Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Sami Khedira sta sciogliendo le riserve sul suo futuro all'esterno del terreno di gioco. Preso il "patentino" da allenatore, studia per diventare un professionista affidabile anche dietro una scrivania. Ai microfoni del quotidiano spagnolo As, il centrocampista tedesco ha ripercorso una carriera costellata di successi, tra Real Madrid, Juventus e nazionale di appartenenza, senza dimenticare gli inizi e chiamate speciali come quella di José Mourinho. Fu proprio lo Special One a portarlo in Spagna.
Khedira e il rapporto con Mourinho: "Aveva un'aura speciale"
Leader silenzioso e vincente, Sami Khedira ha più volte dimostrato di essere un centrocampista completo, in grado di alzare in maniera sensibile il livello delle squadre in cui ha militato. Anche uno come lui, però, non si aspettava la prestigiosa chiamata del Real Madrid nel 2010: "In effetti, pensavo fosse uno scherzo - ha ammesso ad As -. Ero devastato perché avevamo appena perso la semifinale della Coppa del Mondo 2010 contro la Spagna e il giorno dopo ho ricevuto quella chiamata. Pensavo volessero tirarmi su il morale e allora mi sono chiesto: cosa vogliono esattamente da me il Real Madrid e Mourinho? Non avrei mai immaginato che avrebbe cambiato la mia vita come è successo alla fine, è stato un sogno diventato realtà. A poco a poco ho cominciato a rendermi conto della dimensione, non mi sembrava reale. Ma sì, lo era".
E proprio il rapporto con José Mourinho nasconde retroscena speciali: "Ricordo che mi rifiutavo di parlargli al telefono perché il mio inglese in quel momento non era il massimo. Avevo un enorme rispetto per lui, a quel tempo era il miglior allenatore del mondo. E alla fine mi ha scritto. È un peccato che non preservi quel messaggio, se così fosse lo inquadrerebbe. La dice lunga su di lui il fatto che, ancora oggi, non impieghi più di due o tre minuti per rispondere a un messaggio. Con Ancelotti e Allegri succede la stessa cosa. Ma Mourinho aveva un’aura speciale, sapeva motivare le persone e portarle dalla sua parte come nessun altro. Devo ammettere che Pep, anche se allora era nostro nemico, è eccezionale anche per il suo modo di intendere e interpretare il calcio. Quello che succede con Mourinho è che non ti fa maturare solo come calciatore, ma soprattutto come persona. Con lui ho imparato cosa significa essere leader a tutti gli effetti".