Sarri: «Higuain, Diego e il mio amore per il Napoli»

Walter Veltroni intervista l'allenatore: «Stadi per le famiglie e più spazio ai giovani. Il migliore? Rugani»
Walter Veltroni
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NAPOLI - Quanta fatica avrà fatto quest’uomo con la barba incolta che mi accoglie sorridente a Castelvolturno nel suo ufficio di allenatore del Napoli per arrivare fino a qui? E quanto sarà stato contento, dentro di sé, nel vedere il suo nome a caratteri cubitali nei titoli dei giornali che forse un tempo leggeva al bar di Figline sognando un mondo e un lavoro che sentiva tanto suoi quanto inarrivabili? Ha faticato, Maurizio Sarri, ha faticato tanto. Ha studiato, Maurizio Sarri, ha studiato tanto. Ha masticato calcio con la stessa feroce impazienza con la quale tortura le sue sigarette, esercizio necessario forse per mascherare una dote in via di estinzione, la timidezza. Sarri non ha nulla dello stereotipo dell’uomo di successo di questo tempo. Credo se ne freghi riccamente dell’immagine e sia fiero di quest’aria scarmigliata, che dice, a chi lo guarda, “segui la sostanza”. Che forse è la linea guida della sua vita nel calcio e non solo. Ha imparato sui campi pieni di polvere a pensare calcio e forse al suo tavolo di uomo di banca a progettare strategie e a costruire opportunità. Insomma mi fa pensare a Fabrizio De Andrè, non ai Duran Duran. A Tom Waits, non a George Michael. Sarri è un uomo curioso delle cose del mondo e non solo di quelle dello sport al quale dedica se stesso.

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Ha fatto così con Higuain? Sembra rinato, sereno e sicuro.
«Si diverte. Io lo stimolo a divertirsi. È un fuoriclasse ed è potenzialmente il giocatore più forte che io abbia mai allenato».

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Cosa pensa di Maradona? Le ha fatto piacere che si sia scusato per le dichiarazioni su di lei?
«Per me, come per tutte le persone che amano il calcio, Maradona è un idolo, un’idea del calcio. La dichiarazione che ha fatto mi ha emozionato. Ora il mio prossimo obiettivo è conoscerlo. Sarebbe un onore, per me».

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