Pavel Nedved, la furia ceca biancoceleste

Con la Lazio ha vinto due titoli in Europa e cinque in Italia: un suo gol decise la finale di Coppa delle Coppe 1998-99 contro il Maiorca di Cuper
Pavel Nedved, la furia ceca biancoceleste
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L’estate del 1972 è indimenticabile, nella buona e nella cattiva sorte. Inizia con il tentativo di spionaggio ai danni del Partito democratico statunitense all’Hotel Watergate di Washington e si conclude con il massacro delle Olimpiadi di Monaco. Intanto, Eddy Merckx fa doppietta Giro-Tour e Pietro Mennea diventa primatista europeo dei 100 metri piani. È l’estate in cui un sub romano ritrova casualmente due bronzi del V secolo a.C. in un fiume accanto a Riace e in cui “Il Padrino” esce nelle sale cinematografiche italiane. Il 30 agosto, a quattro anni di distanza dalla Primavera di Praga, a 170 km dalla capitale della Cecoslovacchia nasce un ragazzo pigro che però non riesce a stare mai fermo, un cristallo di Boemia prestato allo sport. Il suo nome è Pavel Nedved.

 NON FERMARSI - L’estro risplende negli occhi di ghiaccio, potenza e precisione si fondono in un tocco magico, in uno scatto che squarcia le partite. È un fuoriclasse: affetta il campo, lavora gli avversari ai fianchi ed esplode dritto in area di rigore. Tutto questo sta dietro a un muro, quello sul quale Pavel si esercita tutti i giorni. Dentro casa e fuori, indifferentemente di destro o di sinistro. La tecnica base la impara dal padre, un modesto giocatore di seconda divisione: il figlio di Vaclav la affina, passando intere giornate a calciare il pallone su quel muro. Cresce nelle giovanili dello Skalná e del Cheb: corre e lavora. In campo e sui banchi. Studia e corre. Non si ferma. Non molla mai. Il Dukla Praga lo chiama: Pavel ottiene il diploma di ragioniere e fa l’esordio tra i professionisti. I compagni di squadra, la sera, dopo l’allenamento vanno in discoteca. Pavel rimane in campo a calciare, a correre. I giocatori del Dukla sono infastiditi dalla sua dedizione: dopo un anno passa allo Sparta, nel palcoscenico più importante dell’appena nata Repubblica Ceca. Per mettersi in mostra serve lavorare: Nedved è uno stacanovista, ma un allenatore poco attento si accorge che il ragazzo ha i polmoni d’acciaio, nient’altro. Esorta Pavel a smettere col pallone, meglio darsi all’atletica. Il calcio, però, è l’orgoglio di famiglia e nel vocabolario della famiglia Nedved il verbo ‘mollare’ non esiste. Sputa sangue e corre per ogni centimetro del campo, arriva a vincere da protagonista tre titoli nazionali e una Coppa di Lega. Zdenek Zeman, boemo come il cristallo, invita il presidente della Lazio a comprarlo, ma dopo Euro ‘96 tutti vogliono Pavel Nedved. 

 

EUROPA - La Repubblica Ceca si arrende solo in finale alla Germania, decisivo il Golden gol di Oliver Bierhoff. I giocatori tornano in patria accolti come eroi, ma Pavel non ci resta tanto: Zeman l’ha convinto a giocare per la Lazio. Nedved è subito titolare e determinante: 38 presenze e 10 reti nella stagione 1996-97. L’allenatore, però, viene esonerato e finisce dai cugini della Roma. Questa volta non convince Pavel a cambiare sponda del Tevere e Sven Göran Eriksson ha bisogno di tempo per valutare il centrocampista ceco. Non lo conosce abbastanza, ma il duro lavoro paga. L’orgoglio esce fuori e la furia si scatena in campo. L’anno successivo segna 15 gol e lascia l’impronta in ogni partita. Non leva mai la gamba, è aggressivo nei contrasti. Ha tanto cuore ed è altruista coi compagni. È talmente forte che la sua presenza dà fastidio a chiunque, squadra e tifosi avversari. È un vincente, ha la testa per puntare sempre al massimo e ottenere ancora di più. Arriva il primo trofeo, la Coppa Italia. La Lazio può così giocare in Europa e acquista due animali d’area di rigore: Marcelo Salas e Christian Vieri. Intanto Nedved si regala il secondo titolo biancoceleste, segnando contro la Juve in Supercoppa italiana. A metà maggio si decide la stagione: perde il treno per lo scudetto, ma è in finale in Coppa delle Coppe. La decide Pavel, con una perla. I titoli europei non finiscono: la stagione successiva vince la Supercoppa UEFA contro il Manchester United. La tavola è apparecchiata per il Tricolore, che arriva grazie al gol di Calori nel diluvio di Perugia il 14 maggio 2000. Nedved è al top e lo dimostra anche quando si trasferisce alla Juventus: nella bacheca personale un Pallone d’Oro e un’ammonizione troppo pesante.


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