quindi per me non è che uno è stato lì per la maglia ma per l’ambiente, se io invece di Agnelli, di Marotta, di Ancelotti avessi trovato altre persone, magari ci stava che avrei fatto un’altra strada.

 


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L’atteggiamento degli arbitri

“Se fossi stato o fossi un arbitro la prima cosa che cercherei è l’empatia e il dialogo con i giocatori, fin dal tunnel degli spogliatoi. Alla fine mi sono accorto che su di me, a parte piccole eccezioni come Madrid in cui sono andato fuori dai gangheri come si dice dalle mie parti, in linea di massima è stato difficile che anche in campo io me la prendessi con una decisione contraria o controversa. Alla fine quando tu vedi un essere umano che ti si pone da essere umano e cerca una certa complicità, quando sei in campo non cerchi mai di fregarlo, anzi cerchi di aiutarlo. È chiaro che se immediatamente c’è uno stato di chiusura, vedi che fa fatica a salutarti, tutta questa distanza da si che il giocatore poi dica, ok io faccio il mio ruolo, penserò a portare i vantaggi alla mia squadra. Secondo me gli arbitri con un altro tipo di atteggiamento sarebbero molto più aiutati dai calciatori”.

Le proprietà americane e i direttori sportivi

“Quando ho avuto dei direttori sportivi di livello vedevo che facevano la differenza sui risultati della squadra e sui comportamenti della squadra, e anche sui comportamenti dell’allenatore. Adesso invece queste nuove proprietà, soprattutto americane, che stanno arrivando in Italia considerano la figura del direttore sportivo marginale perché per loro è importante solo l’aria scouting, a loro interessa prendere ragazzi giovani e fare business in questo modo. È una filosofia che può essere anche giusta per certi versi, ma io alla fine credo che vincerà sempre la società che oltre alle tecnologie di primo livello si lascerà un po’ contaminare da singoli individui che hanno avuto esperienze pregresse, che possa velocizzare il percorso verso la vittoria. A Parma c’era il presidente Kraus, un giorno gli ho detto presidente in due anni e mezzo hai speso più di 200 milioni e siamo andati in Serie B e invece basterebbe poco per farlo diventare un percorso virtuoso. E lui mi rispose ma il mio è un percorso a 10-15, i miei nipoti raccoglieranno i frutti, per cui non c’è problema”.

 


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La depressione per colpa dei telefonini

“È stata una fase delicata, sono arrivato alla conclusione che quel tipo di implosione che ho avuto c’è stata per un fattore principale, l’arrivo dei telefonini con i video. Perché io ero molto professionale, ma fino a 23-24 anni la domenica non rinunciavo all’uscita dopo la partita. Chiamavo gli amici e andavamo a ballare, era un momento di sfogo, avevo bisogno di quello, di trasgressione. Per me la trasgressione era anche bere tre Moijto. Ma con i telefonini non sono più uscito, perché se avessero pubblicato un video mio mentre ballavo all'Hollywood a Milano a petto nudo in pista mi avrebbe creato dei problemi enormi. Era una cosa che facevo e mi dava uno sfogo. Non avere più quella valvola, l'ho accusato: stavo sempre in casa a vedere la tv, e questa routine noiosa ha fatto sì che entrassi in uno stato d'animo che non mi dava stimoli. Dopo 4-5 mesi iniziavo a sentire le gambe pesanti, non riuscivo a reagire agli allenamenti come ero solito fare, e questo mi aveva impaurito. Poi il secondo step prende la testa. Sapevo che se fossi andato a letto mi sarebbe venuta l'ansia. E quindi andavo a letto tardi, poi alle 7 dovevo svegliarmi. Entri in un circuito vizioso dal quale non sai come uscire".

 

 

 


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Gigi Buffon professore per un giorno. Il capo delegazione della Nazionale italiana ha incontrato gli studenti di Sport Management della Luiss Business School, a Roma per il master Sport Management - Master in Management delle Imprese Creative e Culturali: è stata anche un'occasione per parlare della sua Juve, dei temi del campionato e della Nazionale. 

 

La Juve è in un momento delicato, come se ne esce? 

"In questo momento mancano dieci giornate, probabilmente le cose non stanno andando come vorrebbero, ma mancano ancora dieci giornate e tanto vale attendere il finale e vedere se in questo rush può accadere qualcosa di sorprendente, e sorprendentemente positivo. Io me lo auguro".

 

Dalle difficoltà di Thiago Motta ad Antonio Conte, che ha portato il Napoli a lottare per lo scudetto. Come sta vivendo secondo te questo finale di campionato?

"Io lo avevo detto prima dell'inizio del campionato, con Conte il Napoli sarebbe arrivato primo o secondo a prescindere dalla squadra. Adesso sarà dura per chi deve confrontarsi con Antonio in questo finale. Comunque vada un campionato con una corsa a tre squadre non si vedeva da tanto tempo, perciò godiamocela".

