Mbappé il nuovo re: la pura legge del gol

Il suo gioco è gioia, esibizione di classe e potenza. La sua vita un esempio per tanti. E l’abbraccio di Pelé il suo ricordo più prezioso
Mbappé il nuovo re: la pura legge del gol© Getty Images
Stefano Chioffi
6 min

I difensori della Polonia sono usciti dallo stadio di Doha con l’aspirina in tasca e la testa che girava come una giostra del Luna Park. Hanno faticato a prendergli la targa. Altra cilindrata, quella di Mbappé: una finta, un doppio passo, il pallone che spariva dentro una nuvola e rispuntava all’incrocio dei pali. Due gol da prestigiatore. Facile l’ingresso ai quarti di finale del Mondiale, simile a una passeggiata con il suo cane Gabby. E ora aspetta l’Inghilterra. Le Roi è lui, Kylian Mbappé: allegria e sorrisi, un talento che è musica. Porta in ogni casa le emozioni dello sport e della vita. Eccolo qui l’amico geniale e spensierato che ha il potere di unire e divertire tutti, perché la bellezza non conosce bandiere e diversità, distanze e barriere. Lui segue l’istinto, ha la capacità di arrivare con la mente e il pallone in un punto estremo, fuori dalle mappe e dai radar, dove si fermano anche i computer e l’immaginazione, perché la tecnologia non ha un cuore: batte i joystick e le leggi della fisica, i suoi gol nascono in un attimo, come un arcobaleno e un quadro di Gauguin e Monet.

Mbappé è la risposta a un ambiente che troppe volte si fa imbrigliare dai dibattiti sulla tattica e dai discorsi di chi ritiene che la modernità del calcio sia solo startup e algoritmi, schemi e moduli, 4-3-3 e 3-5-2. Lui, Kylian, è il pensiero che prende forma e sfugge a ogni previsione. Altra dimensione: i due gol alla Polonia sono il messaggio più efficace, perché Mbappé è la somma di una storia in salita, cominciata a Bondy, nella periferia di Parigi, in quelle banlieue dove si rischia di restare per sempre - nella visione imperdonabile di chi si specchia nei ceti sociali - un cittadino di serie B, con meno diritti e meno opportunità. Kylian si è ripreso come un’onda tutto quello spazio che l’infanzia gli aveva negato. Simbolo di un riscatto sociale. Riferimento e traino per chi crede che la luna sia irraggiungibile. Si può diventare Le Roi anche senza nascere con la corona in una famiglia dell’alta nobiltà: ecco il senso rotondo del cammino di Mbappé. I suoi dribbling contengono anche valori sociali e umani. Sono un bacio alla sua famiglia, al papà Wilfried, alla mamma Fayza, ai suoi fratelli Jires e Ethan, che ha quindici anni e gioca da centrocampista nel settore giovanile del Psg, convocato ogni tanto in prima squadra dall’allenatore Christophe Galtier.

In un calcio che si nutre di paragoni e di eccessi, Mbappé è l’eleganza che si trasforma in capolavoro, viaggiando con la velocità dell’immaginazione, perché i pensieri non conoscono stopper o raddoppi di marcatura. Ha mandato in bambola la Polonia con un’altra doppietta che ha fatto subito il giro dei social, dopo quella alla Danimarca. Cinque gol, capocannoniere di un Mondiale che può vincere per la seconda volta di fila come l’Italia di Meazza (1934 e 1938) e il Brasile di Pelé (1958 e 1952). E proprio O Rei - che ora lotta per la vita in una stanza dell’ospedale Albert Einstein, a San Paolo - si è riconosciuto, in qualche intervista, nell’evoluzione di Kylian. Tante analogie: Três Corações, nello stato di Minas Gerais, come Bondy, dove le finestre sono fessure e s’impara ad addomesticare un pallone sull’asfalto di una strada, tra le ruote e i parafanghi delle macchine parcheggiate.

Mbappé è il campione baciato dal cielo, quello che può davvero dominare un’epoca e unire tante generazioni, raccogliendo l’eredità di Leo Messi. I suoi numeri sono già da museo, ma ora lui non cerca una statua sugli Champs-Élysées. Pensa solo a regalare “gaieté”, momenti di gioia: 360 partite, 250 gol, 217 con il Paris Saint Germain e il Monaco, 33 con la nazionale francese. Statistiche da favola, che però non bastano a tratteggiare fino in fondo le reali proporzioni delle sue gemme. Sta cambiando dimensione a questo Mondiale in Qatar, dove i capi del pallone si erano augurati in partenza di inviare anche segnali forti nella battaglia per i diritti delle donne, per la libertà, per la parità e l’uguaglianza, per chi vive schiacciato dai regimi e dalle dittature. Mbappé è vicino alla gente comune: nel Paris Saint-Germain guadagna trentasei milioni a stagione, senza contare i soldi degli sponsor, ma la ricchezza non lo ha spinto a vedere il mondo dal suo jet privato, dietro a un oblò. Aiuta diverse famiglie che vivono a Bondy. E nel 2018, dopo il Mondiale vinto in Russia, aveva deciso di devolvere in beneficenza il premio di 443.000 euro ricevuto dalla federazione francese. Non solo dribbling, ma anche visite negli ospedali pediatrici, pronto a mascherarsi da clown nella normalità di una vita che diventa speciale solo in campo, quando il pallone lo rende unico e distante dalla ciurma infinita di calciatori di ogni latitudine.

Mbappé è una collezione di record. Con la doppietta a Szczesny è diventato il primo giocatore ad aver segnato nove gol ai Mondiali senza aver compiuto ancora ventiquattro anni. Il vero sceicco del Qatar è lui: cinque reti e anche due assist. Ai francesi ha fatto dimenticare Michel Platini e Zinedine Zidane. E ora è a quattro reti da Just Fontaine, capocannoniere a quota tredici nel 1958, quando in Svezia tutti s’innamorarono di Pelé. “Prego per il Re”, ha scritto qualche giorno fa sui social, in inglese: “Pray for the King @Pelé”. Quattro anni fa, in Russia, dopo una partita, si erano incontrati. In quelle foto, Mbappé lo saluta come si fa con un vecchio papà, poi gli stringe la mano e alza il pollice. I complimenti di Pelé non li ha dimenticati: “Bravo come me in velocità e nel dribbling, vincerai il Pallone d’Oro”. Parole che sono il premio più bello per Kylian, ma nel cuore gli è rimasto altro: quell’abbraccio.


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