Ancelotti a un passo da un record storico: Carlo V, la tradizione che non tradisce

Al tecnico basta un punto (oggi con l’Espanyol al Bernabeu) per conquistare con il Real Madrid il quinto titolo nei cinque grandi paesi europei, primo allenatore a riuscirci
Ancelotti a un passo da un record storico: Carlo V, la tradizione che non tradisce© Getty Images
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In tempi di egolatrie, Carlo Ancelotti potrebbe essere testimonial mondiale contro il narcisismo. Un fuoriclasse della panchina che non avverte mai l'esigenza di sfoggiare le proprie conoscenze. Ai più disattenti riesce persino a far credere di essere lì per caso o per fortuna. Una sorta di tenente Colombo prestato al calcio. Vince ininterrottamente da oltre vent'anni - e ci limitiamo alla sua carriera di allenatore - e nessuno ha mai parlato di ancelottismo. Non esiste. Ha un innato antidoto nei confronti dell'ostentazione. Non è né modestia né atteggiamento morettiano per dare di più nell'occhio. È semplicemente la sua natura. È come se da piccolo, nella sua Reggiolo, fosse caduto nella pozione magica del buon senso e del saper campare.   

A caccia del record

Oggi pomeriggio, poco dopo le 18, potrebbe essere il primo allenatore della storia del calcio ad aver vinto i cinque campionati europei più importanti: Italia, Inghilterra, Francia, Germania, Spagna. Nessuno come lui. “E grazie”, rispondono quelli che ne sanno sempre di più, “sarei bravo anche io con Milan, Chelsea, Psg, Bayern e Real Madrid”. Sì certo, come se tutti fossero in grado di guidare una Formula Uno. 

Le origini di Ancelotti

Scarpe grosse, cervello fino. Ecco, lui è così. Scarpette coi tacchetti invece di quelle grosse. Figlio di contadini e allevatori che gli hanno impartito una solida educazione. Oggi è un signore di 62 anni, legatissimo alla famiglia, che un bel giorno - nel 2009 - dopo aver vinto tutto quel che c'era da vincere con il Milan, decise di mettersi alla prova e di andare all'estero. Senza proclami sul presunto declino del calcio italiano. Prese l'aereo e ciao. Animato da una inesauribile curiosità che probabilmente è la sua vera arma segreta. Quella che gli consente di essere realmente interessato a chiunque gli parli o gli si avvicini. Ancelotti assorbe, poi metabolizza e arricchisce il proprio bagaglio. È un lavoro a ciclo continuo, potremmo definirla la fotosintesi ancelottiana. 

Londra

Al Chelsea, dal suo vice Paul Clement apprese una massima del ct della Nazionale inglese di rugby Woodward: ci sono due tipi di persone, quelli che ti danno energia e quelli che l'energia te la tolgono. È talmente abile a guidare gruppi di atleti primedonne che questa qualità hanno cercato di trasformarla in un boomerang: è un gestore, non un allenatore. Roba per i fanatici della costruzione dal basso. Al Chelsea, ad esempio, mise fuori un certo Didier Drogba perché si presentò a una riunione tecnica con mezz'ora di ritardo. E lo lasciò in panchina finché non si riprese il posto con un gol segnato entrando a partita in corso. 

Le accuse ad Ancelotti

Quante cattiverie lo perseguitano. È accusato di essere troppo blando con i presidenti eppure ha sempre rotto per divergenze di vedute. A Madrid la sua prima esperienza finì perché osò sostituire Gareth Bale (il pupillo di Florentino Perez) che a Valencia non la passò a Benzema libero in area e la tirò fuori. Non si piegò al presidente che esigeva più sedute di allenamento. «Non ero d'accordo e continuai senza cambiare le mie idee. A volte fare il leader implica compromessi, soprattutto nei club più grandi, ma non quando ci sono in ballo le tue competenze e sei convinto delle tue scelte». Finì che Florentino lo esonerò. Ma è vero anche che, sei anni dopo, in una condizione complessa per il Madrid, lo ha richiamato. La Casa Blanca era disperata. La stagione scorsa era finita zero tituli, Zidane se n'era andato. Doveva essere un anno di transizione, il Real era definito una squadra di giocatori sul viale del tramonto. E invece ha vinto una Supercoppa di Spagna. Sta per vincere la Liga ed è in semifinale in Champions dopo aver eliminato Psg e Chelsea. Eppure Ancelotti è stato massacrato (mediaticamente, s'intende) per aver perduto in casa 4-0 col Barcellona di Xavi oggi sarcasticamente definiti i vincitori della coppa del possesso palla.

Ancelotti e la tattica

E qui si apre un altro capitolo: è possibile inquadrare tatticamente le squadre di Carlo Ancelotti? La risposta è no. Certo ci sono principi base ma che lui modella in funzione dei calciatori. Non concepisce gli integralismi, le idee preconcette. Dev'essere un'eredità dell'infanzia a contatto con la terra. Se l'obiettivo è il raccolto - che la famiglia divideva a metà col proprietario terriero - impari che ogni accorgimento è essenziale per raggiungere il miglior risultato possibile. Lo stesso vale per il calcio. Conosce il valore della tecnologia, quanto sia importante nel suo lavoro. Accusato di familismo, con il figlio e il genero nel suo staff, in realtà il suo è un entourage di nerd con cui si diverte a lavorare e a punzecchiarsi. Sa quanto sia essenziale il loro apporto, quanto siano preziosi i dati, ma non può evitare di pensare che «al fondo in una partita le statistiche fondamentali sono due: i gol fatti e i gol subiti». È assurdo definire passatista uno che ha vissuto da protagonista la rivoluzione di Arrigo Sacchi, prima in campo e poi come suo assistente in Nazionale. Giocava con la difesa alta quando tanti allenatori di oggi avevano ancora la stanzetta con i pelouche. Ma le esasperazioni non gli apparterranno mai. Per lui «il portiere ideale è il portiere che para, punto. Poi può essere bravo con i piedi, può arrampicarsi sugli alberi. L’importante è che abbia due mani che possano parare». Anatema. 

Quattro lingue

Fa apparire il calcio alla portata di tutti. Lascia credere che chiunque possa saperne più di lui, anche i presidenti che lo esonerano e poi ci ripensano. Parla quattro lingue, tutte con cadenza ancelottiana. A Londra come a Liverpool si divertiva con la guida a destra. A Milano talvolta andava ad allenare in elicottero. L'ossessione non sa neanche cosa sia. Ama cucinare (ovviamente anche mangiare), è un divoratore di film e serie tv. Incarna l'idea che all'estero hanno del made in Italy di lusso, la tradizione che non tradisce mai. La saggezza di chi la sa lunga. Fondamentalmente è un uomo sereno e soddisfatto. Felice di vivere circondato dalla sua famiglia e di poter svolgere il lavoro che ama. L'ancelottismo è questo: il trionfo della competenza accompagnato da semplicità, educazione e rispetto per gli altri. 


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