L'Argentina, il mito Messi e un sogno più vicino

Leo sta disputando un Mondiale a dei livelli mai toccati prima: non solo qualità eccelsa ma anche determinazione e ferocia da leader
L'Argentina, il mito Messi e un sogno più vicino© EPA
Roberto Maida
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INVIATO A DOHA - «Esiste ancora un dibattito sul miglior giocatore di tutti i tempi?». Il tweet di Gary Lineker è provocatorio, perché nasconde il livore verso Maradona che imbrogliò la sua Inghilterra a Messico ‘86, ma ha l’effetto di un detonatore sui sogni del popolo argentino. L’onda emotiva si sta trasformando in endorsement collettivo: Luka Modric, che con la sua Croazia ha chiuso in sordina un ottimo Mondiale, ammette di essere stato battuto dal «più forte calciatore della storia». E anche Lionel Scaloni, dopo averlo ringraziato con le lacrime agli occhi, ha definito Leo Messi «senza dubbio il più grande di sempre». Non è ovviamente una mancanza di rispetto per Diego, che i tifosi ricordano con un coro che è un rimbalzo poetico tra le generazioni, ma è definitiva devozione per un campione che ha tanto diviso nel passato quanto sta unendo nel presente. Mai si era visto un Messi così. Mai in un campionato del mondo almeno. Non solo per la qualità espressa, inarrivabile, ma anche per la determinazione da leader, inedita. Quando ha litigato con Van Gaal e con gli olandesi, se è possibile, Leo ha saputo aumentare il consenso: il fuoriclasse incompiuto che vomitava per lo stress oggi tira fuori gli artigli se è necessario difendere gli interessi dell’Argentina. 

Empatia

Dopo aver travolto la Croazia, mandando a scuola il giovane e apprezzato Gvardiol con un’azione ferocemente soave, Messi si è fermato a lungo sul prato di Lusail per condividere la felicità della finale conquistata con i tifosi. Insieme ai compagni è rimasto un quarto d’ora a cantare tutte le canzoni, a cominciare dal tormentone «Muchachos» che ormai è entrato nella colonna sonora di Qatar 2022 e che parla anche di lui: «Sono nato in Argentina, la terra di Diego e di Lionel/dei bambini delle Malvinas che non potrò mai dimenticare/Non te lo posso spiegare perché non lo capirai/Le finali che abbiamo perso, quanti anni abbiamo pianto/Però questo è finito perché al Maracanà la finale con i brasiliani (l’ultima Coppa America ) siam tornati a vincere, papà/Ragazzi, ora noi torniamo a sognar/voglio vincere la terza coppa, voglio essere campione del mondo/E potremo vedere Diego in cielo con Don Diego e con la Tota (i genitori di Maradona ) sostenendo Lionel».

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La telecronaca

Il riferimento alle Malvinas, che gli inglesi chiamano Falkland, è un ricordo della guerra scoppiata tra i due Paesi per il controllo dell’isola nel 1982. Si tratta una delle ferite mai rimarginate della gente argentina, “vendicata” sul campo proprio da Diego in quel quarto di finale messicano, tra la Mano de Dios e il gol del secolo. E a proposito di paragoni, il telecronista rimasto famoso per il racconto di quel gol è tornato in vetrina 36 anni dopo per la descrizione di Leo Messi. «Un arlecchino meraviglioso al servizio dell’arte del calcio, un incredibile mimo capace con un solo gesto di mostrare la bellezza dello sport» ha urlato in diretta Victor Hugo Morales facendo il giro del mondo attraverso il web. Il giornalista è uruguaiano. Ma non possono esistere rivalità nazionalistiche davanti al genio universale.

Emozione

Ieri intanto si è diffuso per qualche ora un allarme sulle condizioni fisiche di Messi. Leo è uscito dalla semifinale con un dolore alla coscia sinistra, che aveva gestito già nel primo tempo sullo 0-0. Ma il fastidio non gli ha impedito di segnare il rigore, di avviare l’azione del 2-0 e di offrire il celestiale assist per Alvarez. Messi non ha saltato neppure un minuto in tutto il Mondiale, a conferma di una capacità di controllare i suoni del corpo ormai maturo , tra scatti e pause perfettamente mescolati. Potete giurare che domenica sarà in campo per completare il percorso con il passo più affascinante, che gli permetterà in ogni caso di diventare il giocatore con più presenze ai Mondiali. «Sarà la mia ultima partita in questa competizione - ha detto, ribadendo l’intenzione manifestata nei giorni dello sbarco in Qatar - E chiudere con una finale vinta sarebbe il massimo». Gli manca solo una vittoria, la più importante, per innalzarlo al livello dei più grandi. Come Maradona, sì, che dall’alto sta trepidando con tutta l’Argentina


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