L’ attesa e il silenzio generano per definizione speranze e congetture. Quale Roma sta nascendo? Quale Roma si può effettivamente immaginare? A pochi giorni dal raduno della squadra, che si allenerà per una settimana a Trigoria con il caldo come nemico, nessuna risposta può avere il peso di una sentenza. Vale anche per le altre squadre, certo. Il Milan ha appena vinto lo scudetto ma sta perdendo un giocatore dietro l’altro perché frenato dalla transizione societaria. Impossibile non notarlo. Come è impossibile ignorare che finora le nostre società si siano mosse solo su prestiti o svincolati. Ma nessuno a parte la Roma ha un allenatore che si chiama José Mourinho, programmato per andare contro i programmi: lui può adattarsi, evidentemente, ma «posso essere più o meno contento nel restare» a seconda della squadra che la proprietà e la dirigenza sapranno mettergli a disposizione.
Le idee geniali di Mourinho
Mourinho è un genio quando lancia Zalewski che fatica a giocare nella Primavera ma nello stesso tempo chiede giocatori pronti per combattere la sua battaglia: quella per la vittoria che passi attraverso la strada più rapida. Si potrebbe raccontarla come una verticalità progettuale. La sua chiarezza espositiva, garbata nei toni riservati ai Friedkin e addirittura a chi li rappresenta in sede di mercato, svela la richiesta ineludibile di assecondarne gli istinti agonistici: datemi un gruppo come dico io, io poi cambio la storia. L’arrivo di Matic, centrocampista di 34 anni che la Roma non avrebbe mai preso (né potuto prendere) senza Mourinho, è un rinforzo per la squadra e per la centralità decisionale che Mourinho esige. Così come Abraham e Rui Patricio, i migliori acquisti della precedente campagna, erano riconducibili (quasi) esclusivamente all’allenatore. Però questo è solo un inizio. Come la notte di Tirana è stato l’inizio. Se la Roma ha investito su Mourinho, è in un certo senso obbligata ad assecondarlo nelle ambizioni. Non significa prendere Cristiano Ronaldo, che Mourinho magari nemmeno vorrebbe in casa, ma significa seguirne fedelmente le indicazioni, parametrandole alla «sostenibilità» sbandierata dai Friedkin.
Le richieste di Mourinho alla Roma
In questi giorni di siccità, in cui il mercato sembra la metafora dell’emergenza nazionale, Mourinho aspetta un calciatore che forse la Roma non ritiene così indispensabile: una seconda punta alla Dybala, capace di migliorare la qualità offensiva e aumentare il potenziale realizzativo del gruppo. D’altra parte, con il caso Zaniolo da risolvere e un organico pingue, la società ha il dovere di guardare oltre alle necessità immediate per garantire un equilibrio duraturo. E così si sta concentrando su investimenti razionali, tipo il turco Celik che diventerà una buona alternativa sulla fascia destra, o Frattesi, ieri caduto in una disavventura hot sui social, elemento cresciuto nel vivaio e appetibile se il Sassuolo scende nelle richieste. La sintesi di due forze uguali e contrarie, come sempre, può facilitare il raggiungimento di una via di mezzo efficiente.
Mourinho preme sui Friedkin
Mourinho freme, legittimamente, per alzare l’asticella e non deludere i tifosi. Ma sa dal principio - e lo ha detto, sempre - che la Roma non gli può regalare in due sessioni di mercato un roster da scudetto. Non lo pretende. Pretende però di avvicinarsi al vertice e di tornare in fretta in Champions League. Ora tocca ai Friedkin, che non parlano mai in pubblico ma in privato sono interlocutori costanti dell’allenatore, creare le premesse per una crescita ulteriore, graduale e costante. Non ci sono alternative, quando chiami il fuoriclasse della panchina. Mourinho è garanzia di rendimento, di titoli, di felicità, a patto di dirigere un’orchestra di musicisti che suonino le sue note.