È inutile disperdere energia per chiedersi: ma cosa potrebbe diventare una squadra così travolgente, se aggiungesse alla propria natura anche Ndombele, Raspadori e Navas? Perché Verona - a modo suo - lancia segnali sulla consistenza tecnica del Napoli, sulla sua verticalità, sulla intelligenza viva di chi c’era e sull’esuberanza di chi invece è arrivato, sulla bontà di un progetto che, pur dovendo rinunciare a Koulibaly, Insigne e Mertens (volendo, anche Ospina) - procede in scioltezza, con la semplicità dell’uno-due che serve per spaccare le linee, per palleggiare ad oltranza, per arricchire il personalissimo vocabolario di altro.
Il Napoli di Spalletti s’è portato appresso tutto ciò che sapeva (a memoria), ha ripetuto i concetti base del suo calcio, l’ha addobbato qua e là attraverso la rielaborazione del tridente e infine l’ha ingrossato di ulteriore personalità: una partita, una sola, non può indurre in tentazioni, ma è sufficiente per adagiarsi nelle riflessioni che saranno indispensabili in queste due ultime settimane di mercato. Fuori dalle griglie, dalle letture estive che restano romanzi ancora privi d’epilogo, il Napoli si trascina il proprio vissuto, ciò che Spalletti gli ha restituito dopo l’inferno dell’estate scorsa, ha subito una rivoluzione e ha lasciato che gli scivolasse addosso, si è ripreso ciò che aveva perduto (un Lobotka e un Lozano da ammirare in silenzio) e si è resto conto che gli manca poco, quasi niente, per completare la propria idea e la sua stessa identità: che giochi con il 4-3-3, che eventualmente viri di nuovo nel 4-2-3-1, è persino un dettaglio da battigia, un chiacchiericcio che va via alla prima tenera ondata, nella quale rotolarsi.
Però il Napoli deve adesso saper scegliere, quindi decidersi, sfruttare tutto ciò che ha (ri)costruito ed esaltarlo attraverso le rifiniture che ha già intravisto qua e là, dentro visioni che tracciano un orizzonte. Perché non vale neanche la pena starsene lì a chiedersi come ed in cosa potrebbe trasformarsi il Napoli di Spalletti aggiungendoci i muscoli, centimetri ed un talento spregiudicato e persino «eversivo»: certo, sarebbe come spargere dubbi negli altri e (forse) ulteriori certezze in se stesso. Perché rompere con il passato non vuol dire assolutamente negarsi il futuro.