Roma, Belotti l'antidivo in cerca di rivalsa

Grande personalità e carattere: è un maniaco del lavoro e della fatica. Ha scelto Mourinho per ritrovare il legame viscerale con il gol
Roma, Belotti l'antidivo in cerca di rivalsa© Getty Images
Andrea Antonioli
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«Belotti? Mi piace che voglia venire così tanto alla Roma». Così José Mourinho, qualche giorno fa, aveva benedetto l’arrivo di Andrea Belotti. In un’epoca in cui si (s)parla di percorsi, progetti e spartiti, identificati puntualmente con il dogma del “bel gioco”, lo Special One non aveva parlato di caratteristiche bensì di carattere. È questo che Mourinho pretende dalla Roma, personalità: uomini prima che giocatori, che facciano sentire tutto il proprio peso in campo e siano capaci di vincere le partite di testa ancor prima che di gamba.

Belotti perfezionista

Non è una ragione solo tecnica quella per cui José ha voluto l’attaccante del Torino, e da qui forse bisogna partire per parlare del suo approdo in giallorosso, dall’uomo Belotti: un “perfezionista”, per sua stessa ammissione, maniaco del lavoro, della fatica e del sudore, cresciuto dal padre con l’insegnamento aureo per cui «se non esci dal campo stanco morto, non hai dato tutto»; un antidivo umile e figlio di gente umile, religioso ed ex chierichetto, radicato tanto da fregarsene delle ricche offerte arrivate dall’estero pur di farsi valere in patria, in un progetto in cui crede. Sono le motivazioni ad aver fatto la differenza, per lui e per la Roma, e anche la volontà di giocarsi probabilmente l’ultima grande possibilità della carriera; a quasi 29 anni Belotti è ormai un giocatore maturo, in cerca di rivalsa dopo anni difficili segnati da alti e bassi, da infortuni e da una lenta ma inesorabile rottura con il Torino. Ecco perché nella Capitale già si chiedono che giocatore sarà: se quello a tinte opache degli ultimi tempi o il bomber straripante che Cairo non avrebbe venduto per “meno di 100 milioni”, capace di caricarsi la squadra sulle spalle e inventarsi gol letteralmente da solo. Una forza della natura che faceva la differenza non tecnicamente o tatticamente ma fisicamente, di intensità e di grinta; un attaccante col fiuto del gol e dai colpi spettacolari, ma che per rendere al meglio ha sempre avuto bisogno di essere straripante, esplosivo, di sopraffare con il corpo gli avversari.

Roma, Belotti al veleno

D’altronde lo sappiamo: Andrea Belotti non è calciatore di fioretto, arrivato per dialogare nello stretto con Dybala, Pellegrini, Abraham, Wijnaldum (quando tornerà). Ma a Roma sperano sia ancora quello di Palermo che «c’aveva il veleno addosso e si allenava sempre a mille all’ora», per citare il suo vecchio mister Gattuso, il quale lo paragonava per quest’attitudine addirittura a Shevchenko - idolo dell’ex 9 del Torino. Una punta di sfondamento con cui andare in guerra, la stessa guerra che Mourinho in campo tanto ama, che spesso ricerca e dichiara, ma che per essere fatta necessita degli uomini migliori. Belotti sarà fondamentale quando bisognerà lottare, contrastare, saltare, scattare; quando Mourinho darà indicazione di buttare la palla lunga, con buona pace degli esteti ed estetisti nel pallone, e avrà bisogno di qualcuno col pugnale tra i denti che faccia salire la squadra. Ma Belotti a Roma dovrà anche segnare, ritrovare quel legame viscerale con il gol che lui stesso descriveva così: «Non bisogna mai smettere di segnare, mai: devi creare un rapporto di sangue con il gol, il gol è tutto, anche un gol di culo è sempre un gol». Musica, per le orecchie del suo machiavellico allenatore.


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