Qui Qatar, a voi mondo: l’atmosfera tra canti, balli e messaggi

Morgan Freeman con Al Muftah e il “calcio modello d’inclusività”. La mascotte La’eeb che vola in mezzo al campo, mentre risuona il celebre “Waka Waka”
Qui Qatar, a voi mondo: l’atmosfera tra canti, balli e messaggi© Getty Images
Roberto Maida
5 min
AL KHOR - Hanno vinto gli ecuadoriani, anche con l’ironia. Il coro di maglie gialle intonato nel secondo tempo, quando la vittoria era ormai certa e addirittura partivano gli olè a ogni passaggio, era un inno al divertimento: «Queremos cerveza», vogliamo la birra, e non quella cosa “zero” che vendono nei bar per diktat governativo. Ci è scappata una risata. Si è divertita meno la famiglia Al Thani, omaggiata con un inchino dal presidente Infantino: avrebbe sperato in un debutto migliore. Ma la prima giornata del Mondiale dal punto di vista organizzativo è stata esemplare. Nessuna tensione, nessun problema, anche grazie alla polizia... a cammello che ha vigilato: lo show ha funzionato bene. 

Cattedrale

Certo arrivare ad Al Khor, nonostante le navette messe a disposizione dalla Fifa, non è stato semplicissimo. Per percorrere 60 chilometri dal centro di Doha, con un’autostrada a sei corsie che si interrompe sul più bello, sono servite due ore di attesa a causa del traffico intenso. Suggestivo però il tragitto che attraversa il deserto, con una leggera tempesta di sabbia che ha colorato il cielo e ha contribuito ad abbassare le temperature: dentro allo stadio Al Bayt, costruito a immagine di una tenda beduina, c’erano 23 gradi artificiali, forniti dall’aria condizionata. Ma stavolta sarebbe bastato il vento naturale, complice il buio che in Qatar arriva presto, a sostenere lo sforzo dei calciatori. 

Il clima

La festa per il grande debutto era iniziata già sabato sera, per le strade della capitale. Il Souk Waqif, lo storico mercato di Doha, è stato riempito dal melting pot dei tifosi. Anche da chi al Mondiale, come noi italiani, non è stato invitato. Rumorosissimi erano ad esempio i pakistani e gli algerini, per lo più maestranze immigrate, che si sono mescolati ai cortei allegri di qatarini e marocchini. Tutti di sesso maschile, ovviamente: è impossibile incrociare una donna sola, a meno che non sia una turista. Seduti nei tavolini all’aperto, per sorseggiare un caffè o per fumare con il narghilè, c’erano però anche famiglie polacche e un gruppetto di croati che hanno scelto di presentarsi in Qatar vestiti con la tipica tunica bianca araba. Foto ricordo per tutti e via in albergo senza poter consumare alcolici.

La cerimonia

Il kandura, indossato da molti uomini allo stadio, è stato ispirazione anche per la mascotte del torneo, che hanno chiamato La’eeb. In lingua araba significa «calciatore top». Al debutto mondiale per la verità di gente così forte ne abbiamo vista poca. Ma va beh, lo slogan ci sta. Più che altro, mentre volteggiava sul campo appeso a un reticolo di cavi, sembrava più un fantasmino che un kandura. La’eeb ha accompagnato la cerimonia, ideata dall’italiano Marco Balich, che si è rivelata gradevole, breve e sobria. Interessante sul piano musicale la scelta di assemblare attraverso un medley i principali cori dei tifosi delle 32 finaliste e poi gli inni dei precedenti Mondiali. C’era anche il Waka Waka di Shakira, che ha rifiutato l’invito a esibirsi per protesta contro un Paese che rispetta con una certa arbitrarietà i diritti umani. Ma proprio su questo tema, la Fifa ha inviato un messaggio di pace: attraverso le parole dell’attore Morgan Freeman, che ha dialogato con un imprenditore qatarino senza gambe, Ghanim Al Muftah, il calcio ha indicato un modello di inclusività. «Perché la bellezza sta nelle differenze: soltanto uniti possiamo far parte di una grande casa». Anche l’emiro, Hamad Al Thani, ha parlato davanti al boato più o meno sincero della folla: «È bello che i popoli mettano da parte ciò che li divide e celebrino ciò che li unisce. Che siano giorni che possano ispirare bontà e speranza. Noi abbiamo lavorato tanto in questi anni per il bene dell’umanità». Ok. 

 


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