Mourinho: “Il mio futuro non sarà in Serie A. Ecco perché lasciai l’Inter”

Il tecnico portoghese esclude un ritorno nel nostro campionato: “Vivo a Londra e seguo un po’ di più la Premier. Non potevo dire di no al Real Madrid per la terza volta, ma se avessi festeggiato a San Siro non sarei più andato via”
Mourinho: “Il mio futuro non sarà in Serie A. Ecco perché lasciai l’Inter”© Getty Images
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José Mourinho chiude le porte a un ritorno in Serie A. “Non lavoro da otto mesi. Vedremo cosa succederà ma non credo che il mio futuro sarà qui in Italia anche se ho un bel feeling con questo paese. Poi se dovessi tornare non dovrei neanche imparare la lingua perché non ho dimenticato l’italiano. Conosco la vostra cultura, la cultura calcistica e mi identifico in molte delle vostre cose. Vivo a Londra e seguo un po’ di più la Premier ma seguo anche la Serie A che è interessante”. Lo Special One, nel corso dell’intervista a Tiki Taka, ha ricordato i momenti del Triplete vinto sulla panchina dell’Inter rivelando anche il motivo che lo ha spinto a lasciare la società nerazzurra: “Dopo il primo anno in cui avevamo vinto lo Scudetto ho capito la passione del popolo nerazzurro. Figuriamoci cosa poteva essere la città di Milano dopo la vittoria della Champions. L’Inter era una famiglia e dire addio alla famiglia è sempre durissima, così ho preferito andare via prima di tornare. Già nello spogliatoio la situazione era difficile ma se fossi tornato a Milano avrei detto no per la terza volta al Real Madrid. Nella mia testa c’era l’obiettivo di vincere la Premier, lo Scudetto e la Liga Spagnola e non volevo perdere quest’opportunità”.

Mourinho e il rapporto con Moratti

Ci sono stati dei momenti chiave in ognuna delle tre competizioni - ha proseguito Mourinho parlando di quell’anno d’oro -. La vittoria a Kiev è stata l’inizio di tutto, poi c’è stata la più bella sconfitta della mia vita contro il Barcellona in semifinale. E poi le due settimane con la finale di Coppa Italia, la gara Scudetto e la finale di Champions a Madrid: sembrava quasi un film con il lieto fine. È stata una storia fantastica”. Un rapporto speciale sia con i tifosi che con il presidente Moratti: “Cerco sempre di creare questo tipo di empatia con la gente. Sono uno che non si protegge mai, vivo per la mia squadra. Creo empatia coi tifosi, si crea antipatia con gli avversari e se dopo vinci quest’empatia si può trasformare in passione che è quello che è successo all’Inter. Moratti è il mio presidente, è un mio amico e quando penso a lui penso alla famiglia. Lo sento parte della mia famiglia perché la sua famiglia è formata da persone speciali. Il modo in cui mi hanno accolto e fatto sentire uno di loro va oltre al calcio, va oltre al Triplete e va oltre le soddisfazioni sportive: queste cose sono importantissime e rimangono per sempre”.

Mourinho e Cassano

Mi piace Antonio, mi sono divertito con lui anche da avversario. Era un giocatore di grande talento, faceva bene alla gente e al calcio con il suo umorismo e il suo Fair Play. Mi ricordo dei bei momenti passati con lui. Aveva un grande talento, poteva fare di più ma se si è divertito va bene così. Conta la felicità”. Infine anche una battuta sull’italiano dello Special One, con alcune conferenze che sono ormai passate alla storia: “Mi sono preparato bene prima di venire in Italia. Ho avuto la fortuna di avere un professore di italiano innamorato del calcio: aveva la sensibilità di capire che stava insegnando l’italiano non a una persona ma a un allenatore che voleva imparare la lingua, che è una cosa diversa. Ho fatto lezioni per tre mesi, sei giorni alla settimana, per tre-quattro ore ogni giorno. E oltre all’italiano ho potuto imparare anche un pochino il milanese che mi ha fatto sentire un po’ uno di loro”.


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