Rui Costa, fantasia al potere tra Fiorentina e Milan

Arrivato in viola nell'estate 1994, si fa amare fin da subito. Vincerà tutto con i rossoneri di Ancelotti
Rui Costa, fantasia al potere tra Fiorentina e Milan
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Un talento precoce dotato di una classe e un’eleganza sopraffina che gli hanno consentito di diventare uno dei più grandi calciatori portoghesi di sempre. A scoprire Manuel Rui Costa fu proprio Eusebio, che fino all’avvento di Luis Figo, Cristiano Ronaldo e appunto Rui Costa, è senza dubbio il calciatore lusitano più forte della storia. Rui Costa è fantasia al potere, ma un potere di solide realtà. Il gusto per i ricami, i colpi di tacco e di suola, si piega alla funzionalità del quadro d'insieme. Il pallone lo vuole sempre, lo cerca come i bambini che ci vedono la via per la felicità, e poi lo conduce a testa alta, sicuro di non perderlo.

La consacrazione al Benfica e l'approdo in viola

Otto stagioni nelle giovanili del Benfica, seguite da un prestito al Fafe e dalla consacrazione nella prima squadra delle Aquile, con cui conquista campionato e Coppa di Portogallo, lo rendono pronto per il grande salto. Cercato anche dal Barcellona, è il presidente della Fiorentina Vittorio Cecchi Gori ad acquistarlo per 11 miliardi di lire nel mercato estivo 1994. Nella Viola si adatta con estrema facilità al campionato italiano, a soli 22 anni si destreggia già in maniera divina, ispirando Batistuta con il quale nasce un’amicizia che andrà ben oltre le sublimi giocate in campo. Archivia il primo campionato con 9 reti. Seguono altre sei stagioni in cui incanta il Franchi e tutta la Serie A. Diventa un campione di fama mondiale e nel frattempo, oltre alla casacca viola, veste il numero 10 della nazionale portoghese con cui, a fine carriera, avrà accumulato 94 presenze e 26 reti. Nel 1996 arrivano i suoi primi trofei in Italia: la Fiorentina torna a vincere dopo 21 anni conquistando Coppa Italia e Supercoppa Italiana. Per un traguardo del genere servivano giocatori del calibro di Rui Costa e Batistuta. Questa fantastica coppia dura fino al 2000, anno in cui il “Re Leone” saluta tutti per andare a vincere lo scudetto con la Roma. Manuel non si perde d’animo, eredita dall’argentino la fascia di capitano e guida i gigliati alla conquista di un’altra Coppa Italia. La crisi finanziaria lo allontana da Firenze: è vicinissimo alla Lazio, ma arriva la chiamata di Adriano Galliani che, convinto da Shevchenko, lo porta al Milan per 85 miliardi. Nella città dei Medici era arrivato da “Principino”, ma in sette anni lascia da “Re” in seguito a 276 partite disputate condite da 50 marcature.

Il Milan

Per il campionato 2001-2002, tre tasselli fondamentali si aggiungono allo scacchiere a disposizione di Fatih Terim – allenatore che Manuel aveva apprezzato già nella sua ultima stagione in viola –. Arrivano Pirlo, Pippo Inzaghi e, appunto, Rui Costa. L’allenatore turco dura poco a Milano, l’arrivo di Carlo Ancelotti sulla panchina rossonera a inizio novembre rappresenta la svolta per gli anni a venire della società, significa l’apertura di un ciclo ricco di trofei. Il fantasista portoghese viene schierato alle spalle delle due punte e continua a predicare calcio. Nel 2002-2003 sale sul tetto d’Europa vincendo la Champions League, alla quale seguono Coppa Italia e Supercoppa Europea. Nella finale di Monaco, Rui Costa si trova davanti il Porto di José Mourinho, trionfatore in Coppa Uefa. L’aria di derby lo ispira: dal suo destro magico parte l’assist per il colpo di testa decisivo di Shevchenko. Nell’anno seguente porta a casa il suo primo campionato di Serie A e la Supercoppa Italiana. Il 2004 potrebbe chiudersi con la ciliegina sulla torta, ma la Grecia scrive una delle più incredibili favole della storia del calcio trionfando nella finale dell’Europeo. A Lisbona, nella sua città natale, il Portogallo cade tra l’incredulità generale del mondo del calcio. Altre due annate in rossonero, prima di tornare a casa per chiudere la carriera al Benfica. Nella sua ultima stagione, incrocia il Milan da avversario in Champions League e San Siro lo accoglie con gratitudine e apprezzamento, non solo per le giocate regalate in campo ma anche per la grande professionalità dimostrata e per le belle parole spese al momento dell’addio: “Il Milan ti entra nelle vene e non ne esce più. Chi ha avuto la fortuna, come me, di vivere la Famiglia del Milan non dimentica”.

 


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