Gatti, l'incredibile storia: dalla Serie D all'Italia e alla Juve

Papà Ludovico, ex allenatore, ci racconta l’ascesa incredibile di Federico: "Dopo il mio esonero al Pavarolo, venne promosso in prima squadra. Uno sciopero dei più anziani lo portò in difesa" A fine maggio stava per volare negli Stati Uniti poi è arrivata una telefonata...
Gatti, l'incredibile storia: dalla Serie D all'Italia e alla Juve© Getty Images
Fabrizio Patania
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Una telefonata allunga la vita, diceva un famoso spot, oppure può stravolgerla. «Dimentica le vacanze, sei convocato con l’Italia». Federico Gatti, abituato a salire sui tetti e non solo a sbranare i centravanti, come ha dimostrato all’esordio azzurro con Abraham e Kane, si trovava in un’agenzia torinese per ritirare i documenti. Valigia pronta. Si stava regalando un viaggio negli Stati Uniti, abortito e rinviato per la seconda volta in pochi giorni. Un sogno, si può dire, ha superato l’altro. Già, perché venerdì 20 maggio neppure sospettava di essere chiamato da Mancini per lo stage di Coverciano. Era a Chieri, ai piedi delle colline torinesi, dove abita la famiglia, e neppure aveva gli arnesi del mestiere. Il borsone lasciato negli spogliatoi di Frosinone e l’armadietto con una quindicina di scarpini aperto da Rolando, un suo amico, per sceglierne sei paia (attraverso video chiamata) e farsele portare a Firenze. Il colore? Rigorosamente azzurro. Un segno del destino. Sabato sera, al Molineux di Wolverhampton, ha esordito in Nazionale e si è aggiunto l’ultimo capitolo di una storia pazzesca, quasi incredibile. 

Chiellini e Gatti

Se i gatti, sprezzanti del pericolo, hanno sette vite, Federico Gatti (24 anni da compiere il 24 giugno) ne ha già vissute altrettante. Ha giocato in Eccellenza e in Promozione con Pavarolo e Saluzzo. Nel 2019/20 era in D con il Verbania. Nel 2020/21 in C con la Pro Patria e un mese fa ha concluso il suo primo campionato di B con il Frosinone. Il ds Angelozzi lo ha scoperto l’estate scorsa e l’ha rivenduto a gennaio per 8,5 milioni e bonus alla Juve. Agnelli, con una telefonata a Stirpe, lo ha soffiato in poche ore al Torino. Cairo lo avrebbe voluto in granata senza attendere la fine del campionato. Ecco la differenza. Papà Ludovico, tifoso granata, con gli occhi lucidi. «Al Toro sarebbe stato subito protagonista, ma la storia della Juve è inarrivabile. Erano due opzioni fantastiche, ha scelto il Frosinone la soluzione più conveniente». Meglio così. Ha continuato a giocare in B e Mancini ha preparato il terreno ad Allegri. Chiellini e Bonucci lo avevano conosciuto a fine gennaio, il giorno della firma, ma è stata un’altra cosa ritrovarsi nel ritiro azzurro. «Hanno viaggiato insieme sul treno verso Firenze. Mi ha detto “papà, mi trovo bene, sono persone semplicissime”. Certo, fosse rimasto Chiellini per un altro anno alla Juve da tutor, come era successo a Barzagli, sarebbe stato bello. In bianconero avrà altri tutor, a partire da Leo». Giorgione è il suo mito, lo aveva confessato in un’intervista al Guerin Sportivo. Al Molineux ha preso il numero 3. L’ex capitano azzurro, dopo tre giorni di allenamento a Coverciano, era già stregato dalla ferocia in marcatura di Federico. Lo ha accostato a Barzagli per la fisicità e la predisposizione a uscire con la palla dalla linea difensiva. 

