Ibrahimovic, con l'aiuto di Io

Ibrahimovic, con l'aiuto di Io© Getty Images
Ivan Zazzaroni
3 min

«Se decido di tornare in Italia sarà solo per te» aveva promesso all’amico Sinisa. Più o meno la stessa cosa, cambiava solo la destinazione, 570 chilometri più a sud, aveva detto ad Ancelotti che sembrava interessato al futuro - certo, il futuro - di Ibrahimovic, trentotto a ottobre, l’ultimo anno e mezzo in California («adesso gli americani possono tornare a guardare il baseball», il suo addio ai Galaxy). 
 
Ma Milano... Già, Milano è Milano, a Milano Zlatan ha lasciato altri amici, Milano piace a Helena e insomma per un campione che vuole regalarsi altri diciotto mesi, pur se nel campionato della programmazione e delle garanzie un tanto al chilo, Milano e il Milan pesano assai più di Bologna e Napoli e giustificano qualche promessa buttata lì in un attimo di sconforto.

Ibra ha tutto il diritto di scegliere dove andare, e in un calcio, quale è il nostro, insopportabilmente ansioso che brucia progetti giovani e allenatori nel giro di pochi mesi e che sull’altare dei primi risultati può sacrificare altre figure professionali (Boban, Maldini) tutto è lecito, perfino mollare un centravanti polacco “pagato” soltanto pochi mesi prima 35 milioni (più i 18 dei 6 mesi di Higuaìn) per un fuoriclasse vicino ai quaranta in grado però di garantire nuove attenzioni al club e la personalità mancante a un gruppo appiattitosi su se stesso.

Il Milan ha bisogno di un immediato ritorno di “popolarità”, soprattutto nel momento in cui l’Inter mostra muscoli e risorse, per questo considera Ibra il guizzo imprevisto, il salto di registro praticabile. 
Ibra, l’Io svedese, si riavvicina al Milan proprio mentre Mourinho, il SuperIo portoghese, ritrova la panchina. Mou l’abbiamo visto commuoversi parlando della lunga e inaccettabile disoccupazione, e mi dicono che Zlatan soffrisse parecchio immaginandosi ex: anche il mattatore più strutturato non può restare senza un teatro, l’assenza del palco sul quale recitare la parte del fenomeno esalta le fragilità dell’uomo.

Fin qui ho trattato aspetti famigliari e psicologici; come capita sempre più spesso, oggi, ci si dimentica del calcio, o almeno di prenderne in considerazione la realtà tecnica secondo Napoli, Milano, Bologna, Ancelotti, Pioli, Mihajlovic. Sono vangeli diversi. Zlatan conosce a memoria “lo spirito di Sinisa” e un procuratore esperto potrebbe spiegargli il valore aggiunto della terza incognita, dirgli di Baggio e di Signori. Di Bologna: di un popolo razionale che non pretende nulla e ringrazia anche per poco. Un popolo verso il quale Pronto Soccorso Raiola potrebbe dirottare Kean, diciannove contro trentotto. 
 


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