TORINO - Quando le vacche erano grasse e vincere lo scudetto non bastava più a soddisfare i palati finissimi dei tifosi, la Juventus s’è ritrovata davanti a un bivio esistenziale: accontentarsi di ciò che aveva, cioè il dominio assoluto in Italia, oppure tentare di salire quell’ultimo gradino a livello internazionale tramite una sorta di rilancio che si sarebbe trasformato in azzardo soltanto in casi estremi. Così è arrivato Cristiano Ronaldo, il colpo del secolo, e dopo di lui il caso estremo, cioè la pandemia, capace di rovinare piani e bilanci, rendendo la ricostruzione a partire dai giovani della NextGen un’esigenza ancor prima che una scelta.
Juve, il monte ingaggi è super
Oggi la rosa della Juventus costa 126 milioni di euro lordi ed è ancora la più cara in Italia nonostante l’abbattimento progressivo del monte ingaggi, iniziato dalla dirigenza Agnelli e proseguito dalla nuova gestione Ferrero-Scanavino. Il parco giocatori della Signora, 4° in Serie A per valore economico dei cartellini e dunque legittimamente con la Champions (più che lo scudetto) come obiettivo nel mirino, è più oneroso di quello dell’Inter (119,5 milioni) neo campione d’Italia. Significa, semplificando ed estremizzando il concetto, che i calciatori guadagnano più di quanto meriterebbero. Un cortocircuito che spiega molto, se non tutto, della strategia di tagliare i costi che secondo i dirigenti sarebbe propedeutica al ritorno al successo. Nella stagione interrotta a causa del Covid, il roster bianconero toccò la cifra record di 260 milioni di euro di stipendi: da quel momento c’è stata una contrazione del 107%, alla quale hanno contribuito nell’ultima finestra estiva le uscite di Cuadrado, Bonucci, Paredes, Di Maria, Arthur e Zakaria.
I tagli previsti: ecco le scelte
L’operazione di sfoltimento è destinata a proseguire da luglio. Non a caso, in estate potrebbero esserci quattro uscite “pesanti”: Pogba, Milik, Rugani e Alex Sandro. Al primo, squalificato per 4 anni dal tribunale antidoping, verrà rescisso un contratto da 8 milioni netti a stagione già messo ai minimi sindacali. Milik, riscattato a giugno dal Marsiglia, si è rivelato decisivo con il gol che ha portato la Juve in finale di Coppa Italia ma in generale non ha brillato e finirà probabilmente sul mercato (guadagna 3,5 milioni a stagione), mentre i due difensori hanno il contratto in scadenza tra due mesi; e se il brasiliano (6 milioni netti) sa già che la propria esperienza terminerà, Rugani (3,5 come il polacco) conserva ancora la speranza di poter restare. Il centrale di Lucca è tra i migliori per rendimento e potrebbe anche accettare una riduzione dello stipendio: anche per questa ragione, se dovesse firmare un nuovo contratto, rientrerebbe nei parametri bianconeri. Con tre o quattro uscite, la Juve ridurrà di 30 o 35 milioni il proprio monte ingaggi, mantenendosi coerente con i tagli che hanno già fatto scendere la quota stipendi dai 160 del 2022 ai 126 milioni attuali, cioè di altri 34. La strategia del club è piuttosto chiara: immettere liquidità nelle casse per alzare la competitività della Juve ma contrarre al tempo stesso il costo del lavoro con tagli da 30-40 milioni l’anno almeno fino al 2025; una “dieta economica” necessaria per sistemare i conti e guardare al futuro con maggiore ottimismo.
Il nuovo Giuntoli
La trasformazione dell’uomo mercato dei bianconeri, nel frattempo, è in atto: da architetto del clamoroso scudetto del Napoli e da scopritore di talenti di mondi sconosciuti, Giuntoli si sta reinventando venditore e ottimizzatore di risorse. Mica facile, dato che la coperta resta corta da qualsiasi parte la si voglia tirare. Eppure l’investitura pubblica di Elkann, che nella lettera ai soci Exor ha citato il dirigente toscano come l’uomo «al quale è affidato il futuro della Juve», è un richiamo preciso a certe responsabilità. Un colpo arriverà, e sarà un colpo alla Koopmeiners o magari proprio Koop, ma oltre agli incassi di coppe e premi c’è solo un modo per rendere il mercato in entrata più succoso: tagliare per reinvestire.