Dybala, c'è Joya anche senza Champions

DYBALA (Argentina/Roma)© Getty Images
Marco Evangelisti
5 min
TagsDybala

Inutile piangere sul mate versato. Paulo Dybala ha fatto la sua scelta mesi fa e non ha mai conosciuto rimpianti. Non gli stavano bene le esitazioni della Juventus nel concedergli un contratto all’altezza delle sue illusioni, della visione del mondo aurea e prospera tipica di chi ha trovato lavoro nel calcio di vertice, delle magnifiche sorti e progressive che chi cura i suoi interessi evidentemente gli annunciava. Come se il mondo non fosse cambiato già da prima della pandemia e non continuasse a cambiare moderandosi, aggiustandosi.  

La Juve, a sua volta, quella scelta ha condiviso con la massima serenità. Adesso però Dybala, delizia per gli occhi, creatore di calcio filigranato, Joya di vivere e di stupire, campione sì ma sempre in un suo stile personale, con i gol che sbocciano spontaneamente dalla pura bellezza del gesto senza dare mai l’impressione di essere cercati con la forza e il desiderio dei leader affamati, si ritrova allo scoperto. Nessuna squadra, nessun programma di vita che vada oltre la metà di questa estate. Come i filosofi presi per i fondelli dal razionale Cartesio: quelli che hanno abbattuto la propria casa di pensiero prima di averne completata un’altra. La luce guida per Dybala era emessa dall’Inter. Le frasi di Marotta sono uno schermo nero posto davanti alla lanterna. Non un taglio definitivo, più che altro un avvertimento: ci metto poco a farti restare al buio, se non capisci che devi concedermi il tempo per sistemare i miei affari e lo spazio per aggiustare le tue richieste alle mie razionali necessità.

 

L’Inter continua ad attrarre Dybala e Dybala continua a essere l’ingrediente che può rendere il gioco rapido di Inzaghi un piatto da concorso internazionale. Non saranno i trucchi verbali di Marotta, che pure è uomo d’onore, non sarà il dribbling del dirigente astuto tra le sottigliezze dell’italiano diplomatico a distruggere i sospiri di un corteggiamento avviato almeno all’inizio dell’anno. Dybala e l’Inter possono ancora incontrarsi, al limitare del bosco e alla fine dell’oscurità. Intanto sono, e noi con loro, incastrati in questo paradosso del giocatore sublime senza squadra, del piede sinistro di Dio che non trova una scarpa della misura giusta. E nessuno, in quest’epoca più incantata dalla cupezza che dalle gioie, può garantire sul lieto fine.  

Per carità: don’t cry for him, l’argentino. Qualcosa succederà, succede sempre. Anche questa stagione strizzata a fisarmonica dallo spiazzamento del Mondiale seminatalizio lascia ampi margini per i pentimenti e la salvezza delle anime e dei corpi. A prescindere dalle intenzioni esternate da Marotta, a prescindere dal modo in cui l’Inter riuscirà a smontare l’assembramento in attacco, a prescindere dal suono pieno o vuoto delle casse, Dybala non resterà solo. Napoli è abbagliante, Milano ha due facce, Manchester anche e almeno una, quella dello United, si è voltata a guardare che cosa sta succedendo. I campionati di maggior pregio sono ampi e pure più danarosi del nostro. Dybala alla fine troverà chi lo ama accettando il suo seguito intraprendente e le sue velleità poetiche. 

Deve soltanto rendersi conto di come sia ridotto oggi il pianeta surriscaldato e ferito nel quale vive. E pure che l’orizzonte è più ampio di quanto non si creda, che ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne possa contenere la Champions. Per esempio, esiste un posto dove lo hanno aspettato come il Grande Cocomero e ancora oggi ci vive un tale che qualcosa ha vinto, che sa persino perdere con una certa ironia e che si prenderebbe Dybala così com’è, con tutta la sua faccia e tutto il suo spirito di Peter Pan allergico alle regole. Un tale di nome Mourinho: al momento allena in una città che forse avete sentito nominare e che non è niente male, malgrado tutto.


© RIPRODUZIONE RISERVATA