Italia, ribadiamo il significato della maglia azzurra

Italia, ribadiamo il significato della maglia azzurra© LAPRESSE
Alberto Polverosi
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Il caso Lazzari-Zaccagni è più significativo di quanto si possa immaginare. E’ indice, ancora una volta, dei fragili rapporti esistenti da sempre fra i club e la Nazionale. Ma stavolta ha qualcosa di diverso, perché diverso è il momento che vive la squadra dell’Italia. La decisione dei due laziali di lasciare il ritiro azzurro avviene nel momento storicamente più basso (e in quanto tale più lungo) della Nazionale. Siamo fuori dalle prime 16 dei Mondiali dal 2010: fuori nel girone iniziale in Sudafrica (ultimi in classifica dietro a Paraguay, Slovacchia e Nuova Zelanda), fuori nel girone iniziale in Brasile 2014 (terzi dietro a Costa Rica e Uruguay), non qualificati per Russia 2018, non qualificati per Qatar 2022. Sono 12 anni disastrosi, interrotti da buoni/ottimi Europei che ci hanno allontanato dalla realtà (in quel “ci” mettiamo anche la critica). Della richiesta di Lazzari e Zaccagni di lasciare il ritiro lo stesso Mancini si è detto “sorpreso”. Ma non basta, anzi, è sbagliato. Non tocca a Mancini commentare, tocca alla federazione denunciare, se ci sono le basi per la denuncia, perché altrimenti anche la sorpresa di Mancini non ha senso, come fa capire il comunicato della Lazio. E’ la federazione che deve rimettere la sua squadra al centro di tutto il movimento. E’ la federazione che deve imporsi, con forza, rischiando rotture politiche, accusando chi non è dalla parte della Nazionale. Che non va confusa con i club: solo l’Italia è l’espressione del calcio italiano, i club sono l’espressione della Serie A. Quando Gravina dice che «cominciamo a percepire una sorta di distacco» è la conferma che quanto si sta facendo per la Nazionale non è minimamente sufficiente. Qui c’è bisogno di parlare con chiarezza. Direbbe Rudi Garcia: dobbiamo rimettere la Nazionale al centro del villaggio.

Lo 0-3 contro l’Argentina non è stato una brutta sconfitta, è stata una umiliazione, anche se dopo la Macedonia è difficile raggiungere un punto più basso. Non sono stati i gol e la lezione di calcio, è stato il “torello” che, forse mai, ma di sicuro nell’ultimo mezzo secolo, l’Italia aveva subìto. In cuor nostro abbiamo ringraziato Di Lorenzo quando ha fatto saltare via Messi per spiegargli che così, all’Italia, non si fa. Nei due giorni successivi a quella batosta avremmo voluto sentire una voce forte, non per difendere (non c’era niente da difendere), ma per far capire che la Nazionale è sempre, e oggi di più, al centro di tutto.

Ci vuole forza e ci vogliono idee per reggere un momento così disastroso. Occorre recuperare l’orgoglio, l’appartenenza non solo a una maglia ma anche a un ideale. Nella nostra storia abbiamo avuto gente che si è spaccata le gambe per la Nazionale: Gigi Riva. Abbiamo avuto dei giocatori che soffrivano da cani se non arrivava la convocazione: Pippo Inzaghi e Roberto Baggio. Mica tre nomi a caso, Riva, Inzaghi e Baggio. Ora, con tutto il rispetto, davanti a quei tre i “fuggiaschi” diventano piccoli piccoli. Ecco, la federazione provi a creare un comitato dei Grandi Azzurri, ne può scegliere di ogni tipo, con storie diverse l’uno dall’altro ma tutte legate alla Nazionale, e li porti a Coverciano a spiegare ai giocatori il significato di quella maglia. Troppo romanticismo? Troppa nostalgia? Può darsi, chi vive di social faticherà a capire, ma se la Nazionale ha ancora un futuro conviene cercarlo nel passato.


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