Guagni: L'Atletico Madrid, scelta di vita. La Fiorentina, il mio futuro

Difensore della Nazionale, ha lasciato Firenze dopo 23 anni. Bloccata dal covid in Italia, aspetta il tampone negativo per tornare in Spagna. "Mi hanno portato via con l'ambulanza infermieri tutti bardati, per fortuna non ho infettato nessuno. Non sono andata via per soldi, ma per vivere da professionista. Con la Viola solo un arrivederci. Le donne non puntano a giocare come gli uomini, ma a fare un bel calcio"
Guagni: L'Atletico Madrid, scelta di vita. La Fiorentina, il mio futuro© getty images
13 min
di Valeria Ancione 
 
Ha un nome breve, essenziale, che evoca le ali, il volo, il viaggio: Alia, in arabo vuol dire “alta moralmente”. Lo è? Ride. «Ci provo, dài». Alia Guagni da Firenze, donna del calcio dal portamento nobile e di sangue viola, capelli di velluto, gambe leste, arcigna difensore dalla storia affascinante come una fiaba. C’era una volta, e ancora c’è, una figlia unica («e viziata», ammette) che voleva giocare a pallone... Ma il calcio non è un mondo per donne, si sa, allora il padre le costruisce il castello incantato: si chiama Firenze. Le belle favole non finiscono mai, la Fiorentina prende il titolo di A del Firenze e Alia diventa la regina (capitana) della prima Viola della storia della serie A femminile pseudoprofessionista.  
La vita, che non è una favola, non pretende un per sempre statico, ma riconosce ai per sempre una certa libertà di movimento, di andate e ritorni. Così l’estate scorsa, illusi di essere usciti fuori del covid, nella stagione pandemica strappa-sogni e congela-progetti, nell’anno zero della vita di tutti, Alia Guagni è passata all’Atletico Madrid. Oppure ha lasciato la Fiorentina, come preferite.
Si può fare? 
"E’ stata una scelta di vita, né economica né calcistica. E’ successo in un momento difficile, volevo mettermi alla prova. Non ne ho parlato con nessuno, la decisione era mia e non volevo consigli. Prima mi criticavano perché restare a Firenze era una scelta di comodo, poi mi hanno criticato perché sono andata via. Non va mai bene". 
 
Tutti giudici in questo mondo. E suo padre? 
"Volevo fare bene nella mia città e senza mio papà, che ha fatto l’impossibile per permettermi di restare a Firenze e fare la calciatrice, non ci sarei riuscita. E’ stato contento della mia decisione, non mi ha frenato. Avevo bisogno di fare la calciatrice e basta, non occuparmi di altro che di allenarmi. Mentre nel Firenze e poi nella Fiorentina ero la capitana, la più “vecchia”, la squadra era d’altra parte una cosa mia e non potevo fare solo la calciatrice, mi occupavo di tante cose fuori del campo, trasferte, ristoranti...". 
 
E’ come lasciare un amore di cui si è ancora innamorati? 
"Ho lasciato la mia squadra dopo 23 anni. E’ stato un passaggio difficile. E’ stata dura vedere la Fiorentina in tv, senza di me... ho vissuto due giorni complicati, poi è passata. Trovarmi bene con le nuove compagne e la società mi ha aiutato ad accettare tutto, è stata una fortuna". 
 

Adesso è a tutti gli effetti professionista, non come in Italia che le calciatrici lo sono nelle discussioni di legge ancora.

"Sì, in Italia ero solo trattata da professionista. E non è una questione di soldi, ma di diritti. Infatti non è che in Spagna gli stipendi siano come quelli degli uomini, tutto il resto però è uguale. La parità di stipendi non esiste da nessuna parte, è impensabile. Purtroppo in Italia siamo ancora distanti da ogni tipo di parità. Il professionismo da noi doveva iniziare il suo processo definitivo a gennaio 2021. Spero che non si fermi tutto". 

 
Com’è l’Atletico Madrid? 
"Mi piace. E’ un club ben organizzato e ha un bellissimo centro sportivo. Il campionato spagnolo è competitivo, non ci sono partite facili. Mentre in Italia il divario in classifica tra le prime e le altre c’è ed è alto". 
 
Vuol dire che vincerà ancora la Juventus? 
"Temo che abbia qualcosa in più delle altre". 
 
E come vede la sua Fiorentina tornata a Prandelli? 
"C’era bisogno di cambiare, perché stiamo facendo proprio male purtroppo. Ma non so se sia la scelta giusta. Ad ogni modo è un campionato falsato per mille motivi e nel maschile può davvero sucedere di tutto". 
 
Quindi anche la Viola potrebbe... 
"Non esageriamo. Mi riferivo alle squadre di testa, se la giocheranno fino alla fine". 
 
