Cristiano Ronaldo in croce: licenziato per giusta causa

Il Manchester United all’attacco dopo mesi di tensione crescente. Vogliono licenziarlo e intanto lo cancellano dall’Old Trafford
Cristiano Ronaldo in croce: licenziato per giusta causa© EPA
Marco Evangelisti
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Già togliergli il posto in squadra sembrerebbe una sorta di empietà. Togliergli il posto di lavoro avrebbe la dimensione di un peccato contro natura. Il Manchester United ha deciso però che Cristiano Ronaldo non merita reverenza, poiché lui ha scelto a sua volta di non averne. Il comunicato di ieri è inglese nel tocco e non indugia in latinorum: «Il Manchester United ha avviato iniziative appropriate in risposta alla recente intervista di Cristiano Ronaldo. Non ci saranno ulteriori commenti da parte del club fino alla conclusione di questo procedimento». In sostanza, intendono multarlo pesantemente, forse denunciarlo per diffamazione e a cascata licenziarlo per giusta causa. Rintracciando la giusta causa nelle dichiarazioni rilasciate al giornalista Piers Morgan e diffuse a rate. La causa e basta, non importa se giusta, sta nel tentativo frustrato di far tornare indietro il tempo, a quando United e Ronaldo devastavano insieme l’Europa, vincevano la Champions, si fondevano l’uno nell’altro e s’illudevano che sarebbe durata in eterno. Hanno dato diciassette milioni alla Juventus, ne hanno fissati altri sei di bonus e tutti sembravano felici. Poi lo United e Ronaldo si sono voltati e hanno visto la distesa di dodici anni che li separava da quell’età dell’oro. Ma ormai era troppo tardi. Così, se ci riescono lo licenzieranno. E pazienza, è capitato a grandi e piccini. La Ferrari licenziò Alain Prost che non aveva detto nulla di male, giusto che la macchina sembrava un camion. Licenziarono Alan Turing mentre stava decifrando il codice di Enigma, inventando l’intelligenza artificiale e vincendo la guerra. Quindi ci ripensarono. Gigio Donnarumma ha sbancato l’Europeo senza un contratto firmato e parando anche gli schizzi d’acqua, dunque questa faccenda magari porterà bene a Ronaldo in Qatar. Donnarumma, è vero, aveva dalla sua parte la gioventù. Ronaldo può giocarsi il nome, la perfezione levigata del viso e del fisico, la fama universale di aver modellato l’immagine del calcio di oggi, nel quale non c’è spazio per pigrizia e talento lasciato grezzo. Cristiano ha sempre lavorato su sé stesso e sulla costruzione della sua carriera. Adesso gli capita di non giocare, o di giocare tre minuti, e non lo sopporta. Impossibile supporre che non abbia pensato a ciò che diceva nell’intervista famigerata: «Lo United mi ha tradito. Pure nella scorsa stagione sembrava che qualcuno non mi volesse lì. Spiegavo che mia figlia di tre mesi stava male (la moglie Georgina aveva inoltre perso una delle gemelle prima della nascita, ndr) e per questo non potevo allenarmi e partire per la tournée, ma avevo l’impressione che non mi credessero. Non ho rispetto per il tecnico ten Hag perché lui non ha mostrato rispetto per me. Ho lavorato con i migliori del mondo: Ancelotti, Mourinho, Allegri. Qui ho avuto Rangnick. E non ho trovato nessun progresso rispetto a quando me n’ero andato, neppure la Jacuzzi è cambiata». E via ancora, con Rooney invidioso della bellezza di Cristiano, con la famiglia Glazer, proprietaria dello United, che si preoccupa solo del marketing, con i tifosi che «dovrebbero conoscere la verità, sapere che in questo modo non si torna ai massimi livelli ». Rooney ha avuto voglia di replicare: «L’età avanza per tutti ». Lo United per cominciare ha sverniciato Cristiano dalle gigantografie dell’Old Trafford. Raccontano che addirittura in Nazionale ormai molti considerino Ronaldo pleonastico, qualcosa di simile a una tradizione da sopportare. Bruno Fernandes, compagno anche di United, nega: «Ci guardiamo storto, ma è un gioco tra di noi ». Il dato di laboratorio sono i suoi perfetti trentasette anni, entrati di soppiatto per colpirlo alle spalle.


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