Messi, l’artista sobrio (a differenza di altri). Ora però deve giocare con Dybala

La Joya ancora in panchina, ma può servire a questa Argentina. E che spettacolo sarebbe con la Pulce
Messi, l’artista sobrio (a differenza di altri). Ora però deve giocare con Dybala© Getty Images
Mattia Rotondi
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Lionel Messi non è più quel folletto imprendibile che con 500 scatti e dribbling a partita annichiliva le difese avversarie. Lionel Messi ora è un artista chirurgico. Non ha bisogno di sbracciarsi, urlare, sciorinare litanie sportive come chi lo celebra in diretta tv: ha la maturità di chi sa attendere, di chi non ha la necessità di dimostrare ma sa che prima o poi quella adorata palla un’occasione gliela regalerà. E quell’impatto delicato e preciso per l’assist a Molina è la parafrasi di un’arte, è la deterministica spiegazione del motivo per cui chi ha Messi vince e gli altri no. In quel tocco c’è la richiesta, addirittura l’esigenza, di diventare leggenda. Il peso dell’eredità di Maradona forse qualche volta l’ha oppresso, ma la maturità con cui gioca ora, una sorta di leggerezza superiore (vedere come batte i due rigori anche), può probabilmente portarlo alla fine al coronamento di una carriera.

In tutto ciò, salviamo il soldato Molina. Perché il mondo parla di Messi e solo di Messi. Ma il "povero" Molina ci ha messo del suo, con quell’inserimento perfetto per tempistica e per velocità di esecuzione. Anche tu sei uno degli eroi di stasera. Insieme con il mostruoso portiere Emiliano Martinez, decisivo ai rigori. 

Dybala impolverato

Capitolo Dybala. Scaloni passa e quindi ha ragione lui. Ma ha proprio deciso che non ce li farà mai vedere insieme Messi e la Joya? No, perché questa Argentina qualche difficoltà nella fluidità di manovra ce l’ha. A volte, nonostante i tanti tenori, a parte Messi manca di quel guizzo finale per tramutare in differenza reti tutta la differenza di qualità che c’è tra la sua rosa e quella degli altri. Come se viaggiasse con il freno a mano tirato. E quindi forse Dybala qualche apparizione se la merita, dato che “sta bene” e che quest’anno ha dimostrato, tra le altre cose, che la porta la vede eccome. Un diamante è per sempre, ma non per sempre in panchina.


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