 

Com'è lavorare con Spalletti?

 

"Lavorare con mister Spalletti è una grande fortuna, è un professionista eccezionale, un perfezionista unico e una delle persone più generose che abbia mai conosciuto nel mondo del calcio. Il coraggio e la generosità sono i due principali ingredienti che cerco nell'uomo".

Buffon professore e Koulibaly studente: che show alla Luiss Business School

Durante l'incontro c'è stato un simpatico siparietto con Koulibaly: l'ex difensore del Napoli, che ha acquistato una squadra di calcio in Francia, è uno studente del corso di Sport Management alla Luiss Business School ed era collegato via Skype. "Ti mando un abbraccio forte, a parte che mi sembri Lilian Thuram - gli ha detto scherzando Buffon - stessi occhialini… volevo dirti che ti ricordo sempre con piacere perché sei stato un avversario sempre molto corretto e molto degno al di là della rivalità che c’era in quel momento tra Juve e Napoli e infatti spesso ci trovavamo fuori dallo spogliatoio". Koulibaly è molto preso dalla lezione e fa una domanda a Buffon, da studente modello: "Gigi sei una leggenda, sappiamo tutti la persona che sei, a parte la rivalità che c’era tra Juve e Napoli, però sei un esempio anche per me. Grazie alla Luiss perché anche io sto facendo i miei corsi online. Ho una partita stasera quindi non posso seguire il corso, sono collegato. Volevo sapere come vedi questa cosa del management nello sport perché io ho comprato una società in Francia che è in quinta o sesta divisione, ma vogliamo crescere. Sto seguendo i corsi per me è come tornare a scuola, ho dei docenti che mi fanno capire bene le cose, e sono fortunato. Grazie per i consigli che mi hai dato tu e anche Chiellini, auguri per la vostra carriera futura, state facendo cose bellissime e speriamo di vederci presto”. “Hai fatto una cosa bellissima - risponde Buffon - prendere una squadra e gestirla come se fosse un’azienda. Con le competenze che ha avuto gente come te, in più con l’umiltà di aggiungerci dei corsi, gente come te potrebbe veramente diventare il nuovo imprenditore in ambito calcistico, perché è l’ambito che conosciamo meglio. Penso che hai fatto qualcosa che ti potrà divertire e ti divertirà, in più potrebbe diventare anche un business incredibile”.

 

L’aneddoto sul figlio Louis e la Juve

"Le analogie sono che abbiamo esordito tutti e due a 17 anni, io a 17 anni e 10 mesi, lui a 17 e 3 mesi, però gli ho detto: la differenza è che io ho fatto Parma-Milan da titolare in Serie A, tu hai fatto 13 minuti di Spezia-Pisa, che è una partita importante di Serie B. Però a parte gli scherzi sono veramente orgoglioso perché lui ha iniziato a giocare veramente tre anni fa, ha fatto un anno in una squadra di Torino, poi è andato a Pisa l’anno scorso e ha già esordito e significa che ci ha messo tanto del suo e questo mi emoziona, lui è un ragazzo ma è come se fosse un 4oenne. Un ragazzo grande e maturo. Racconto questo aneddoto: lui inizia a giocare che aveva 8 anni e me lo chiede la Juve, loro lo chiedono a me, perché io ho questa cosa che non chiedo mai niente a nessuno perché voglio essere libero e sereno di poter guardare in faccia tutti ed essere libero. Quindi la Juve me lo chiede e lui mi fa dopo un anno e mezzo: ‘Papà non mi diverto più’ e questa cosa mi sembra un po’ strana anche se a 8-9 anni facevano 5 allenamenti a settimana più la partita il weekend. Io dicevo, madonna ragazzi se uno ha un po’ di passione gliela fate passare. Io alla sua età facevo uno-due allenamenti massimo a settimana. A 8 anni c’è bisogno di libertà, di vita sociale, per cui io lo capisco e lo accompagno in questa scelta. Dopo sei mesi la Juve mi chiede di mandarlo, e io glielo chiedo e lui mi dice sì, allora andiamo. Poi dopo sei mesi mi dice che di nuovo si è stancato. Allora io gli dico, ‘Amore mio, tu torni a casa però con la Juve ci mettiamo una pietra sopra, non chiedermi mai più loro cosa pensano, perché è anche una questione di correttezza. Per cui lui per quattro anni, anche per ribellione, non fa niente, gioca a Fortnite, mi chiede di accompagnarlo a tornei di Fortnite all’estero. Per cui lui arriva a 14 anni così, io a 14 anni ero già in giro per l’Italia e l’Europa con la nazionale".

 


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Buffon: "La Juve? Mancano dieci giornate: meglio aspettare. Sapevo che con Conte il Napoli sarebbe stato da Scudetto"
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