Mancini: «Vogliamo vincere gli Europei»

A Riyad il ct ha partecipato a un incontro con gli allenatori dell'Arabia Saudita e ha parlato di calcio, ma anche di futuro e della finale di Supercoppa di domenica. "Sarà bello vedere la sfida tra due tecnici diversi come Sarri e Inzaghi. Mi aspetto un match avvincente".
Mancini: «Vogliamo vincere gli Europei»© LAPRESSE
Andrea Ramazzotti
9 min

INVIATO A RIYAD - Roberto Mancini questo pomeriggio ha tenuto una lezione a Riyad di fronte a una rappresentanza di tecnici degli Emirati Arabi. Nell'incontro, organizzato dall’LDI, il dipartimento educativo della Federazione Araba che aveva già portato in Arabia Saudita anche Capello, Mourinho e Conte, il ct ha parlato di calcio, dei compiti di un allenatore, della crescita del nostro movimento e di molto altro, compreso l'obiettivo non celato di vincere gli Europei.

Mancini, lei ha allenato in Serie A, in Premier, in Russia e in Turchia. Che suggerimento può dare a un allenatore per la sua carriera?
Ho fatto queste scelte perché, dopo la Serie A, sono capitate queste esperienze fuori dall'Italia. Per un allenatore è importante fare esperienze anche all’estero per conoscere nuove metodologie, nuovi giocatori e nuovi campionati. Mi piaceva fare qualcosa di diverso fuori dall’Italia e non ho avuto dubbi.

In Serie A qualcosa sta cambiando a livello di gioco. E’ una cosa positiva anche per lei? La Serie A tornerà grande?
Il campionato di Serie A è stato fino agli anni ’90 il più bello del mondo perché lì giocavano i più forti. E’ strato bello e appassionante, poi c’è stata la crisi e l’appeal è calato. Il campionato inglese è cresciuto e così anche altri torneo in Europa. Lavorare in una Nazionale è diverso da allenare un club perché non si hanno i giocatori tutti i giorni, ma quando ho accettato questo lavoro lo sapevo... La speranza è che gli italiani giochino sempre di più: adesso la percentuale non è molto alta, ma speriamo che cresca. Il livello comunque sta migliorando e questo è positivo.

Vedere Verratti, Sensi, Jorginho, Barella, Tonali e Zaniolo in un centrocampo giovane come quello dell’Italia è stata una bella scommessa che lei ha vinto.
Chi fa l’allenatore deve credere nelle proprie qualità e pensare in modo positivo. Ho preso la Nazionale in un momento delicato e ho pensato che l’unico modo per uscire da una situazione difficile era puntare sui giovani, anche con poca esperienza, ma tecnicamente bravi. Volevo riavvicinare i tifosi alla Nazionale ed è andata bene. Sono stati bravi i ragazzi che hanno trovato una buona coesione e hanno iniziato a giocare bene. Poteva anche andare male, ma io ho creduto in questi ragazzi e loro sono stati bravi. E’ andato tutto bene.

La sua Italia è capace di cambiare sistema di gioco anche durante la partita. Perché è così flessibile?
Noi abbiamo puntato su un tipo di sistema, il 4-3-3, che era buono per i giocatori tecnici che avevamo in mezzo e non volevamo lasciarli scoperti nella fase difensiva. Così difendiamo in maniera diversa da come attacchiamo: pressiamo alti e ci difendiamo alti. Il modulo può cambiare, ma la cosa fondamentale è la mentalità. Abbiamo provato a fare qualcosa di diverso rispetto al passato.

Nella sua carriera qual è stata la partita più bella da preparare? Quella che le ha dato più soddisfazioni?
Le partite sono tutte belle da preparare, anche quelle che sembrano più facili, perché bisogna stare attenti e cambiare sistema al volo quando c’è la necessità. La più bella di tutte forse è stata quella in cui abbiamo vinto la Premier contro il QPR: eravamo passati in vantaggio, poi siamo finiti sotto 2-1, siamo rimasti in superiorità numerica e abbiamo vinto nel recupero. Siamo stati bravi.

Quale partita vorrebbe rigiocare della sua carriera per cambiare qualcosa tatticamente?
Ce ne sarebbero tante… Difficile dirne una sola perché tutte le volte che non vinci vorresti aver fatto qualcosa di diverso. Dirne una sola è difficile.

