Italia, non succede, ma se succede 2

Ivan Zazzaroni
4 min

Dimmi che è vero, caro lettore. Dimmi che abbiamo battuto i primi del mondo, e lo sono da tre anni. Dimmi che siamo semifinalisti dell’Europeo, tra i primi quattro del Continente, noi che soltanto tre anni fa eravamo i grandi esclusi da tutto. E dimmi anche che abbiamo fatto fuori Lukaku e De Bruyne e spedito in vacanza Roberto Martinez con la faccia da antipatico e le sopracciglia strappate a zio Bergomi. Dimmi, anzi ricordami che trascorreremo altri quattro giorni da sogno, da qui a martedì, ancora dentro l’evento, ancora protagonisti. Poi sarà di nuovo Wembley, e sarà la Spagna.

Abbiamo fatto la nostra partita per un tempo, il primo. Abbiamo segnato due gol, subìto un rigore inesistente e ripenso ai commenti di chi lo giudicava “generoso”: il rigore non può, né deve essere generoso. O è rigore o non lo è: e la spinta di Di Lorenzo su Doku che, per inciso, ci ha fatto impazzire per 98 minuti, non era punibile. La ripresa è stata solo sofferenza tra i due momenti in cui abbiamo abbracciato non solo virtualmente Spinazzola: la prima volta quando con un colpo di chiappa ha evitato il pareggio dei belgi, la seconda quando ha lasciato il campo tra le lacrime, lui che è un gioiello di cristallo. Una perdita grave, gravissima.

Non so spiegarvi il segreto di questa Nazionale. Non sono più in grado di farlo. La prima cosa che mi viene in mente è una parola: unità. È una squadra unita: divide per undici ogni istante della partita, vedendola lottare si respira solidarietà, voglia di fare. Ma insieme, sempre insieme. E poi, certo, è anche tanto altro. Non siamo i più forti, ma questo Europeo non è per i più forti. Siamo solidi: il livello non è peraltro elevatissimo, non ci sono distanze tecniche insuperabili.

Donnarumma e Chiellini i migliori, ieri sera. Barella e Insigne gli uomini che hanno firmato l’impresa. Non si sono distinite altre individualità. La semifinale è purissima crema, un obiettivo che andrebbe goduto pienamente: viene voglia di accontentarsi, ma dopo aver visto la Spagna andare in difficoltà tanto con la Croazia quanto con la Svizzera, sarebbe sciocco porsi dei limiti. E adesso tutti a letto dopo i caroselli.

Mou, Special Reset

La foto dalla collina della sua Setubal, poi il messaggio inviato prima dell’imbarco: «Roma, sto arrivando». Tanti tifosi, specie i più giovani, hanno seguito il volo, miglia dopo miglia, grazie a una app. Lo sbarco a Ciampino con tanto di dirette e post dedicati. La sciarpa giallorossa prima stirata con le braccia per mostrarla a chi l’aveva atteso per ore, infine al collo. Un altro video, dall’auto sulla quale ha raggiunto Trigoria. Dove, dal terrazzo pontificio, Papa Daje ha saluto centinaia di fedeli che intonavano cori: «José, José». Social e cuori invasi da Mourinho. La Roma non aveva mai avuto un tecnico così mediaticamente potente, capace di riempire di sé la vigilia di una partita che interessava l’intero Paese.

Oggi non bisogna chiedersi cosa potrà dare Mou, più opportuno riflettere su quello che ha già fatto: ha cancellato i brutti ricordi e i molti personaggi dimenticabili degli ultimi anni della Roma, come uno straordinario reset umano. Ha portato serietà. I complimenti più sinceri alla comunicazione della Roma e alla Lega calcio che hanno scelto il giorno sbagliato, quello di Italia-Belgio, per offrirci rispettivamente le prime parole dello Special e l’introduzione del calendario asimmetrico, una novità storica: il girone d’andata e quello di ritorno usciranno da due distinti sorteggi. Della serie: le scelte giuste vengono dall’esperienza, e l’esperienza viene dalle scelte sbagliate.


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