Inginocchiarsi oppure no, la libertà di testimoniare

Il commento del condirettore del Corriere dello Sport-Stadio
Inginocchiarsi oppure no, la libertà di testimoniare
Alessandro Barbano
3 min

"S’inginocchino tutti", ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, in tivù. "Siamo tutti contrari al razzismo, anche chi non s’inginocchia", hanno risposto gli azzurri, ricordandogli che ci sono molti modi, e diversi, per fare una battaglia di libertà, mentre ce n’è uno solo per negarla: pretendere che tutti aderiscano a un comportamento imposto come un dogma. C’è in questo botta e risposta il dramma di un dibattito pubblico che ha smesso di essere una cosa seria e si è trasformato in una grottesca caricatura. Dove anche il dolore, figlio delle gravi discriminazioni del nostro tempo, si declina in un conformismo dolciastro o, peggio, in una pedagogia buona per i burattini.

"Se si mettono d’accordo sugli schemi di gioco, si mettano d’accordo anche sulla scelta di inginocchiarsi", ha aggiunto Letta, con un’equazione di cui si fa fatica a comprendere la logica. Che c’entra l’armonia del gioco con l’uniformità del giudizio? Che c’entra la prestazione sportiva con una testimonianza civile rimessa unicamente alla coscienza individuale?

Diciamo la verità, c’è una brutta aria attorno ai diritti. Li si imbraccia come una bandiera, ma poi li si vuole imporre con il bastone che sorregge la tela sventolante. Le condanne hanno preso il posto dell’esempio, il conformismo coatto quello della persuasione. Con la loro replica, gli azzurri hanno detto forte e chiaro che a questo intruppamento non ci stanno: "Aderire o no a una forma di protesta, per quanto simbolica, come quella di uno dei movimenti - hanno spiegato - non vuol dire ignorare la lotta la razzismo, sulla quale siamo tutti impegnati".

È una rivendicazione di autonomia intellettuale di cui si sente tanto il bisogno, in tempi in cui la lotta alle discriminazioni registra una drammatica confusione: se in Ungheria si perseguita chi parla di omosessualità, nel resto dell’Europa c’è chi vorrebbe condannare chi la critica. La giusta battaglia per i diritti civili rischia di trasformarsi in un settarismo che ne è la negazione. E che crede di affermare l’emancipazione mettendo chi non si adegua nella lista dei proscritti. Lo sport è da sempre una straordinaria arma di protesta e di ribellione contro l’arbitrio e le prevaricazioni di ogni potere. A patto che siano gli atleti a scegliere se e quando adoperarla. Gli azzurri siano liberi di parlarci di libertà nel modo che desiderano. Con le parole e i gesti che trovano, ma anche semplicemente con i loro gol. 


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