Il primo gol, ma guarda un po’, arrivò dagli undici metri: Piotr Zielinski, all’alba della sua carriera da rigorista, andò sul dischetto, si sistemò il ciuffo e spiazzò Alisson ma pure il Liverpool. E l’ultimo, il 25esimo, che sta ancora lì nell’aria e s’avverte, il Napoli se lo è goduto con le stesse modalità: cosa volete che siano undici metri, anche se a Glasgow hai sbagliato due volte? E pure con l’Eintracht, per gradire, Zielinski ha preso il pallone, l’ha sistemato in cima ai proprio pensieri e però stavolta, per non rischiare, quando Trapp s’è disteso, l’ha messa centrale. C’è una squadra che in Europa riesce a mettere d’accordo Klopp e Guardiola, che fa del calcio un poster incantevole, che lo sublima verticalmente e l’esalta con l’unica, plastica acrobazia dell’anima: e alla venticinquesima sfumatura d’azzurro, mentre intorno s’ode il rumore (?) delle palline nell’urna, forse qualcuno starà chiedendo, alzando gli occhi al cielo, d’evitare questo ciclone chiamato Napoli.
La macchina perfetta
Non si segnano venticinque gol in otto partite se non hai un algoritmo che Luciano Spalletti s’è inventato ad arte per te, la sua creatura prefetta, che ha mostri sacri là davanti, è vero, ma anche uomini speciali altrove: segnano in tanti (11), praticamente tutti, e c’è chi esagera come Zielinski, Simeone, Raspadori e Osimhen (che ne hanno fatti quattro), c’è chi va oltre (come Di Lorenzo, che sta a due) e chi si accontenta delle briciole della gloria, perché vuoi mettere farlo in quella atmosfera magica?
Il rullo
Venticinque reti costringono Klopp a dirne una che sa di sentenza («chi vuole vincere la Champions dovrà batterlo») e Guardiola a mostrarsi ammirato da quel manifesto moderno («forse è la squadra più forte in Europa, in termini di gioco»): ma la sintesi, brutalmente abbagliante, è nelle statistiche, che hanno un senso, certo che sì, e sistemano dentro ad un bignami la forza esplosiva d’una squadra da applauso. Venticinque gol significano due in più del Benfica, con il City (il City) che sta tre dietro, Bayern e Real a quattro e il resto disperso, come nel campionato italiano, dove l’attacco schiacciante ne ha fatti sessanta ed oltre ai 18 punti in classifica ha pure sistemato l’abisso dall’Inter, che sta a -17 reti, un puntino nerazzurro che si smarrisce nell’immensità.
Osi in the world
Questa è una squadra no limits, almeno così sembra, crea emozioni ed Expected Goals, disegna sogni, costruisce parabole, ne ha fatti complessivamente 87 e dunque si prenota per quota cento, con quel centravanti contro il quale pare non ci sia mai un domani: «Vogliamo regalare gioia ai tifosi, che qui sono incredibili. Io non so cosa mi riserverà il futuro, ma sono profondamente grato al Napoli e a fine stagione ci siederemo con il club e con i miei agenti e troveremo la soluzione migliore». È un Napoli che agita l’Europa della Champions League dopo aver anestetizzato e praticamente conquistato l’Italia, è una squadra ch’è la sintesi della felicità espressa da un Osimhen sfacciato su Sport1: «Credo di essere attualmente uno dei più forti attaccanti al Mondo. Ma ho ancora margini di miglioramento». Tremate!