La strategia dell’attenzione (non succede, ma se succede 3)

La strategia dell’attenzione (non succede, ma se succede 3)© LAPRESSE
Ivan Zazzaroni
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Siamo i primi a desiderare che Italia-Inghilterra sia una partita pulita, vera, bella, solo calcio e vinca il migliore, cioè noi. In questo mese, grazie agli azzurri, abbiamo riempito con soddisfazione centinaia di pagine: mai - ripeto, mai - abbiamo parlato di complotti. Altri ci hanno dato dei complottisti, ed è tutto un altro viaggio. Ci siamo esclusivamente limitati a segnalare alcune (troppe) incongruenze, designazioni arbitrali sospette o provocatorie, percorsi facilitati, ritrovandoci alla fine in eccellente compagnia: francesi (l’Equipe), spagnoli (il popolare El Chiringuito e non solo) e belgi (il selezionatore Roberto Martinez) hanno condiviso le nostre opinioni.

Ci sono stati colleghi che un giorno hanno avanzato pesanti insinuazioni e il giorno dopo hanno tirato indietro, e altri - come Sconcerti - che all’improvviso sono andati contro la storia e le logiche distorte dello sport. Mario lo ringrazierò sempre, perché offre spunti interessantissimi staccandosi dal piattume generale. Ieri, però, si è spinto un po’ troppo in là, impartendo una lezioncina a chi - come noi e altri - solo basandosi sui fatti aveva elencato perplessità e lanciato allarmi: venerdì lo stesso giornale sul quale scrive aveva peraltro sottolineato gli aspetti più controversi del torneo.

La storia del calcio europeo e mondiale è piena (anche) di politica, di alleanze, di tradimenti, di errori cercati, di corrotti, di interessi milionari. Il Mondiale del ’78, o dei generali, fu tra i più scandalosi. Quello del ‘66 in Inghilterra viene ricordato per un pallone mai entrato che decise la finale a favore degli inglesi. Dimenticarsi di Byron Moreno in Giappone-Corea non è semplice per Trapattoni, e se nel ’94 non fossero intervenute le “aspirazioni” del Brasile Maradona non sarebbe stato “tradito” dalla Fifa e quell’Argentina avrebbe raggiunto la finale di Pasadena: Diego era dopato in Australia nell’autunno ’93 (io c’ero) per lo spareggio, in quel momento però gli organizzatori americani lo volevano a tutti i costi al Mondiale.

Che a Euro 2020 gli inglesi abbiano avuto la strada in discesa è certo. E che dopo il caso Superlega italiani e spagnoli non godano della simpatia dell’Uefa, a differenza di Boris Johnson, lo è altrettanto.

«Forse l’arbitro di Inghilterra-Danimarca ha sbagliato» ha scritto Sconcerti «ma non basta questo per pensare che domenica ne troveremo un altro ancora più dalla parte inglese. Dovrebbe esserci un complotto per far piacere a chi è uscito dall’Europa e alla nazione che aveva più club a organizzare la Superlega? Oppure pensiamo a una corruzione spicciola con decine di implicati? Un furto in diretta tv con due miliardi di testimoni previsti. Una generazione di dirigenti europei coinvolti, quindi segnati per sempre, da un’operazione mafiosa così attesa, così prevedibile, così popolare che nessun professionista serio della corruzione accetterebbe mai. E poi, scusate, non si può scrivere sessanta pagine al giorno su un evento, dedicargli ore e ore di televisione, incassare fior di pubblicità, scendere a milioni nelle strade e poi raccontarsi che tanto vince l’Inghilterra perché si sa, il calcio è così. Non è onesto, è stupido».

Ripeto che non abbiamo mai parlato di complotto, ma posto l’attenzione su un paio di designazioni per l’Italia (Taylor e Vincic), oltre a quella dell’arbitro Makkelie per la semifinale, poiché aveva fatto male tutto l’Europeo. Non serve una generazione di dirigenti per favorire questa o quella squadra: ne basta uno. E le sessanta pagine al giorno si riempiono senza per questo essere complici: il giornalista ha il dovere di informare e evidenziare le cose che non vanno, mi meraviglio che a firmare certe cose sia stato Mario: con lui ho lavorato per anni e lo considero un formidabile cacciatore di verità anche scomode. Aggiungo che nessuno ha scritto che tanto vince l’Inghilterra: solo che il Grande Cetriolo era apparso nei cieli di Londra.

La colpa non è dovunque: è di chi crede che il calcio-business sia un mondo di vergini e che dopo decine di scandali, non tutti al sole, occorra raccontare che Cristo è morto dal freddo.

Ma poi, Caro Mario, vogliamo rileggere - negli archivi - certe storie di Euro ‘68, sì, quando vincemmo noi, ospiti dell’evento? Mica per scandalizzarci, anzi, per divertirci quando alcuni nostri maestri raccontarono, fra l’altro, la storia di quella monetina che l’arbitro lanciò al San Paolo, non sul campo, nello spogliatoio, e prim’ancora che toccasse terra pare che l’angelico Facchetti gridò vittoria. Battemmo l’Urss. Napoli gioì, Roma fece il resto. Favola, leggenda. La Pravda e la Novosti ne parlarono a lungo.


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