Champions, per noi delizia e croce

Champions, per noi delizia e croce© EPA
Alberto Polverosi
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La Champions è quella cosa che a noi italiani fa stare bene e male al tempo stesso. Bene perché, nella fase finale, godiamo quasi sempre del più grande spettacolo calcistico del mondo con disincanto, senza intossicazioni da tifo. Male per lo stesso motivo, perché questo meraviglioso torneo ci restituisce per intero e senza sconti la dimensione attuale del nostro calcio. Prima ci infiamma, poi ci rattrista. Da oltre un decennio le nostre squadre lo abbandonano talvolta agli ottavi (se non prima), quando va bene ai quarti, quando va benissimo in semifinale e solo due volte, dal 2010 a oggi, siamo arrivati in finale. Dall’anno dell’Inter (2010) è diventata la Champions delle spagnole, delle inglesi e del Bayern. Per dire, il club più ricco del mondo, il Psg, è arrivato in finale (perdendo) solo una volta, nel 2020.

Così adesso, guardando la prima giornata, ci assalgono già pesanti timori: Napoli-Liverpool, Paris Saint Germain-Juventus e Inter-Bayern Monaco, possiamo sentirci relativamente tranquilli solo col Milan a Salisburgo. Poi magari non andrà come temiamo e allora sarà festa grande, ci sembrerà un po’ strano e un po’ esaltante. Senza farsi troppe illusioni, i gironi sono il nostro sintetico campionato europeo. Basta ricordare quanto ha detto giorni fa Allegri: «La nostra partita non è col Psg, ma col Benfica». Ci battiamo per il secondo posto, che comunque basta e avanza per passare agli ottavi. E se ci arrivano tutt’e quattro, per il calcio italiano è già una bella soddisfazione.

Sarà una Champions tutta di corsa, si parte oggi e i gironi si chiudono il 2 novembre, sei partite in 58 giorni per colpa del mondiale in Qatar. Non ci sarà un attimo di pausa, come per i campionati nazionali. Si gioca questa settimana e anche la prossima, diminuiranno i giorni per recuperare eventuali infortunati, entreremo (e in parte ci siamo già entrati) in una specie di frullatore di pallone, faticheremo a capire pregi e difetti delle squadre, usciremo storditi da questo ritmo che non permetterà nemmeno alle grandi di mantenersi su alti livelli di spettacolo. Favorita è la squadra del miglior allenatore del mondo, il Real Madrid di Carlo Ancelotti, l’unico capace di dare spettacolo difendendosi e ripartendo. Un calcio molto italiano portato ai livelli più alto dai giocatori del più alto livello. Ma quest’anno il suo antico nemico calcistico, Pep Guardiola, incapace di ripetere col Bayern e col City le imprese europee realizzate col Barcellona di Xavi, Iniesta e Messi, avrà a disposizione un’arma in più, il vichingo Haaland. Il Real, invece, ha perso una certezza come Casemiro e acquistato un ventiduenne, Tchouameni, per metterlo in quel ruolo, ben sapendo che la sua forza sta in due straordinari over 30, l’ex Pallone d’Oro Modric e il futuro Pallone d’Oro Benzema.

Alle spalle di Real e City, c’è questo gruppetto in agguato: Liverpool (anche se non sembra ancora al massimo della condizione), Psg, Chelsea e Atletico Madrid. Ancora più dietro possiamo inserire le prime due italiane, le milanesi, insieme al Barcellona e a una sorpresa come il Tottenham di Conte. Non si è mosso Mbappé (altrimenti la candidatura del Real Madrid sarebbe stata ancora più pesante) e questo dà forza ai parigini, tutti si aspettano l’exploit di Haaland, l’esplosione dell’uruguayano Nunez nel Liverpool, di Manè nel Bayern e di Sterling nel Chelsea. Ma sotto questo profilo anche le italiane hanno qualcosa da mostrare in Europa: Leao, prima di tutti, poi Lautaro Martinez, Osimhen e Vlahovic. Qualche grande giocatore è ancora in Italia.

Dopo averci fatto divertire per più di un decennio, non godremo in questa edizione del duello diventato storico fra Ronaldo e Messi. Resta solo l’argentino e anche se pure per lui siamo ai titoli finali, chissà come si sentirà Cristiano a guardarlo davanti alla tv.


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