Fernandez, dal futsal a casa Messi

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Fernandez, dal futsal a casa Messi© Getty Images
Stefano Chioffi
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Il punto di partenza è Villa Libertad, quartiere di San Martín, provincia di Buenos Aires. Club La Recova: un centro sportivo scavato tra il cemento dell’edilizia popolare e una stazione ferroviaria che la mattina si sveglia con il caffè dei pendolari. Qui non hanno mai cercato un altro Maradona: l’unico traguardo è stato sempre quello di allontanare i giovani dai pericoli della strada. Il calcio come ragione sociale. Allenamenti, partite e qualche festa aperta alle famiglie con l’asado, la carne alla brace, come racconta il diario di Instagram. Un circolo “de amigos”, ecco lo slogan che si legge davanti al cancello. Amicizia e allegria: La Recova è una squadra del barrio. In questo posto ha iniziato a divertirsi Enzo Fernandez, il mediano-regista che ha restituito ordine e razionalità all’Argentina dopo la sconfitta con l’Arabia Saudita. Il ct Scaloni lo ha fatto entrare nel secondo tempo contro il Messico e la musica è cambiata. Ritmo, dinamismo, velocità di pensiero, tackle, il gol del 2-0. Giocava a futsal in una palestra dove conta solo un motto, scritto con la vernice su una grande parete, dietro a una porta: “vivi futbol soña”, “vivi i sogni del calcio”. Da bambino lo chiamavano con affetto “el gordito”, il paffutello. I dirigenti che guidano la società di San Martín, sul profilo Instagram, hanno postato in questi giorni una foto, scattata durante l’infanzia di Enzo e custodita in un foglio di plastica: da Villa Libertad alla maglia della Seleccion. È l’orgoglio di una squadra dilettantistica dove dialogo e condivisione sono una regola dal 1955: la risposta più pura ed efficace a un pallone computerizzato e scientifico. Fernandez è un “volante”: garantisce logica, sostanza e geometrie.

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È stato battezzato con il nome di Enzo perché l’idolo di suo padre Raul era Francescoli, “el principe”, artista dell’Uruguay e ora direttore sportivo del River Plate. Fu scoperto in uno stage a La Recova nel 2005 da Pablo Esquivel e Luis Pereyra. Ha studiato e dormito nel collegio dei Millonarios, vicino allo stadio Monumental. Allenamenti e scuola. In quel periodo il presidente era l’avvocato José María Aguilar. Tre maestri. Marcelo Gallardo gli ha fatto conoscere nel River il fascino della Libertadores, in attesa di vincere insieme la Primera Division. Hernan Crespo gli ha consegnato le chiavi del Defensa y Justicia, capace di conquistare la Coppa Sudamericana. Con Sebastián Beccacece, invece, ha alzato la Recopa, sempre nel club gialloverde, il vanto di Florencio Varela, città a trenta chilometri da Buenos Aires. Ora ha ventuno anni, Enzo Fernandez, partito da Villa Libertad e arrivato in estate a Lisbona, acquistato dal Benfica per dodici milioni: un metro 78, destro naturale, contratto fino al 2027, rendimento brillante nel campionato portoghese (tredici partite e un gol) e in Champions (due reti nei playoff). In Europa la squadra allenata dal tedesco Roger Schmidt ha vinto il girone davanti al Paris Saint Germain e alla Juve. Fernandez viene gestito dall’agenzia “De9Futbol” di Uriel Perez. Era stato corteggiato anche dal Milan e dall’Atletico Madrid, anticipati a luglio da Rui Costa, presidente del Benfica. Sotto l’orecchio sinistro si è fatto tatuare una parola, “blessed”, benedetto, e una freccia. Nelle interviste parla spesso della famiglia: papà Raul, mamma Marta, i fratelli Seba, Rodri, Maxi e Gonzalez. È legato a Valentina Cervantes, influencer: hanno una figlia di tre anni, Olivia. I genitori e la compagna si trovano in Qatar, hanno preso due camere in un albergo di Doha, nella zona residenziale “The Pearl”, davanti a Costa Malaz e a un porto dominato dagli yacht. Domani saranno in tribuna per la sfida con la Polonia: la prima volta da titolare con la Seleccion per Enzo Fernandez, il nuovo pretoriano di Messi. 


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