Lei ha fatto grandi cose da giocatore e adesso ha vinto molto da allenatore. Quali sono le caratteristiche che le hanno permesso di essere sempre un passo in avanti rispetto agli altri?
Se uno decide di fare l’allenatore dopo aver fatto il calciatore non è facile all’inizio, ma poi l’esperienza ti aiuta a fare meno errori, a capire di più i giocatori. I primi anni dopo il ritiro da calciatore è complicato e non tutto è scontato perché all’inizio uno pensa sempre come un giocatore. Poi attraverso gli errori migliori: aver giocato ti dà più sicurezza e ti garantisce più rispetto da parte della squadra anche se il rispetto te lo devi guadagnare sul campo.

Qual è stato l’allenatore che ha avuto che l’ha fatta più crescere?
Io ho avuto Boskov ed Eriksson per molti anni, due tecnici molto diversi sia nel sistema di gioco che nel metodo. Poi ho avuto la fortuna di lavorare in Nazionale con Sacchi che ha cambiato il calcio in Italia. La somma di questi tre allenatori mi ha fatto migliorare anche se nella testa tutti i tecnici hanno il proprio calcio.

Ha allenato l’Inter, il Galatasaray, la Nazionale… Cosa è importante per un tecnico per decidere di accettare un incarico, magari difficile?
L’Italia mi ha preso perché ero rimasto solo io (ride, ndr). Allenare la Nazionale è bello e importante, un grande onore. Non è semplice e banale arrivare su quella panchina e ho creduto molto nelle possibilità dei ragazzi che volevo chiamare. Le cose difficili sono le più belle da risolvere per me. Quando si fa una scelta si fa perché è una bella sfida da vincere, altre perché c’è un bel progetto del club, per costruire qualcosa che rimanga. A volte invece si può andare all’estero per fare un’esperienza diversa come ho fatto io.

Qual è stato il segreto che ha permesso alla Nazionale di tenere un rendimento costante?
Bisogna avere buoni giocatori e poi un buono staff di preparatori atletici perché la stagione è lunga e i momenti difficili arrivano. Avere uno staff esperto che conosce come si affrontano le difficoltà è una cosa cruciale: bisogna avere un ritmo buono, non accelerazioni e frenate, e questo si può ottenere solo se ci si allena bene e si lavora forte».

Vedendo il girone di Euro 2020, voi avete vinto 10 partite su 10 nonostante siano passate tante settimane da una partita all’altra e abbiate chiamato anche giocatori che sembravano non rientrare nel progetto come Quagliarella.
Quagliarella era il capocannoniere del campionato e lo scorso anno poteva essere importante per l’Italia. Noi siamo aperti quando c’è da chiamare qualcuno che può darci una mano, anche se è esperto o non è con noi da tanto tempo.

Lei si adatta come modulo ai giocatori oppure ha un modulo che vuole adottare ovunque?
Ogni allenatore ha un suo sistema preferito, ma deve anche adattarsi alle caratteristiche dei giocatori. Un allenatore non può imporre un sistema di gioco se non ha i calciatori adatti. Un allenatore in un club cerca di far comprare i calciatori che uno vuole, mentre in Nazionale è più semplice perché uno può avere i giocatori che vuole prendendoseli da solo.

Nel mondo del calcio analizzando i giocatori, qual è la cosa fondamentale per costruire una squadra che gioca bene senza il rischio di crollare? E’ l’inizio della partita? Come vengono preparate?
Io ho il mio metodo, ma ognuno ha il suo. Non si vince con un metodo solo. Se si allena un club è importante avere un progetto serio e dirigenti che ti seguono, poi ci vogliono giocatori ai quali un tecnico deve spiegare come centrare questi obiettivi puntando sul sistema di gioco e sull’alimentazione che sono due cose molto importanti.

Qual è l’obiettivo più grande per Euro 2020? Cosa diranno i giornalisti?
Speriamo che ci chiedano come abbiamo fatto a vincere gli Europei. Riuscirci dopo non aver giocato i Mondiali non è facile, ma sta a noi. Ci sono nazionali più forti di noi, ma possiamo migliorare in questi mesi. Crediamo nelle nostre possibilità e vedremo come andrà. Noi dobbiamo partire per vincere perché siamo l’Italia, anche se poi gli altri sono più avanti con il lavoro. Quando si inizia un torneo bisogna puntare al massimo specialmente l’Italia che ha avuto un grande passato e vuole avere anche un grande futuro.

Cosa pensa della finale di Supercoppa di domenica e della sfida tra Sarri e Inzaghi?
Sono due allenatori validi con due sistemi di gioco diversi. Sarà una bella partita e sarà bello rivederli dopo che si sono sfidati due settimane fa. Sarà una gara avvincente.


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