Argentina quasi Italia, assalto al Mondiale con asado e tanta Serie A

Viaggio nel ritiro dell’Albiceleste: tra staff e giocatori, dodici sono da noi o ci sono stati. Apprensione per Messi, ma martedì ci sarà
Argentina quasi Italia, assalto al Mondiale con asado e tanta Serie A© Getty Images
Roberto Maida
6 min

INVIATO A DOHA – E no mica è facile restare a guardare per la seconda volta di fila. Ma nel Mondiale delle polemiche e dei rimpianti, l'Italia sembra aver scelto da che parte stare. Magari non è proprio appoggio incondizionato ma simpatia. In tanti tiferanno per l'Argentina di Messi e del plotone di personaggi che abbiamo imparato a conoscere in Serie A. Lo dice il sondaggio del nostro sito - il 30% è schierato per i figli di Diego - lo conferma la maggior parte degli allenatori che abbiamo contattato. L'Argentina è quel parente stretto che non incroci sempre volentieri ma che nelle feste comandate abbracci con affetto sincero. 

Triangolo

Ed eccola, la squadra che qualcuno già ha incoronato come principessa designata del Qatar. E' qui davanti a noi a correre nella Qatar University, il campus dorato destinato agli scienziati qatarini del futuro, dove hanno preso casa alcune tra le nazionali più forti del Mondiale. Camminando tra i viali, con un improvviso vento che rinfresca i muscoli, scopri prima il quartier generale della Spagna, poi il training camp dell’Olanda. Infine, nel triangolo dei campioni che ha un perimetro di un chilometro scarso, spunta l'Albiceleste, che secondo i racconti dei media sudamericani sarà accompagnata a Doha da 20.000 tifosi, quasi tutti in arrivo da Buenos Aires. Come Uriel, un ragazzo originario di Bergamo che aspetta fuori dal cancello perché vorrebbe una foto con Leo: «Ho speso 5.000 euro per essere qui ma non mi importa niente. L’albiceleste vale questo e altro. Ti dico solo che non ho nemmeno comprato il biglietto di ritorno. Finché siamo in corsa, io resto. Sogniamo insieme».

Al lavoro

Cala presto il sole sul golfo, consentendo agli argentini di allenarsi a temperature gradevoli. Per la prima seduta aperta al nostro sguardo, anche se per soli 15 minuti, si sono affacciati almeno 200 giornalisti di ogni provenienza, oltre a due vecchie glorie della nazionale: Juan Pablo Sorin, ex Juventus, e Maxi Rodriguez. Quando il pullman della squadra raggiunge l’area spogliatoi si sente un boato che lascia interdetti gli addetti alla sicurezza. Che vigilano all’ingresso, con controlli molto scrupolosi ma estremamente cortesi. Insieme a Uriel ora sono venti, poi trenta, a incitare l’Argentina. E non sono figuranti, proprio no.

Allarmino

Il ct Scaloni innaffia il campo come se volesse inondarlo. Forse in questo caso non ce n’era nemmeno troppo bisogno. Poi via alla sgambata pubblica, con il sottofondo inconfondibile dei rumorosi radiocronisti argentini che raccontano il poco che si riesca a vedere. Paulo Dybala è in gruppo e scherza durante il torello, così come Di Maria che ha segnato una doppietta agli Emirati Arabi mercoledì dimostrando di essere miracolosamente guarito. Ma un minimo di preoccupazione serpeggia tra i giornalisti perché, nella lunga fila di quelli che calpestano l’erba, si nota l’assenza di Leo Messi. Solo gestione, assicurano dall’Afa, la federcalcio argentina, tanto è vero che il capitano più amato del Sudamerica si aggiunge poco dopo all’allenamento, saltellando con un preparatore. Tutti sono convinti che Messi ci sarà martedì contro l’Arabia Saudita mentre è quasi impossibile il recupero del Papu Gomez, che ha un problema a un ginocchio e si rivedrà più avanti.

Allegria

Il clima è comunque allegro e rilassato. Sarà anche grazie alle 2,6 tonnellate di asado che la delegazione argentina ha fatto arrivare in Qatar, più benefico di qualunque massaggio tonificante. Togliete tutto agli argentini ma non la carne arrosto, che è un rituale collettivo e non un semplice sfizio per il palato. Ride anche Lionel Scaloni, che in cuor suo sente l’aria dell’impresa. Ride Fabian Ayala, che è uno dei collaboratori. Ride persino Walter Samuel, che non è un compagnone. Tre difensori che hanno giocato in Italia ora guidano la Grande Sfida, il Mondiale dopo la Coppa America. Li conosciamo troppo bene, loro e chi li rappresenterà in partita: non solo Dybala, Di Maria, Lautaro e Paredes, che ancora frequentano la Serie A. Ma anche Pezzella, Molina, Romero, De Paul e naturalmente il Papu sono passati per i nostri stadi. L'empatia nasce spontanea.

Tabù

Non sarà semplice però il percorso verso la finale di Losail. Dopo la partenza morbida contro l’Arabia, gli avversari saranno impegnativi già nel girone: Polonia e Messico. Dopo, eventualmente, toccherà a Messi, al quinto e probabilmente ultimo Mondiale. Pur avendo segnato 91 gol in 165 partite con la nazionale, non ha mai fatto centro nelle fasi a eliminazione diretta (dagli ottavi in poi quindi) del torneo più prestigioso. E allora la sua ricetta per infrangere il tabù è l’allentamento della pressione: «Tante cose devono accadere perché diventiamo campioni. Ci danno per favoriti, ma io credo che il Brasile e la Francia siano squadre migliori». Calma allora. L’asado è sulla brace. 


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