Euro 2016, Bonucci: «Un'Italia modello Juventus»

Il leader bianconero carica gli azzurri: «Noi siamo pronti a dare la carica. Giovani carichi amalgamati giocatori esperti: così si vince. Peccato per Pirlo. E a Balo dico...»
Euro 2016, Bonucci: «Un'Italia modello Juventus»© Getty Images
Andrea Santoni
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FIRENZE - E’ il giorno di Leo Bonucci in Aula Magna a Coverciano. Il difensore della Juve ha voluto dedicare un ricordo a Gaetano Scirea, che ieri avrebbe compiuto 63 anni: «E’ stato un simbolo, merita il nostro applauso». Poi la lunga intervista sulla Nazionale. «Sì, il blocco Juve è pronto a mettersi a disposizione del ct e dell’Italia, il gruppo è forte, e dimostreremo che nelle difficoltà sappiamo dare di più. Noi juventini metteremo la nostra mentalità a disposizione della squadra. Il ct per parte sua sa trasmettere la forza giusta. Vogliamo sognare qui come nella Juve». Bonucci non nasconde le difficoltà: «Dicono che siamo in terza fila, che questa è una Nazionale dimessa. Certo, vincere aiuta a vincere, ti migliora. Ok, se siamo in basso nel ranking Fifa qualcosa che non va ci deve essere. Tocca a noi soffrire, lottare per migliorarci». Il difensore va oltre: «I nostri problemi? Dopo il 2006, è seguito un decennio in discesa come nascita di talenti; non c’è stato ricambio generazionale; ora si deve lavorare sui settori giovanili, così come è stato fatto altrove; dovremo avere il giusto mix tra vecchietti e giovani. A tutto questo bisogna aggiungere il neo di sempre: i risultati negativi nelle amichevoli che fanno ranking».

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MODELLO JUVE - Bonucci prosegue nella sua analisi: «Serve un  Progetto, come quello della Juve; il problema è che in Italia ci sono grandissime aspettative; per esempio i nostri giovani all’inizio hanno pagato l’arrivo in un grande club: abbiamo avuto la fortuna e il coraggio di rimettersi in discussione. Siamo un esempio: un gruppo di giovani che ha portato entusiasmo, abbinati al coraggio, personalità e esperienza dei più maturi; questo ha portato la Juve al top. Questo è il modello per tutto il movimento, per farlo tornare al vertice del calcio mondiale». Intanto il difensore azzurro suggerisce anche un primo passo, che colmi il gap con le grandi nazioni del calcio: «Lì vai, e trovi stadi moderni e piedi ovunque; qui no, servono risposte, stadi privati, a misura di famiglie, sarebbe un buon inizio. Noi, l’Udinese siamo un esempio in questo senso. Da un punto bisogna partire. Questa è la grande differenza con l’estero, dove il calcio è uno spettacolo. E viene più voglia di giocare».
  

L’EUROPEO - Bonucci sogna finalmente una vittoria internazionale dopo i trionfi italiani con la Juve («Sarebbe bello, sarebbe un’annata ottima»). Per far questo ha lavorato nei giorni scorsi duramente a Torino, dove lui conta di restare: «Io rimango alla Juventus senza dubbio, ho un contratto lungo, sto bene a Torino, non vedo motivo per cambiare». Per quanto riguarda la Francia, Leo sa che l’Italia non potrà sbagliare l’inizio del torneo come ha fatto la Juve: «Non ci sarebbe tempo di recuperare. Belgio, Svezia, Irlanda hanno valori diversi, con i belgi in testa, ma noi dovremmo affrontarli tutti con la stessa grinta. E con lo stesso approccio: saremo determinati, umili e sognatori». Bonucci applaude l’ex bianconero Ogbonna («Ha piede, forza, personalità, è migliorato tanto giocando con continuità in Premier, potrà portare il suo contributo, se sarà scelto») e il giovane compagno Rugani («Ha dimostrato di essere cresciuto: quando arrivi alla Juve dopo un solo anno di A, non è facile. Il suo percorso di adattamento è stato gestito a meraviglia. Allegri lo ha messo in condizione di essere pronto al momento giusto»). E manda un messaggio al ct in pectore, Ventura: «Devo dirgli sempre grazie, che ha avuto il coraggio di farmi esordire e farmi giocare subito 38 partite in A col Bari, 7 anni fa e di darmi fiducia, insieme a Ranocchia. Se sarà lui il ct, porterà un‘idea precisa di gioco. La qualità non è il nostro miglior pregio, in questa Nazionale. Dunque serve appunto un’idea di gioco, e lui a Torino ha dimostrato di essere un maestro».
  

Ultimo pensiero per i due grandi assenti, Pirlo e Balotelli: «Andrea non si discute, è il calcio; certe scelte però, come ha detto il ct, hanno un presso. Peccato perché lui è anche un uomo spogliatoio, è un simpaticone, a differenza di quel che può sembrare. Insomma, dispiace che non sia qui. Che dire di Mario? E’ sempre stato tutto nelle sue mani, ma non ha fatto quello che poteva e doveva. Sarebbe stato importante avesse capito: non conta il singolo ma la squadra, non c’è spazio per le prime donne, servono carroarmati. Avesse compreso questo segreto, sarebbe stato qua, come uno dei migliori del mondo. Gli auguro che il futuro gli riservi ancora l’azzurro…».

 

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