Squadre da leggenda: il Porto campione d’Europa 1986-87

Fu il primo successo in Coppa dei Campioni per i Dragoes. Madjer, soprannominato "il tacco di Allah", e Juary, ex Avellino e Inter, firmarono la rimonta in finale contro il Bayern Monaco
Squadre da leggenda: il Porto campione d’Europa 1986-87
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Un gesto ribelle. Un lampo spontaneo di ispirazione anche irregolare. Il colpo di tacco di Rabah Madjer, la stella dell’Algeria eliminata al Mondiale del 1982 solo dal “biscotto” tra Austria e Germania Ovest, nella finale di Coppa dei Campioni del 1986-87 ha cambiato la storia di due squadre. Ha fatto la fortuna dei vincitori, il Porto di Artur Jorge, una squadra portoghese atipica, dal calcio veloce e dai ritmi decisi. Ha segnato la svolta degli sconfitti, il Bayern Monaco senza stelle che da quella lezione ha cominciato ad aprirsi al mondo e a diventare un club decisamente internazionale. 

IL CAMMINO - Il sorteggio abbina al secondo turno Juventus e Real Madrid e la Steaua Bucarest, campione in carica, all’Anderlecht: rumeni e bianconeri chiudono così l’esperienza europea. I belgi cadono contro il Bayern nei quarti. In semifinale i tedeschi eliminano il Real Madrid che crolla all’Olympiastadion: le merengues perdono la partita e la testa su un rigore dubbio concesso ai tedeschi e finiscono in nove. Al ritorno, la legge del Bernabeu non basta a salvare il Real. Il Porto, che in pochi considerano all’inizio tra le candidate al titolo o alla finale, procede a fari spenti, contro avversari non certo indimenticabili: i maltesi del Rabat Ajax al primo turno, poi i cecoslovacchi del Vitkovice e i danesi del Bröndby nei quarti. In semifinale la doppia vittoria sulla Dinamo Kiev di Lobanovski, ex colonnello dell’Armata Rossa che cambiò il calcio sovietico, si innesta sui gol di due dei simboli di quel Porto: Fernando Gomes e il giovane Paulo Futre.

LE STELLE - Gomes, che segna il gol del doppio vantaggio al ritorno a Kiev e di fatto chiude la partita, è il vero bomber di casa. Nato a Oporto, ha segnato 125 gol in 158 partite al Porto tra 1974 e 1980. Partecipa da protagonista al titolo del 1979, il primo in vent’anni, poi per un paio di stagioni, tra il 1980 e il 1982, si sposta alla Sporting Gijon. Torna, vince la Scarpa d’Oro nel 1983 e nel 1985, spinge il Porto alla finale di Coppa delle Coppe nel 1984 persa contro la Juventus, e alla prima, storica, in Coppa dei Campioni. Ma un infortunio alla gamba gli impedisce di sfidare il Bayern. Così in attacco parte il solo Futre, l’enfant prodige del calcio portoghese, uno dei primi acquisti dell’era Jorge, iniziata nel 1984. Arrivato dallo Sporting Lisbona che gli ha rifiutato un miglioramento dell’ingaggio, nasce come ala sinistra con un talento che fa subito scattare paragoni con Diego Maradona. 

LA FINALE - Anche il Bayern arriva alla finale di Vienna, il 27 maggio 1987, senza il capitano, il libero Klaus Augenthaler, che è squalificato. «Quando siamo entrati in campo e abbiamo visto il Bayern, con quei grandi nomi, Matthaus, Rummenigge, a quel punto mi sono sentito un po’ bloccato» ha raccontato Madjer al sito dell’Uefa. Rummenigge però non era il grande Karl-Heinz protagonista all’Inter, ma il più giovane e calcisticamente meno nobile fratello Michael. Il primo tempo è di marca tedesca. Al 25’ il centrocampista portoghese Jaime Magalhaes prolunga di testa una rimessa di Hans Pflugler. La palla finisce dalle parti della svelta ala sinistra Ludwig Kogl, arrivato al Bayern tre anni prima dai rivali cittadini del Monaco 1860 per 70 mila marchi. Cresciuto pochi chilometri a sud di Monaco, Kogl sblocca la finale con uno dei pochi, forse l’unico, colpo di testa in tuffo della sua carriera. Il 4-5-1 iniziale del Porto non paga. I terzini restano bloccati, il fraseggio è troppo stretto, Futre davanti rimane troppo isolato contro i tre centrali tedeschi. Nell’intervallo, Artur Jorge azzecca la mossa che cambia la partita: inserisce Juary, il brasiliano che ha fatto innamorare Avellino per due stagioni ballando intorno alla bandierina del calcio d’angolo a ogni gol. Dopo stagioni deludenti, anche per problemi fisici, all’Inter, all’Ascoli e alla Cremonese, è passato al Porto. Il suo ingresso in campo permette alla squadra di Jorge di passare al 4-4-2. Madjer e Juary evidenziano i punti deboli della difesa tedesca, una squadra senza stelle a parte il pittoresco portiere belga Jean-Marie Pfaff.

IL TACCO PIÙ CELEBRE - Finiti i cambi, Madjer si sente libero di osare. Comincia a giocare più avanti, a interpretare in maniera molto personale le istruzioni del tecnico. Il Bayern va in confusione e a 13 minuti dalla fine il Porto pareggia. Cross di Juary, Madjer ha la palla dietro ma reagisce d’istinto, di memoria muscolare: colpo di tacco e 1-1. «Per 80 minuti siamo stati campioni d’Europa, poi abbiamo buttato via tutto» ammetterà Matthaus, accusato anche dal suo stesso allenatore di non essere un leader, di essere la causa della sconfitta. Due minuti dopo, Madjer ricambia. Il cross da sinistra è pennellato per Juary che anticipa Pfaff e completa la rimonta. Per la prima volta nella sua storia, il Porto è campione d’Europa. Quella stessa notte, la squadra rientra con un volo privato. Ci vorranno ore per uscire dall’aeroporto stracolmo di tifosi. Quella vittoria è un momento di riscatto per tutta la città.


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