Inter, la finale si vince in dieci metri

Il baricentro del City è a 55,5 metri  l’Inter si ferma a 46,1: i giocatori di Pep si lasciano alle spalle uno spazio ampio che Lautaro e Dzeko possono aggredire
Inter, la finale si vince in dieci metri
Ettore Intorcia
5 min

S e si fossero cercati su Tinder, Pep e Simone si sarebbero trovati in un istante, match del 100%, compatibilità perfetta. A uno piace il possesso palla, in modo maniacale, compulsivo. L’altro accetta volentieri, quando serve, un copione diverso: resistere e ripartire, nella convinzione che dopo tutto la palla ti serva soltanto per provare a buttarla dentro. Che il City sia favorito lo dicono il buon senso e pure le quota dei bookmaker, Guardiola si metta l’animo in pace: non è un giochino che piace agli italiani per mettere pressione agli avversari. Ma esiste un modo per misurare numericamente la differenza tra le due squadre? Un metodo geometrico c’è, e suggerisce anche una possibile chiave di lettura della sfida dell’Ataturk: City-Inter si può decidere in dieci metri. 

City-Inter e la geometria

Qualche punto in comune e alcune differenze significative nelle caratteristiche mostrate dalle due squadre nel loro percorso fino a Istanbul. In campo sono compatte, riducendo il più possibile la distanza tra le linee: il City - nelle definizioni di Opta - è una squadra “molto corta”, in media tra difesa e attacco passano 32,7 metri, rispetto ai 34,6 dell’Inter. Più o meno equivalenti i due assetti come capacità di sfruttare l’ampiezza (47,6 metri la larghezza dei nerazzurri in campo; 45,9 quella degli inglesi). Fin qui i tratti in comune. Poi, appunto, si apre quel solco largo quasi dieci metri che fa del City, nel complesso, una squadra più alta, più aggressiva, più propensa a correre dei rischi aumentando lo spazio da coprire alle spalle della linea difensiva. Uno spazio nel quale Dzeko e Lautaro dovranno buttarsi ogni volta che possono confidando nella verticalizzazione giusta. Il baricentro della squadra di Guardiola è definito “alto”, siamo sui 55,5 metri: un’attitudine a giocare stabilmente nella metà campo avversaria col maggior numero di giocatori di movimento. L’Inter ha un baricentro “molto basso”, 46,1 metri. La difesa del Pep rischia ovviamente di più cercando il fuorigioco già sui 28,5 metri; i tre angeli di Onana fanno qualche passo indietro, provano a mettere in offside gli attaccanti avversari sui 20,8 metri. E siccome domani sera dovranno tenere a bada Haaland, è legittimo attendersi un atteggiamento ancora più prudente per non esporsi alle verticalizzazioni dei campioni della Premier. Attendere e ripartire? L’Inter sa farlo bene e per questo non esaspera la fase di recupero palla, stando “bassa” (32,5 metri) rispetto al City (42) che anche in questo caso sta dieci metri più avanti.

La metamorfosi di Guardiola

. Anche se i principi del suo calcio sono ancora gli stessi che avevano ispirato il Barcellona dei triplete, il City 2022-23 rappresenta un’evoluzione significativa del suo percorso di adattamento - dopo la parentesi al Bayern - ai gusti degli spettatori della Premier, che vogliono più ritmo e verticalità. L’arrivo di Haaland è stato il catalizzatore che ha accelerato questo fenomeno, dal momento che il teorico del “è lo spazio il centravanti” si è ritrovato tra le mani un centravanti spaziale capace finora di segnare 52 gol in 52 partite, in tutti i modi, anche e soprattutto quelli impossibili. Per reggere il peso di Haaland in fase di non possesso, Pep è tornato alle origini con una difesa a tre, dopo essere passato per una linea a quattro composta in realtà da marcatori, senza terzini; all’occorrenza facendo scalare anche Rodri in mezzo ai due centrali nei momenti di massima pressione. In condizioni normali, ora è invece Stones ad agire stabilmente più avanti al fianco di Rodri, lasciando dietro un trio che domani sera dovrebbe giocare con questa configurazione: Walker, Ruben Dias e Akanji al posto di Aké. Quando costruisce, il City lo fa partendo dai tre dietro e dai due mediani davanti alla difesa, provando a sfruttare la disposizione su quattro linee per avere più soluzioni di passaggio. Fermo restando che ora c’è una soluzione ulteriore: il lancio lungo per Haaland e l’attacco della profondità. Punti deboli? Le statistiche suggeriscono una certa vulnerabilità, con i tagli da destra e le imbucate alle spalle di Akanji o Aké: un varco nel quale dovranno provare a infilarsi anche Dumfries e Barella.


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