Dramma Hakan Sukur: “Non ho più nulla. Oggi sono un autista Uber”

L’ex attaccante turco vive negli Stati Uniti: “Erdogan mi ha tolto tutto, mi guadagno da vivere guidando e vendendo libri”
Dramma Hakan Sukur: “Non ho più nulla. Oggi sono un autista Uber”© epa
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Un tempo segnava gol a raffica, tanto da essere considerato come uno dei calciatori turchi più forti di tutti i tempi, oggi invece vive a Washington ma con il calcio non ha nulla a che fare. Per guadagnarsi da vivere Hakan Sukur vende libri e guida un Uber negli Stati Uniti. La colpa? Di Erdogan. “Non mi è rimasto niente - ha spiegato al ‘Welt am Sonntag’ il 48enne ex attaccante di Inter, Parma e Torino -. Si è preso tutto ciò che era mio. Il mio diritto alla libertà, quello di esprimermi e quello al lavoro”. Tutto iniziò quando l’ex giocatore entrò in politica schierandosi proprio con il partito di Erdogan: il loro idillio finì ben presto, i suoi beni furono confiscati e lui costretto a fuggire negli Stati Uniti. "Il partito mi ha invitato a beneficiare della mia popolarità. Poi sono iniziate le ostilità. Hanno lanciato pietre nella boutique di mia moglie, i miei figli sono stati molestati per strada, ho ricevuto minacce dopo ogni mia dichiarazione. Quando me ne sono andato, hanno rinchiuso mio padre e tutto ciò che avevo è stato confiscato. È stato un momento molto difficile per la mia famiglia. Chiunque aveva a che fare con me aveva difficoltà finanziarie".

Hakan Sukur, messaggio a Erdogan

"Quando ho aderito all'AKP, la Turchia era un Paese conforme agli standard dell'Unione Europea, ma la politica di Erdogan ha portato alla rigidità ed è stata presa una direzione completamente diversa: un orientamento verso il Medio Oriente anziché verso l'Europa". Hakan Sukur venne anche accusato di aver avuto un ruolo nel golpe del 2016: “Cosa avrei fatto? Fino a oggi nessuno è stato in grado di spiegarlo. Ho fatto solo cose legali nel mio Paese. Possono indicare quale crimine avrei commesso? No, sanno solo dire "traditore" e "terrorista”. Sono un nemico del governo, non dello Stato o della nazione turca. Adoro la mia bandiera e il nostro Paese". La chiusura dell’intervista è un invito a Erdogan: "Torna alla democrazia, alla giustizia e ai diritti umani. Interessati ai problemi della gente. Diventa il presidente di cui la Turchia ha bisogno".


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