Fabio Cannavaro, 27 anni fa il suo esordio in Serie A

Il 7 marzo 1993, il difensore debuttava nel massimo campionato nella sfida contro la Juventus con la maglia del Napoli addosso. L'inizio di una carriera strepitosa che lo ha condotto sino al trionfo mondiale e alla vittoria del Pallone d'Oro 2006
Fabio Cannavaro, 27 anni fa il suo esordio in Serie A
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Uno scugnizzo cresciuto a Napoli ammirando e vivendo in prima persona le gesta di Diego Armando Maradona, il Pibe de Oro argentino che ha fatto grande la squadra azzurra. Fabio Cannavaro, mentre El Diez infiamma il San Paolo, svolge il ruolo di raccattapalle e nel frattempo ruba con gli occhi dal suo idolo Ciro Ferrara. Il destino di Cannavaro si legge proprio in quegli occhi, che nella loro iride riflettono un azzurro cristallino nel quale è scritto un futuro lucente. I sogni del giovane scugnizzo si avverano il 7 marzo 1993: dopo quattro anni nel settore giovanile, debutta nella massima serie formando la coppia difensiva proprio al fianco di Ciro Ferrara. Quel giorno gli azzurri allenati da Ottavio Bianchi escono sconfitti dal Delle Alpi con un rocambolesco 4-3. La stagione 1992-93 si conclude con un’altra sola presenza: a credere definitivamente in lui è proprio Marcello Lippi, l’emergente allenatore viareggino approdato sulla panchina del Napoli, con cui Fabio scriverà la più bella favola della sua carriera, una storia ovviamente a “dolcissime” tinte azzurre. Lippi ci vede lungo e risponde in maniera negativa alla richiesta di prestito dell’Acireale per il suo gioiello. Cannavaro a soli 20 anni diventa titolare del Napoli e a fine stagione, nonostante il sesto posto centrato, gli azzurri concludono il campionato con uno dei migliori reparti arretrati della Serie A.

Due volte campione d'Europa con l'Under 21 

Le sue convincenti prestazioni attirano l’interesse del ct dell’Under 21. Quel Cesare Maldini dal quale Fabio può solo imparare. Un giorno l’allenatore gli dice: “ Il difensore che fa rimbalzare il pallone per terra è un uomo morto”. Questa frase viene ben recepita dal ragazzo che farà dell’anticipo e degli interventi spettacolari un suo marchio di fabbrica, una caratteristica che lo renderà un difensore più unico che raro. Addirittura qualche tempo dopo affermerà: “Esaltiamo giustamente i numeri 10 del calcio, quelli capaci di inventare la giocata che non ti aspetti. Maradona su tutti. E per il difensore quale diventa la scelta migliore? Se a un campione del genere arriva il pallone, è difficile poi controllarne la giocata. Meglio prevenirla, ma per far questo bisogna ragionare come il fuoriclasse: lui pensa prima che il pallone arrivi. Ecco, io cerco di leggere le giocate prima, per anticiparle. Anche questa è arte”. Qui inizia la seconda avventura azzurra di Cannavaro, quella più longeva e trionfale, che lo porterà a diventare il primatista assoluto per presenze con l’Italia, prima di essere superato dal suo amico e compagno Gigi Buffon. Nel 1995, a causa della crisi societaria, lascia Napoli per approdare al Parma. Lo fa già da campione d’Europa con l’Under 21, in seguito alla vittoria in Francia contro il Portogallo di Luis Figo. La Francia si legherà saldamente alle avventure (e disavventure) di Cannavaro in Nazionale. Nel 1996 ecco il bis contro la Spagna di Mendieta e Raul, con tanto di riconoscimento come miglior calciatore del torneo.

L'esordio con la Nazionale maggiore

È arrivato il momento di fare il salto tra i grandi: Cesare Maldini passa ad allenare la Nazionale maggiore e ovviamente affida a Fabio una maglia da titolare. L’esordio si materializza il 22 gennaio 1997, quando in una gara amichevole subentra al posto di Costacurta. Mentre il battesimo da titolare arriva tre settimane più tardi nel Tempio di Wembley, nella gara valida per le qualificazioni mondiali contro l’Inghilterra, risolta dal più inglese degli azzurri: l’attaccante del Chelsea Gianfranco Zola. L’Italia non prende gol, anche perché in difesa accanto a Fabio ci sono Maldini e, ironia della sorte, quel Ciro Ferrara, suo idolo da bambino e ora compagno di reparto in azzurro. Alle porte ci sono le gare di qualificazione ai Mondiali di Francia ’98, partite che Cannavaro gioca stabilmente da titolare. Il match da incorniciare – anche se con esito negativo per via dell’uscita da quella competizione ai rigori proprio contro i transalpini – è l’ottavo di finale del Mondiale, in cui Fabio è più forte anche della gomitata dell’attaccante francese Guivarc’h: nonostante i quattro punti di sutura applicati all’intervallo, è il migliore in campo. Les Bleus regalano un’altra delusione al difensore azzurro la notte del 2 luglio 2000, quando l’Italia perde la finale dell’Europeo solo nei tempi supplementari, in seguito al golden goal siglato da Trezeguet. Dopo gli scottanti mondiali di Korea e Giappone, in cui l’Italia esce agli ottavi contro i coreani, più che a causa della propria prestazione, per le invenzioni dell’arbitro Byron Moreno  (anche se quella gara Cannavaro la salta per squalifica), eredita la fascia di capitano da Paolo Maldini e nel 2004 ritrova Lippi come ct azzurro.

Sul tetto del mondo

Finalmente è arrivato il momento di chiudere una “sfida infinita” contro i francesi: l’occasione è l’atto finale del Mondiale di Germania. Lo scugnizzo è diventato grande, gioca un torneo esemplare: iconico il doppio anticipo nella semifinale contro i padroni di casa, accompagnato dall’urlo di Caressa: “Arriva il pallone, lo mette fuori CANNAVARO, poi ancora insiste Podolsky, CANNAVARO-CANNAVARO, via il contropiede con Totti…", che apre la ripartenza per il 2-0 firmato da Del Piero e che porta l’Italia a Berlino. Gli azzurri non subiscono neanche una rete su azione e Fabio, da protagonista assoluto e capitano, alza la coppa del Mondo, dopo un’avvincente finale risolta ai calci di rigore con il sigillo decisivo di Fabio Grosso. Quell’anno il capitano azzurro viene premiato con il Pallone d’Oro e con il Fifa World Player, due riconoscimenti che testimoniano quanto quel ragazzo cresciuto tra le vie di Napoli sia riuscito a toccare il cielo azzurro con una coppa d’oro massiccio ben salda tra le mani.


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