Italia, e tornare a viaggiare

Italia, e tornare a viaggiare© LAPRESSE
Alessandro Barbano
4 min

Questa vittoria è un ritorno al futuro. Perché c’è tutta la sintassi dell’Europeo declinata con parole nuove. C’è la squadra corta che pressa fino alla fine e tiene alto il baricentro, ci sono il gioco tra le linee, i cambi e le verticalizzazioni che fanno gli azzurri non prevedibili, c’è l’ordine geometrico a centrocampo attorno alla diligente regia di Cristante. E, da ultimo, c’è il movimento di Raspadori che sembra l’unico attaccante in grado di risolvere l’incompiutezza del centravanti di Mancini. Fino a quando le forze glielo consentono, è sempre nella manovra, o per fare sponda, o per fare spazio alle incursioni dei compagni, come il ct desidera.
L’attacco di tre brevilinei, Politano e Gnonto oltre al sassolese, è una frontiera mobile e mai scontata, capace di mandare a nozze la creatività di Pellegrini. È un tre-tre-quattro l’azzardo che il tecnico azzurro si concede contro una modesta Ungheria, costringendola a giocare quasi sempre spalle alla porta, e spezzando sul nascere i contropiedi magiari, grazie al raddoppio di marcatura che la distanza corta tra i reparti rende più agevole.
Gli azzurri hanno diverse vie di percussione, ma quella che si rivela decisiva è proprio la fascia sinistra, dove pure nelle ultime gare hanno mostrato un’enorme fatica ad affondare. Che cosa è cambiato? È tornato Spinazzola, non ancora al massimo, ma già in grado di fare la differenza: smarcarsi, ricevere, triangolare, puntare l’avversario con l’uno contro uno e fornire a Barella una palla invidiabile per un mancino. Senonché il cagliaritano, che mancino non è, si concede uno stop a seguire che elude l’ingenua marcatura del difensore ungherese, e si fa perdonare del ritardo con un collo destro da cineteca.
È il ritorno al futuro. E nel futuro c’è certamente anche il diciottenne di Verbania, che aveva impressionato già nel pari contro la Germania, e a cui Mancini ha voluto concedere novanta minuti interi di prezioso rodaggio. Gnonto ha risposto con una mobilità eccellente e qualche comprensibile esitazione in fase conclusiva. Ma in ogni caso a pieni voti.
Dire che è iniziato un nuovo ciclo sarebbe una sonora bugia. Perché ciò accada, troppe cose devono cambiare nel rapporto tra i club e la Nazionale. E ancora non siamo neanche alle giuste promesse, poiché nessun impegno concreto il calcio ha assunto rispetto alla necessità di lanciare e promuovere un numero di talenti italiani sufficiente ad assorbire infortuni e incerti del campionato e a garantire a Mancini una scelta adeguata.
Però è vero che un nuovo clima è tornato nel clan azzurro. Non solo e non tanto per la classifica di Nations League, che da ieri sera vede l’Italia in testa nel girone, davanti alla sconfitta Ungheria, alla Germania e all’Inghilterra. Ma soprattutto per la fiducia che il gioco azzurro è stato in grado di trasmettere in alcune fasi della gara. Nei primi quindici minuti del secondo tempo la Nazionale è parsa addirittura travolgente, anche se la traversa e qualche errore in fase conclusiva hanno negato agli azzurri il terzo gol. Nella velocità di certi scambi ficcanti c’è tutto il genio della miglior scuola italiana, di cui il tecnico marchigiano è uno dei maestri più moderni. La sua nuova squadra ha qualche ingenuità, ma una discreta classe, e una invidiabile empatia, che pare da sempre il maggior contributo di Mancini a quest’impresa. Aspettiamo l’Inghilterra con la fondata speranza che qualcosa si sia rimesso in moto. Sì, viaggiare...


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