Le scelte diaboliche di Rosetti

Le scelte diaboliche di Rosetti© ANSA
Giancarlo Dotto
3 min

Come complicarsi la vita quando proprio non se ne sente il bisogno. Roberto Rosetti, detto Bobby Pink da chiunque voglia sdrammatizzare la sua veste istituzionale e sentirlo uno di noi, deve avere preso un master a Londra o a Torino, la sua città, in questa materia. Quanto meno dimostra uno speciale e un po’ perverso talento.

Dopo aver seminato dubbi pruriginosi e francamente evitabili con la designazione dell’inglese Anthony Taylor per Italia-Austria, replica scodellando un connazionale di Ceferin, lo sloveno Slavko Vincic, per il quarto molto ma molto scabroso di domani con il Belgio. Domanda molto retorica : era proprio necessario? Seconda domanda per niente retorica: ci fai o ci sei? Anche da arbitro, Rosetti, super intelligente come quasi tutti i torinesi, tendeva a strafare per eccesso di virtù. Cassano gli fece le corna e forse un pernacchio, noi gli facciamo una semplice (terza) domanda: quanto è diabolico perseverare? Tu che peraltro nasci nella città dove Belzebù è una star degli itinerari turistici.

Mi spedisci prima un signore di Manchester ad arbitrare gli azzurri in pieno calor bianco dei rapporti tra Inghilterra e Italia, a poche ore dalle (legittimamente) dubbiose parole di Mario Draghi sull’opportunità di giocare a Wembley semifinali e finale, in piena espansione della variante delta. Arbitro top, capace e al massimo della forma, la replica di Rosetti. Ma come ci arriva al dunque la testa di questo “top referee” con tutta la gazzarra che lo precede? Questo è il tema, almeno fino a che non manderanno i robot a arbitrare. Nessun errore pacchiano di Taylor, il Var lo protegge dalla concessione di un gol fasullo, ma certo si vede per novanta minuti un fischietto nervoso e non a suo agio.

Accantonata la gaffe inglese, non pago, mi torni alla carica, Rosetti, con un connazionale di Ceferin, il boss Uefa, uno che, al di là della collaudata amicizia con Boris Johnson, ha giurato vendetta tremenda vendetta ai potentati del calcio italiano, a cominciare dalla famiglia Agnelli. Nominando per di più un arbitro già chiacchierato di suo, uscito prosciolto da storiacce a dir poco turpi di donne, armi e droghe, puntualmente rimesse in circolo nell’occasione.

Designazioni o provocazioni? Ipotesi più plausibile, esibizioni muscolari di un super partes. Non si alimenta la fiamma quando l’unica cosa da mettere sulla graticola è roba da fumi tossici. Non è in gioco qui la teoria del sospetto, ma l’inevitabile meccanica dei cattivi pensieri. Due storie completamente diverse. Quando avremo 6 pagine a disposizione ne parleremo. 


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