Insomma la sua favola continua da straniera. 
"Mi piace vivere in Spagna. Non siamo proprio a Madrid, ma in un paese vicino. C'è tutto e non abbiamo bisogno di andare a Madrid, dove peraltro non si può né entrare né uscire per via del coronavirus, se non per motivi validi. E in assoluto per l'emergenza non ci si muove. Sto studiando spagnolo, è una lingua facile da capire e inizio a parlarla. Certo, speravo in un inizio migliore in realtà. Ho subito due infortuni. Ho giocato una partita di Champions, fatto un recupero lampo, ma abbiamo avuto un sacco di problemi, come sette positive. Tutti in quarantena. E quando stavo meglio, ecco il covid!". 
 
Lunedì ha fatto un altro tampone col biglietto in tasca per ripartire, ma è risultato ancora positivo. Domani di nuovo test e poi partenza? 
"Speriamo. E' successo mentre ero in ritiro con la Nazionale, a fine ottobre, avevo già fatto tre tamponi, tutti negativi. Poi tocca a quello di controllo e risulto positiva. Subito isolata. Sono venuti a prendermi con l’ambulanza, tutti bardati dalla testa ai piedi. Mi hanno portato a casa. I primi tre giorni sono stata ko. Avevo dolori da non riuscire a muovermi o alzarmi dal letto. Ma mi è andata bene. Con la tachipirina è scesa la febbre e sono passati anche i dolori. Mi dispiace essermi persa la partita della Nazionale e tre di campionato".  
 
Brutta esperienza. 
«Sì, però non mi lamento: almeno non ho infettato nessuno. Che ansia ti assale quando risulti positivo! Per fortuna quando sono arrivata da Madrid non ho nemmeno abbracciato i miei genitori, ho detto lo facciamo dopo la partita. Menomale! E’ stato un disagio enorme, anche se la situazione è globale e non riguarda solo te. Alla fine mi sono detta, pazienza, tanto passa, ho un lavoro che mi aspetta e questa è un’altra fortuna. Il periodo è questo e riguarda tutti». 
 

Vive da sola o con qualche compagna?

"Sono andata via di casa a 25 anni. Non ho mai condiviso l’appartamento con le mie compagne di squadra essendo fiorentina, ma praticamente stavo sempre a casa loro. Dall’Atletico ho ottenuto un appartamento da sola".


Chi soffre più di nostalgia, lei o suoi genitori? 
"Mia mamma patisce parecchio la mia lontananza. A 14 anni ha iniziato a spingermi ad andarmene e ora mi chiede sempre “quando torni?” Siamo una famiglia unita e intendo con zii e cugini, abitiamo nella stessa via e ogni domenica il pranzo è sempre assieme. Ora col virus non si può". 
 
A 33 anni è donna o ancora bambina? E cosa farà da grande? 
"No, bambina no. Sono una persona concreta e con le spalle larghe. Sono laureata in scienze motorie, insegnare è un obiettivo, oppure potrei lavorare in tv, chi lo sa. Per ora il covid mi ha privato della progettualità, vivo alla giornata". 
 
La disturba sentir dire ancora che il calcio femminile è un altro sport rispetto al maschile? 
"E’ colpa di una mentalità retrograda. Il gioco è uguale, le caratteristiche sono diverse. Direi basta con i paragoni, non correremo mai come gli uomini, ma neanche gli uomini corrono tutti allo stesso modo. C’è chi ha i piedi di Messi e chi di Gattuso, e vale anche per le donne. L’obiettivo delle donne non è arrivare a giocare come gli uomini, ma giocare bene, fare un bel calcio". 
 
Si sono smorzati i riflettori sul calcio femminle, esploso in Italia con i Mondiali 2019? 
"Ora purtroppo si parla solo di virus. Siamo state tre mesi ad aspettare che qualcuno si occupasse di noi. All’inizio ero tranquilla, mi serviva per staccare, ma poi non sapere cosa avremmo fatto l’indomani è stato pesante. Non credo però che si possa spegnere l’entusiasmo anche se se ne parla poco. Ai miei tempi il calcio femminile non si vedeva, ora ci sono le televisioni e i social, le calciatrici sono famose. La prima volta in Nazionale giocavo in A2 e la A1 non l’avevo mai vista, quindi sono arrivata in ritiro e non conoscevo nessuna. No, non si torna indietro". 
 
Calcio e omosessualità, che ne pensa del coming out della Morace?  
"Tardivo, no? Sono contenta per lei, brava. Ma i coming out confermano che il nostro Paese è indietro anni luce, se c’è ancora bisogno di doversi dichiarare o di doverci fare una storia, rendendo una cosa normale come eccezionale. Ho un’altra idea di normalità e non è quella di annunciare se sono omo o etero. Però Morace è un personaggio, potrebbe essere d’aiuto per i giovani a trovare il coraggio di non nascondersi. Chissà". 
 
E' normale chiederle se è fidanzata e basta.
"Sono fidanzata da due anni, e spero che mi raggiunga presto in Spagna che l'amore a distanza è complicato".

Alia, nobile calciatrice dal sangue viola, cosa c’è nel suo futuro? 
"La Fiorentina, con cui spero sia solo un arrivederci. Questo ci siamo detti. Io voglio tornarci, in qualsiasi veste, il mio futuro lo vedo qui". 
 
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