Juve, Gatti e la telefonata al papà

Gatti ieri mattina ha telefonato a papà Ludovico, ex attaccante dello Sciolze e allenatore nelle categorie dilettantistiche del Piemonte. San Giacomo Chieri, Trofarello, Santenese e Pavarolo le sue panchine. «Ero a casa a vedere la partita con i miei vecchi collaboratori. Federico ha assorbito la tensione in un paio di minuti, poi si è messo a giocare come nel Frosinone, con sicurezza. Ecco cosa ci siamo detti. Incredibile. Ad ogni salto di categoria, presentandosi da sconosciuto, ha impiegato pochissimo tempo per mettersi al livello degli altri. Quando lo ha preso la Pro Patria, pensai: “Ora passeranno quattro mesi prima che possa vederlo giocare”. E lo stesso è accaduto a Frosinone. Invece no. E’ stato bravissimo a sfruttare certe occasioni. Ci vuole fortuna. Lo dico con sincerità: se l’Italia si fosse qualificata per il Mondiale, ora Federico sarebbe in vacanza. Un dramma sportivo per 50 milioni di italiani si è trasformato in un sogno per mio figlio, per Salvatore Esposito, per Gnonto e gli altri ragazzi provati da Mancini. Tanto entusiasmo e poche pressioni. Nel club aumenteranno le responsabilità, difficoltà diverse. Spero se ne innamorino anche alla Juve». Un bel po’ di fatica, non solo emozioni, seguirlo. «Non mi sono mai perso una sua partita. Quando finisce, sono più stanco di lui...»

La storia di Federico Gatti

Federico a 8 anni comincia a giocare nel Chieri e viene notato dagli osservatori del Torino. Cinque anni, dai Pulcini ai Giovanissimi, nel vivaio granata. Lo svezza Demaria, tecnico vecchio stampo, abituato a insegnare i fondamentali. Ruolo? Centravanti. «Segnava a raffica, sino a 70 gol a campionato. Era un bambinone. Se non riusciva a segnare o non lo facevano giocare, tornava a casa e non mangiava». A 14 anni, ancora senza firma a giugno, si separa dal Toro. Decisione presa dal padre. «Mi sembrava non ci credessero. Lo portai via». Due stagioni all’Alessandria prima di ricongiungersi con il papà al Pavarolo. Nel 2014/15 si muove a centrocampo. «Io allenavo la prima squadra in Promozione, lui giocava nella Juniores. Vailatti, ex Torino, mi diceva: “Mister, porti su suo figlio, è bravo”. Io gli rispondevo: “No, pensa a giocare”. Mi imbarazzava, non volevo si pensasse che lo preferissi ad altri ragazzi. Siamo secondi a due punti dalla prima, a dicembre il presidente decide di esonerarmi. Calamita mi sostituisce e aggrega Federico. L’anno dopo, con Ballario, entra da fuoriquota in Eccellenza». Papà Ludovico, dopo trentadue anni da impiegato in una catena di supermercati, perde il posto di lavoro. Federico comincia a sgobbare ai mercati generali, lavora al banco, scarica le cassette. Lascia la scuola (gli mancano gli ultimi due anni di Ragioneria) e si impiega a Pavarolo, come serramentista. Monta porte e finestre dalle 7,30 di mattina alle 18,30. La sera si allena. 

Gatti, la svolta

La seconda svolta, di nuovo al Pavarolo dopo essere transitato dal Saluzzo, quando la società smette di pagare i rimborsi e la squadra sciopera. I più giovani, tra cui Federico, continuano a giocare. «Restiamo con la Juniores più qualche titolare. Io ero il ds. Andrea Truffo, il tecnico, è preoccupato. Rischiamo brutte figure. Così decidiamo di mettere i più forti dietro. Federico, da centrocampo, passa in difesa per cause di forza maggiore. Le perdiamo tutte, ma lui tira fuori un carattere enorme. E’ allettato dall’idea di difendere l’indifendibile e s’innamora del ruolo». Si trasferisce al Verbania. Due stagioni tra Eccellenza e Serie D, nel 2019/20 parte la scalata. Si fidanza con Greta, farmacista. Arrotonda il rimborso spese lavorando come muratore. Cammina sui tetti e sulle grondaie prima di correre ad allenarsi. In piena pandemia, estate 2020, la Pro Patria lo prende in prova. Javorcic non sa se confermarlo o meno. A Vicenza, in Coppa Italia, si fa male Molinari. Gatti entra e incanta, diventando titolare: 34 presenze in C. L’estate scorsa il salto al Frosinone di Fabio Grosso, ex campione del mondo. Un altro segnale azzurro. Progressione irresistibile sino al debutto di fronte ai Tre Leoni e il pensiero confessato al papà. «L’Inghilterra non mi piace. Piove e qui hanno tutti il broncio, mi ha detto al telefono. Eppure credo avrebbe le caratteristiche da Premier». Non c’è pericolo. Ora se lo godrà Allegri. Ne parlava a gennaio... 


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