Lukaku scoppia in lacrime e chiama Lautaro: la reazione per il ritorno all'Inter

Quando il suo avvocato Sebastien Ledure gli ha comunicato che era fatta per il suo rientro in nerazzurro, il belga si sarebbe messo a piangere: ecco che cosa è successo
Lukaku scoppia in lacrime e chiama Lautaro: la reazione per il ritorno all'Inter© Inter via Getty Images
Roberto Perrone
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La lunga strada del ritorno era cominciata a fine dicembre 2021 con l’intervista a Matteo Barzaghi. Forse Romelu Lukaku, il campione controvento, pensava che, trattandosi di Sky Italia, a Stamford Bridge non prendessero il satellite o, parlando in italiano, snobbassero il segnale che lui voleva mandare. Invece no, nel calcio si capisce tutto, soprattutto se chi spedisce una missiva sa esattamente quello che vuole comunicare ed è pronto ad assumersene le conseguenze, come le panchine a venire, le retrovie e la multa da un milione di euro che seguirono quelle parole lapidarie: «Non sono felice al Chelsea. Il mio addio dall’Inter non doveva svolgersi in quel modo, cioè come me me ne sono andato, come ho comunicato con i tifosi dell’Inter. Ho sempre detto di avere l’Inter nel cuore, so che ritornerò, lo spero proprio, ma non a fine carriera, prima».  

Lukaku il profeta

Profeta sia in patria che fuori, Romelu Lukaku ha percorso sempre la stessa strada, fin da ragazzino, una strada in salita, lastricata di rinunce, di privazioni, di una sfida continua al vento contrario. La penultima con Thomas Tuchel che, pure, non ne ha mai fatto una faccenda personale, ma solo squisitamente tecnica: «Lukaku non si è inserito nel nostro gioco». Un filosofo, l’allenatore tedesco del Chelsea, al punto da aggiungere: «Volevamo Lukaku e abbiamo investito su di lui, ma nel calcio non sempre si verifica quello che si desidera». A bilancio 115 milioni, la spesa del club, allora di Roman Abramovich. Più tanti soldi a Romelu. Ma i soldi non danno la felicità, in generale e nel calcio in particolare.

Lukaku, l'ultima sfida

L’ultima sfida (la prima della seconda campagna d’Italia) di Romelu Menama Lukaku Bolingoli, nato ad Anversa il 13 maggio del 1993, riguarderà proprio i tifosi, gli ultrà nerazzurri che, alle avvisaglie del clamoroso ritorno, gli hanno dedicato un lenzuolo non proprio amichevole, appeso davanti al Meazza: «Non conta chi con la pioggia scappa, conta chi nella tempesta resta. Ciao Romelu». Non lo contesteranno, ma il trasporto precedente, secondo loro, non è raggiungibile. Eppure dovrebbe colpirli l’indiscrezione secondo cui, quando il suo avvocato Sebastien Ledure gli ha comunicato che era fatta, Romelu sia scoppiato in lacrime e che, esaurita la commozione, abbia subito telefonato a Lautaro Martinez per rinverdire la fratellanza offensiva.  
Lacrime di chi torna a casa. Milano è il luogo dove si è trovato meglio, perché l’Inter, per Romelu Menama Lukaku Bolingoli, è il posto giusto per coniugare la passione per il calcio con l’accoglienza umana. Lukaku è l’altra faccia di Cristiano Ronaldo, meno esasperato nel perfezionismo, ma allo stesso modo attento alla preparazione, alla cura/crescita di se stesso: già da ragazzo continua ad allenarsi da solo, oltre l’orario “di lavoro”, per migliorare dribbling, scatti, tiri. Sente di dover imparare. Così l’italiano diviene la sua quinta lingua quando il fratello Jordan va alla Lazio e lui si abbona a Sky Italia per seguire le sue partite.  

Inter, la promessa di Lukaku

La sua dedizione alla squadra nasce dalla dedizione alla famiglia, dalle promesse (“staremo bene, non saremo più poveri”) fatte a mamma Adolphine, a cui aveva giurato, quando lei allungava il latte con l’acqua o la scaldava in un pentolino per lavargli i capelli, quando i topi facevano capolino nell’appartamento di famiglia, dove, dopo una certa ora, non si vedeva più nulla perché avevano tagliato l’elettricità per le bollette non pagate, che nulla di tutto questo si sarebbe ripetuto. Vuole famiglia ed amici sempre con sé, ora, perché all’inizio della sua carriera, quando a undici anni era già un colosso di uno e novanta per 85 chili e gli avversari credevano che i suoi documenti fossero taroccati, la famiglia non lo poteva seguire in trasferta. Non c’era un’auto tra i beni di casa Lukaku. Adesso, il garage della sua villa americana di Beverly Hills, ospita Bentley, Rolls Royce e e tutto il meglio della produzione automobilistica.  
Lo hanno soprannominato “Rocky”, all’inizio della sua storia calcistica, quando prendeva a pugni le porte delle altre squadre: 116 gol in 70 partite nelle giovanili dell’Anderlecht. Ma la sua forza non è solo fisica, non deriva solo dal desiderio rivalsa. La potenza è nulla senza controllo e Lukaku “è sempre stato sopportato da una mentalità eccezionale” ha spiegato Jean Kindermans, direttore del settore giovanile dell’Anderlecht.  

Mercato Inter, Lukaku ricomincia da Inzaghi

Comunque ama le battaglie che sa di poter vincere, come un condottiero che conosce la più pura arte della guerra. Controvento, ma con la convinzione che lo sforzo, alla fine, verrà premiato. A 16 anni è già un professionista: la prima sfida è vinta, lo stipendio per sostenere la famiglia corre, come lui dai banchi di scuola ai campi di calcio. Questa sua seconda Inter è veramente una tempesta da affrontare, con la barra a dritta, malgrado il vento contrario. Perché non c’è più Antonio Conte, l’allenatore che l’ha voluto per le sue caratteristiche tecniche, ma soprattutto perché era il soldato perfetto per lo stratega di Lecce: serio, poco appariscente, senza tatuaggi, senza una sovraesposizione sui social, astemio, cattolico (con pellegrinaggio a Lourdes nel curriculum). Su successo e soldi non si è mai spaparanzato. Li ha raggiunti per poterli dividere. «Mi dispiace che non ci sia più mio nonno, gli direi: vedi, tua figlia sta bene, abbiamo tutto, non dobbiamo più dormire sul pavimento». Con Simone Inzaghi dovrà ricominciare, ma non da zero. Da quella che lui considera casa. 


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