Impresa Real, Ancelotti è il più vincente del reame

Si giocherà la Champions a 19 anni  dalla prima volta: fedele ai suoi  principi, si contrappone a mode e santoni: la quinta finale lo colloca tra i grandissimi di tutti i tempi
Ancelotti (all.) 8,5 
Non può essere solo fortuna se la squadra, con i suoi cambi, ribalta ancora una volta una partita impossibile.© EPA
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Pallone delle mie brame, chi è l'allenatore più forte del reame? La domanda risuona potente dopo l'incredibile vittoria del Real Madrid sul Manchester City. Carlo Ancelotti sarà il primo allenatore della storia a disputare per cinque volte quella che possiamo considerare la partita più importante dell'anno: la finale di Champions. Ma non basta a dirimere la controversia, soprattutto in tempi in cui il risultato non ha la stessa centralità di un tempo. Basti pensare a Rangnick o a Pochettino considerati allenatori importanti anche se nella loro carriera non hanno vinto praticamente niente.

Ancelotti e gli altri

Il tema lo coglie al volo Massimiliano Allegri toscanaccio di riviera cui non manca la lingua tagliente: «A Carlo devo fare i complimenti perché ha fatto qualcosa di straordinario. Sono contento per lui, perché è stato molto criticato perché non è un allenatore di moda, nonostante abbia vinto tanto. Ma come dico sempre: le mode passano, i classici rimangono. Carlo è un classico, come i vestiti blu e i vestiti grigi. Non si può che ammirarlo. Per lui deve essere stata una soddisfazione immensa vincere 5 campionati in 5 paesi diversi e ora ha la possibilità di vincere 4 Champions. Bisogna solo fargli i complimenti». E il tema è proprio questo. Il calcio di moda. Ancelotti non solo giocherà la quinta finale di Champions, ma la giocherà diciannove anni dopo la prima. Nel 2003, quando sconfisse ai rigori la Juventus di Lippi (altro gigante), non esistevano la mania del possesso palla né gli expected goals. Nessuno avrebbe mai immaginato che il calcio sarebbe stato spiegato con trattati di trigonometria. Men che meno che qualcuno si sarebbe messo a contare i passaggi inutili tra calciatori. In questa vera e propria rivoluzione culturale che ha trasformato l'idea di calcio, Ancelotti è rimasto fedele a due-tre caposaldi che lo rendono vintage o affascinante a seconda dei punti di vista. La prima è che per lui, nel calcio si attacca e si difende; quindi la priorità del risultato, che oggi può essere considerata un vero e proprio affronto; e infine il suo principio base: la primazia della persona sul calciatore che invece è sempre più considerato un tecnico specializzato al servizio delle idee degli allenatori-guru. Ancelotti è uno di quelli che non sta a dirti che dietro un modo di battere una punizione c'è una diversa concezione della vita. Gli scapperebbe da ridere. Non ha fondato una sua scuola. Non può essere considerato un Rinus Michels né un Arrigo Sacchi ma nemmeno un Nereo Rocco. I primi due sono veri e propri santoni del football moderno. Hanno creato l'Ajax e l'Olanda del calcio totale, e il grande Milan che sconfisse Maradona e fece cinque gol al Real Madrid. Squadre che erano zeppe di campioni. Difficilmente Michels sarebbe passato alla storia senza Cruyff, così come Sacchi senza Baresi, Maldini, Gullit, Van Basten (e lo stesso Ancelotti). Di Carlo, invece, si ricordano prima i calciatori. Chissà perché. Forse perché ci pensa lui a non alimentare il culto della personalità. Va in sala stampa e dice: «Sono contento di essere dipendente da Benzema». Perché non è la stessa cosa se giochi con Van Basten o con Lupetto Mannari. È la tradizione da contrapporre al profeta del calcio contemporaneo che è Guardiola. La sconfitta dell'altra sera è stata un duro colpo per i suoi seguaci. Guida da sei anni il club che investe di più in Europa. Hanno speso 117 milioni di euro per Grealish che di fatto fa la riserva. Eppure Pep nelle Coppe oltre una finale di Champions non è mai andato. Qualsiasi altro sarebbe stato massacrato. Non lui. Chissà cosa ne avrebbe pensato Brian Clough , un signore che alla fine degli anni Settanta portò il Nottingham Forest a vincere due Coppe dei Campioni consecutive. Lo aveva preso in Serie B e vinse il campionato (l'unico della storia del club) da neopromosso. È arduo non citarlo quando si parla degli allenatori più forti di tutti i tempi. Ci sarebbe poi Trapattoni tecnico profondamente stimato da Ancelotti. O Zidane che di Champions ne ha vinte tre di fila. O Capello che del tecnico di Reggiolo parla sempre bene. Carlo ha il merito di essere tutti questi messi assieme. Non ha un suo calcio. I più disperati gli dicono che ha culo. Lui sorride e annuisce. Perciò è il più grande di tutti.

 


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