L’Arabia alza il tiro: Ronaldo, Messi e i Mondiali 2030

Una delle squadre interessate allo Special One, darebbe a Leo 400 milioni: il regno finanzia e vuole scombussolare tutti gli equilibri del calcio
L’Arabia alza il tiro: Ronaldo, Messi e i Mondiali 2030
Alessandro F. Giudice
5 min

Le manovre per portare anche Messi, dopo CR7, alla corte saudita non stupiscono perché c’è una strategia precisa volta a promuovere, attraverso il calcio, l’immagine del regno. Secondo Marca che cita come fonte Fabrizio Romano, l’asso argentino avrebbe infatti ricevuto la madre di tutte le offerte: 400 milioni per vestire per un anno la maglia (per nulla prestigiosa) del Al-Hilal dopo l’esperienza, finora poco esaltante, al PSG. Il campionato saudita vedrebbe così fronteggiarsi i due i mattatori dell’ultimo decennio in due squadre rivali (Al-Nassr e Al-Hilal) entrambe del governo. Ma la campagna di reclutamento non finirà: si favoleggia di offerte che fanno vacillare non solo campioni a fine carriera, ma tecnici e giocatori ancora sulla breccia. Pare anche José Mourinho.  

"L'Al Hilal pronto ad offrire 400 milioni all'anno per Messi"

Espansione

Dai proventi delle esportazioni di petrolio, i paesi del golfo hanno accumulato risorse ingenti gestite in larga parte dai fondi sovrani, veicoli di investimento con la missione di creare un tessuto economico che assicuri prosperità anche quando i combustibili fossili si saranno esauriti. Oppure, quando la loro valenza strategica sarà fortemente ridimensionata. Il più grande fondo della regione è il Public Investment Fund (Pif) saudita, dotato di oltre 600 miliardi di dollari da utilizzare per acquistare aziende o investire in settori strategici, attorno a cui sviluppare produzioni o importare beni – di consumo o di investimento – che il Paese non produce, non avendo mai sviluppato industrie nazionali. Il grande disegno saudita si chiama Vision 2030: un progetto gigantesco che ambisce a creare, in pochi anni, un’economia strutturata, un sistema finanziario, grandi infrastrutture, assistenza sanitaria e perfino città da costruire ex novo. Di pochi giorni fa, per esempio, l’ingresso di Pif (con una partecipazione del 33%) nel capitale di Azimut Benetti, il gruppo italiano leader mondiale nella costruzione di yacht e imbarcazioni di lusso. Nel calcio, il fondo saudita è sbarcato l’anno scorso, in Premier, acquistando il Newcastle con un’operazione dalla lunga gestazione che sollevò reazioni preoccupate per l’arrivo nel calcio inglese di un regime osservato speciale sul rispetto dei diritti umani. Con la proverbiale ipocrisia di tradizione britannica, la Premier diede infine via libera all’acquisizione dopo incredibili rassicurazioni sull’indipendenza del fondo Pif dal governo saudita.

Le manovre

Ma perché investire proprio nel calcio? In fondo, non è un settore strategico né un serbatoio di tecnologia, ma il ritorno mediatico che garantisce è ineguagliabile. Per diversi motivi, il mondo occidentale accoglie con diffidenza gli investimenti dei paesi del golfo. Anzitutto, per timore che capitali non generati da un’economia di mercato inquinino la concorrenza, alterando i valori delle attività economiche. Può accadere se si parla di aziende come (evidentemente) quando si fanno offerte faraoniche a calciatori ed allenatori. Esiste poi il tema importantissimo dei diritti umani, in quei paesi spesso violati. Proprio l’Arabia Saudita destò grave imbarazzo nei paesi occidentali dopo la barbara uccisione del giornalista Kashoggi, all’interno del suo consolato a Istanbul, ma la potenza economica rende il regno di Mohammad bin Salman un interlocutore a cui difficilmente si può rinunciare su molti tavoli. Negli affari, come nelle scelte di vita dei calciatori, pesano remore morali e barriere culturali (o magari, semplicemente, differenze nello stile di vita) ma emerge anche il fascino, irresistibile e seducente, del denaro. Il grande progetto saudita ruota anche sull’ambizione di ospitare i Mondiali 2030, come il Qatar ha fatto l’anno scorso, ma in fondo il calcio è solo un piccolo tassello (molto visibile) di un enorme disegno economico-politico. Che passa anche attraverso la penetrazione nel mercato dei diritti televisivi: la Supercoppa italiana si giocherà (ampliata) in Arabia Saudita anche nella prossima stagione. 


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