Nico Gonzalez, un leader autentico, una città che sogna

Leggi il commento sulla partita di Conference League tra Fiorentina e Rapid Vienna
Alberto Polverosi
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Il sospiro che si è alzato dal Franchi lo hanno sentito da Fiesole a Scandicci, dalle colline alla piana. Un sospirone uscito dal cuore e dalla pancia di uno stadio che ha sofferto fino agli ultimi istanti di una partita giocata con lo stesso cuore della sua gente, ma anche con la testa, con la qualità, la rabbia e l’orgoglio. Più che una vittoria, più che una qualificazione, è stata una liberazione. Si potevano solo immaginare i problemi, la quantità dei problemi, che avrebbero sommerso la Fiorentina in caso di eliminazione. E invece i viola sono di nuovo dentro una coppa, con merito nonostante la partita fasulla di Vienna. Non era facile giocare con quella pressione addosso, un gol da rimontare con giocatori non ancora al massimo della condizione (Nzola, Dodo, Biraghi), contro una squadra che stava bene fisicamente, con una manovra che nei primi 20 minuti faticava ad affiorare. Ma ora sappiamo qual è stata la più grande operazione di questo mercato della Fiorentina: la rinuncia ai 40 milioni del Brentford per Nico Gonzalez. Si è messo sulle spalle il 10 e la squadra, ha onorato la maglia e portato i compagni per il secondo anno consecutivo in Conference League. Un 10 vero che ha giocato una partita vera, come aveva chiesto il nostro giornale alla vigilia. Un 10 che ha tecnica e temperamento, un trascinatore che fa un calcio raffinato. Due gol, la rimonta. E il secondo, a pochi istanti dal 90', era il rigore più difficile della sua carriera. Ci sarebbero stati i supplementari se lo avesse sbagliato, altra fatica, altro sudore, altra tensione nella settimana che porta alla sfida di San Siro contro l’Inter. In un attimo, Gonzalez doveva raffreddare il motore e riprendere lucidità, mica facile in quel momento. Fra andata e ritorno non è stata una passeggiata di salute e del resto i play-off non lo erano stati nemmeno nell’edizione scorsa contro il Twente. Ma se l’organico è cambiato (ora è più ricco), se il gioco ha preso altre strade (per la presenza di un regista come Arthur), il carattere e la voglia di questa squadra sembrano le stesse di un anno fa, quando la Fiorentina ha giocato 60 partite con due finali. La qualificazione di ieri sera può diventare la promessa di un’altra stagione da protagonista.


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