INVIATO A CASTEL VOLTURNO - Otto anni fa, quando mise per la prima volta piede a Castel Volturno, Kalidou Koulibaly s’imbattè immediatamente in Rafa Benitez e in quel suo «accogliente» giochino: sul tavolo sparecchiato per l’occasione - e per la lezione - comparvero vari bicchieri, sfruttati per simulare i movimenti dei difensori ma anche quelli dei centrocampisti. Sono passate 314 partite e Koulibaly è rimasto umanamente se stesso, mentre il calciatore è diventato un gigante: quando parla, se ciò che dice, sa soprattutto come sussurrarlo, con quel candore e il rispetto che appartengono alla sua formazione culturale. Mentre il calcio sta entrando nella sua fase più «spassosa», quella della fiera dei sogni - nella quale girano tanti soldi e anche un pizzico di fantasia - Kalidou Koulibaly sa che non bisogna fingere e raschiando in cima alla propria anima, lancia attraverso Onze Mondial, un messaggio chiaro nel quale non c’è bisogno di andarci a leggere dentro. «Napoli è difficile da lasciare perché la volontà dei tifosi ha un peso e De Laurentiis tiene in considerazione la loro opinione: quando la gente non vuole che un calciatore vada via, il presidente cerca di accontentarli. E poi spesso il prezzo fissato dal club è troppo alto per alcune società. E comunque a me non piace andarmi a scontrare e se dovrò andarmene me ne andrò in modo pulito, senza litigare. Per il momento sono tranquillo e sto bene a Napoli ma vedremo cosa accadrà al termine della stagione».
Koulibaly e il Barcellona
Il mercato è un'incognita che sino ad ora è rimasto sostanzialmente lontano da Koulibaly, nonostante qualcosa sia successo in passato e che pensieri sparsi se ne siano raccolti nelle avances del Manchester United o del Psg: ma stavolta, con un contratto che evaporerà nel giugno del 2023 e la possibilità - si chiama anche «rischio» di poter perdere un patrimonio, la tentazione potrebbe spingere i pretendenti a rifarsi vivi: in Spagna, «Sport» l’ha toccata piano, nell’analisi del Barcellona che verrà: fotografia a tutta pagina, titolo racchiuso in uno strillo - Koulibaly - e sommario che non ha bisogno di traduzione: «Prioridad para el central». Tutto il resto è secondario. Koulibaly valeva, una volta, estate 2018, un centinaio di milioni di euro, adesso che va in scadenza ce ne potrebbero voler fisiologicamente di meno: «Non immaginavo di rimanere così a lungo quando sono arrivato, anche perché avevo offerte da alcuni club. Ma hanno deciso di tenermi: pochi giocatori hanno raggiunto questo obiettivo e per me è gratificante». Il Barcellona cerca un interprete moderno e autorevole di quel ruolo, ne sente il bisogno e Sport va oltre, ritiene KK la «ciliegina sulla torta per Xavi», che ha individuato nel senegalese il profilo ideale.
Napoli, idea Pjanic
Poi ci sono le congetture: Pjanic è un’idea spagnola per tracciare una parziale contropartita economica, ma il bosniaco viaggia su ingaggi che sono fuori dal budget del Napoli, come Umtiti e Lenglet, probabilmente, che invece nel passato sono stati trattati da Giuntoli, che per i due francesi avrebbe fatto fare sacrifici ad Adl in un passato non lontanissimo. Al Barça si guadagna e le divagazioni restano tali, mentre Koulibaly svela due segreti: il primo, riguarda il «Maradona» e quel miedo escenico in salsa partenopea che prende il Napoli in casa sua: «E’ difficile giocare in uno stadio che porta il nome di Diego, mette un po' di pressione, soprattutto perché quest'anno abbiamo fallito. Stiamo cercando di essere all'altezza del suo nome, di questo stadio e spero che il club abbia successo». Il secondo, è personale: «A scuola mi piaceva la matematica e, non avessi fatto il calciatore, mi sarebbe piaciuto lavorare nel settore bancario, contabile o assicurativo». Se ce n’è un terzo, si vedrà alla fine della stagione: i giorni volano.